Verso una svolta “sociale” dell’Unione europea? Incontri pubblici sul futuro d’Europa

Il piano di aiuti
Molti osservatori hanno visto nell’accordo politico sul Recovery plan del luglio 2020 un’occasione storica per un salto di qualità del processo di integrazione, che faccia dell’Unione una costellazione istituzionale assimilabile ad una federazione. Alcuni hanno addirittura parlato di hamiltonian moment. È chiaro che la gestione della pandemia da parte delle istituzioni europee sarà oggetto di una rinnovata discussione sui confini del “folle volo europeo”, anche in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa che sta muovendo i primi passi.
La straordinaria entità delle risorse stanziate con il Recovery plan si avvicina ai 2 mila miliardi di euro e appare “storica” la decisione di concedere aiuti a fondo perduto come nucleo di un debito comune europeo, adottata attraverso una complicata procedura di approvazione, che in molti punti sfida la lettera e lo spirito dei Trattati. Si è cercato di esaltare il carattere “costituzionale” della decisione con l’aggancio degli aiuti alla clausola dello stato di diritto, saldatura che, purtroppo, è stata in parte dilazionata nel tempo, ma il solo fatto che un aggancio del genere sia stato tentato dimostra che sembrerebbe esserci un prima ed un dopo il 21 luglio 2020.
Di fronte a tali oggettivi segni di svolta, è rimasta forse sotto traccia l’apertura alla dimensione sociale, comunque sottolineata con forza nella Risoluzione del Parlamento europeo del 17.12.2020 “Un’Europa sociale forte per transizioni giuste”, rappresentata non solo dalla strumentazione giuridica per sostenere i Paesi nella crisi pandemica, ma anche dall’attività normativa già prefigurata dalla Commissione europea per i prossimi anni. Lo SURE (strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza) è stato il primo strumento predisposto per garantire aiuti ai Paesi membri (senza interessi e rimborsabili in 30 anni), per evitare i licenziamenti, attraverso la cassa integrazione integrata con percorsi di formazione, aiuti estesi anche al lavoro autonomo coordinato con le imprese, con una spinta garantistica verso questo settore assolutamente inedita. Come si legge nei diversi documenti che accompagnano il Recovery Plan, per le istituzioni sovranazionali l’obiettivo generale di un dispositivo per la ripresa e la resilienza è quello di «promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione, migliorando la resilienza, la capacità di aggiustamento e il potenziale di crescita degli Stati membri, attenuando l’impatto sociale ed economico delle crisi e supportando la transizione verde e quella digitale». Non vi è dubbio che i profili di solidarietà e coesione sociale siano quindi prioritari e determinanti e che trovino riscontro immediato nell’allocazione delle risorse non in base alla popolazione degli Stati, ma correlandole alle effettive conseguenze dannose della pandemia (secondo il principio della mutualizzazione paneuropea dei danni) ed anche nell’ampia esigibilità dei progetti più marcatamente a carattere sociale. La pandemia ha dunque aperto un possibile processo di revisione delle regole della governance economica e del ruolo della Banca centrale europea, che dovrebbe essere diretto a superare il dogma dell’austerità.

L’attuazione progressiva del Pilastro europeo dei diritti sociali
Non meno importante appare l’aspetto regolativo. Sembra emergere una chiara intenzione della Commissione (supportata dal Parlamento europeo) di rilancio del Pilastro europeo dei diritti sociali con l’implementazione di alcuni suoi aspetti cruciali. Nel 2019 si è concluso il processo di generalizzazione della misura del reddito minimo garantito (uno dei diritti sanciti nel pilastro sociale e nella Carta di Nizza) che oggi, sia pure in forme molto dissimili ed in molti casi inadeguate, è un istituto presente in tutti i 27 Stati UE, quasi a suggellare la tutela della dignità delle persone intesa come una tradizione costituzionale comune. Sempre nel 2019 si è completata la procedura della ricezione della nuova direttiva sul distacco transnazionale che ha regolamentato in modo molto incisivo l’insidioso fenomeno del distacco a catena, allargandodi molto il campo di applicazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori distaccati e non. Su questo tema, una recente sentenza della Corte di Giustizia UE ha valorizzato tali direttive, alla luce del principio della proibizione di ogni forma di “frode alla legge comunitaria”: giurisprudenza e legislatore UE stanno demolendo alcuni santuari di social dumping tra Stati. La Commissione ha già lanciato il suo progetto di introduzione di una direttiva sul salario minimo legale (art. 6 del Pilastro sociale) che porti gli Stati ad avvicinarsi agli standard internazionali, sempre rispettando e rafforzando la contrattazione collettiva: iniziativa che ha visto l’appoggio del Parlamento europeo con la recente Risoluzione del 10.2.2021 sulla “Riduzione delle diseguaglianze con particolare riferimento alla povertà lavorativa”. Come ulteriore iniziativa ha annunciato una direttiva che finalmente regoli il lavoro su e tramite piattaforma in modo da fornire le garanzie di base a tutti i lavoratori e lavoratrici e anche agli operatori dei settori tecnologici più avanzati, per superare l’attuale frammentazione delle discipline nazionali e il 24 febbraio scorso la stessa Commissione ha avviato la consultazione preventiva delle parti sociali per la protezione delle persone al lavoro tramite piattaforme. Infine, il 5.3.2021 ha reso noto il piano per l’implementazione, attraverso strumenti giuridici differenziati, dei diritti sociali (del lavoro e di welfare) inclusi nel Pilastro sociale che, anche in connessione con il Recovery plan e con i suoi progetti a carattere solidaristico, si connota, insieme alla dimensione ecologica, come l’asse strategico di un’Europa del futuro. Sul fronte giudiziario la Corte di Giustizia non ha mai smesso l’opera di applicazione coraggiosa (anche diretta) dei diritti della Carta, talvolta in cooperazione con le Corti costituzionali interne e con i giudici ordinari. Dobbiamo tuttavia ricordare il caso EPSU (della Federazione sindacale europea dei servizi pubblici), su cui si pronuncerà la Corte di giustizia, che rischia di mettere in crisi il già indebolito dialogo sociale europeo. 

Uscire dallo scetticismo, operare come demos sovranazionale
Crediamo che queste premesse siano importanti e promettenti e che abbiano delle fondamentali implicazioni anche sul piano istituzionale e costituzionale e che non sia un caso che una nuova ed inedita apertura al capitolo sociale dell’Unione abbia determinato anche un’utilizzazione meno formalistica e conservatrice delle attuali regole vigenti, come nel caso del salario minimo o della decisione di assegnare agli Stati prestiti a fondo perduto.
Sembra l’inizio di un processo ancora inedito, nel quale si muovono attori che certamente remano contro l’innovazione istituzionale, sociale ed ecologica, ma crediamo che i segnali offerti siano troppo significativi per non “prendere sul serio” quanto è stato promesso per costruire la “sostanza” sociale di un’Europa federale  Vogliamo partecipare in modo costruttivo a questo processo, per arricchirlo, per indirizzarlo al meglio, per combattere gli egoismi e la grettezza dei diversi nazionalismi.
Per questo abbiamo deciso un ciclo di incontri costituito da convegni, seminari, conferenze che approfondiscano, in una logica di scavo comune delle occasioni che oggi la crisi ha già offerto: gli aspetti istituzionali, normativi e di garanzia dei diritti fondamentali nella prospettiva del social summit del Consiglio di Porto del 7 maggio 2021, incentrato sull’Europa sociale, e della Conferenza sul futuro dell’Europa che partirà in occasione della festa dell’unificazione continentale del prossimo 9 maggio e ci auguriamo contempli un reale dialogo con la società civile europea.
Queste iniziative di Università, Centri di ricerca, Fondazioni, reti associative saranno condivise in uno spazio online comune (con il coordinamento della Fondazione Lelio e Lisli Basso) che rappresenterà il nostro tentativo come cittadine e cittadini dell’Unione di dettagliare i caratteri di un’Europa solidale con regole costituzionali post-nazionali. Senza partigianeria e senza retorica, ma con la determinazione che la sfida in corso questa volta può essere vinta.

Il calendario degli eventi è disponibile al seguente link:
https://www.fondazionebasso.it/futuroeuropasociale/

Andrea Allamprese (Università di Modena e Reggio Emilia), Giuseppe Allegri (Sapienza, Università di Roma), Marzia Barbera (Università di Brescia), Silvia Borelli (Università di Ferrara), Giuseppe Bronzini (MD Gruppo Europa), Andrea Buratti (Università di Roma Tor Vergata – Diritti Comparati), Daniela Comandè (Università della Tuscia), Pier Virgilio Dastoli (Movimento Europeo Italia), Madia D’Onghia (Università di Foggia), Giorgio Fontana (Università di Reggio Calabria), Michele Forlivesi (Università di Bologna), Stefano Giubboni (Università di Perugia), Elena Granaglia (Università di Roma Tre), Maria Giovanna Greco (Università di Parma), Fausta Guarriello (Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara), Alessandro Guerra (Sapienza, Università di Roma), Maria Rosaria Guglielmi (MEDEL – Magistrati europei per la democrazia e le libertà), Franco Ippolito (Fondazione Lelio e Lisli Basso), Maria Rosaria Marella (Università di Perugia – GIUdIT, Associazione Giuriste d’Italia), Paola Marsocci (Sapienza, Università di Roma – Unità di ricerca EUPoliS), Filipe Marques (MEDEL – Magistrati europei per la democrazia e le libertà), Giuseppe Martinico (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – Diritti Comparati), Massimo Pendenza (Università di Salerno – Center for European Studies), Valeria Piccone (MD Gruppo Europa), Cesare Pinelli (Sapienza, Università di Roma), Oreste Pollicino (Università Bocconi Milano – Diritti Comparati), Giorgio Repetto (Università di Perugia – Diritti Comparati), Fulvia Ristuccia (Università Bocconi, Milano), Luca Scuccimarra (Sapienza, Università di Roma), Eleanor Spaventa (Università Bocconi, Milano), Patrizia Tullini (Università di Bologna – Labour& Law Issues)