Un cambio di rotta per le politiche in materia di disabilità: idee per un possibile approdo. Recensione a A. Candido, Disabilità e prospettive di riforma. Una lettura costituzionale (Giuffrè, Milano, 2018, 177 pp., € 18.00)
Anche in Italia, così come in altri contesti ordinamentali, si è andato sviluppando, nel corso degli anni, un sempre più comprensivo insieme di norme relative alla condizione giuridica delle persone con disabilità. Al relativo dibattito offre un valido contributo il libro di Alessandro Candido, recentemente apparso nella collana della facoltà di giurisprudenza della sede piacentina dell’Università Cattolica. Lo studio di Candido è articolato in tre capitoli, preceduti da un’introduzione, contenente gli obiettivi della ricerca, e seguiti da alcune pagine conclusive, in cui si tirano le fila dei ragionamenti svolti. Gli obiettivi che Candido si pone sono ambiziosi. Il suo punto di partenza è dato da due constatazioni. La prima è che la dimensione economica è – oggi – ineludibile anche per chi voglia occuparsi della condizione delle persone con disabilità da una prospettiva costituzionalistica. La seconda è l’inadeguatezza di molte delle misure di sostegno vigenti (l’indennità di accompagnamento, ad esempio, «si rivela sempre più una misura rigida, generica e inadeguata»: così a p. 3) e- in un contesto sempre più connotato dall’integrazione socio-sanitaria – con grossi nodi ancora da districare (a partire, come segnalato da Candido, da quelli della compartecipazione degli utenti alla spesa socio-sanitaria e del computo e dell’utilizzo dell’ISEE). Il punto di arrivo della ricerca – nelle intenzioni dell’autore – consiste nell’elaborazione, nel rispetto dei vincoli costituzionali, di una serie di criteri funzionali alla messa a punto di livelli essenziali finalizzati all’introduzione di un «sistema di welfare rinnovato, integrato e comunitario, nonché […] partecipato e solidale» (p. 4).
Per raggiungere un approdo del genere è però necessaria una previa ricognizione dell’assetto normativo vigente. È quindi logico che I capitolo contenga innanzitutto un’accurata analisi delle fonti del diritto relative alla disabilità, a partire dalle norme costituzionali e dai principi e valori da esse dettati. Vengono quindi in considerazione gli artt. 2 e 3 della carta repubblicana, così come gli artt. 32 e 38. Non mancano richiami alla legislazione ordinaria (fra cui la legge 112/2016, sul “dopo di noi”) e alla giurisprudenza costituzionale. Vengono toccati anche gli aspetti relativi al nesso fra sussidiarietà orizzontale e inclusione della persona disabile (pp. 33-37) e viene offerta una ricostruzione sistematica, di grande utilità per il lettore, della ripartizione di competenze fra Stato e Regioni e dello stato dell’arte circa i nuovi livelli essenziali di assistenza, sempre con precipuo riferimento, ovviamente, alla condizione delle persone con disabilità (pp. 38-48). Le ultime pagine del primo capitolo sono dedicate a una puntuale rassegna delle fonti di rango internazionale (in particolare, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità: pp. 48-57) e di quelle riconducibili all’ordinamento dell’Unione europea, a partire dai primi interventi in materia di formazione professionale finanziati dal Fondo sociale europeo, negli anni settanta, sino alla Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, varata nello stesso anno della ratifica, da parte dell’UE, della già menzionata Convenzione delle Nazioni Unite.
Il II capitolo è invece dedicato all’esame – molto rigoroso e attento – del sistema italiano di protezione economica delle persone con disabilità. Si tratta di una lettura per certi versi indispensabile per chi voglia accostarsi al tema: vengono infatti analizzate le problematiche definizioni di ‘disabilità’, ‘handicap’, ‘non autosufficienza’ e ‘patologia disabilitante’ presenti nel nostro ordinamento, con rimandi quanto più puntuali possibile al quadro normativo. Trova poi particolare spazio una disamina di quella che «è stata (ed è tuttora) unica misura specificamente e autenticamente concepita come sostegno alle situazioni più gravi di disabilità», l’indennità di accompagnamento, disciplinata dalla legge 18 del 1980. Di seguito, sono prese in considerazione, in maniera più sintetica, le ulteriori misure di sostegno per le persone con disabilità e l’integrazione socio-sanitaria, definita quale «ambito controverso», espressamente riconosciuta normativamente soltanto nel 1999, non ancora ben codificata e avente quale obiettivo «quello di sottrarre all’ospedale tutte le attività di assistenza non legate alle fasi più acute della malattia, che per loro natura richiedono, invece, un’assistenza di tipo e livello ospedaliero» (pp. 86-87). A partire dal tema della ripartizione tra quota sanitaria e quota sociale, Candido affronta, con grande padronanza, un argomento sul quale si sono stratificate discipline di diverso rango e diversa ampiezza e una copiosa giurisprudenza, tanto ordinaria quanto amministrativa. L’ambito in questione è quello dell’utilizzo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (o, per amor di sintesi, Isee), qualificato quale ‘livello essenziale’ dall’art. 2 del d.p.c.m. 159 del 5 dicembre 2013 e anch’esso – secondo l’autore – bisognoso di un intervento di manutenzione straordinaria da parte del legislatore, dopo la prima riforma portata a compimento a fine 2013 (si vedano, in proposito, le indicazioni contenute a pp. 116-119).
Il III e ultimo capitolo del libro è dedicato ai livelli essenziali delle prestazioni per le persone con disabilità e alla proposta di alcune possibili linee di riforma delle politiche per la disabilità. Il punto di partenza di Candido – avendo presente l’esigenza di rispettare i vincoli costituzionali e di equilibrio finanziario – è costituito da due ordinamenti stranieri, quello spagnolo e quello tedesco, a loro volta alle prese con il problema della sostenibilità della tutela dei diritti delle persone con disabilità e accomunati all’Italia dalla «presenza […] di garanzie delle autonomie territoriali […] paragonabili (ma non sempre sovrapponibili) a quelle apprestate dalla Costituzione italiana per le Regioni». I due sistemi – caratterizzati entrambi da una tendenza all’universalismo – presentano comunque differenze tali da non renderli ugualmente adottabili quali modello per un’eventuale riforma del welfare italiano. In particolare, dato che la Germania è uno stato federale, Candido ritiene che sia più plausibile un intervento ispirato al modello spagnolo. In Spagna si è optato per una sorta di legge quadro (si tratta della Ley 39 del 14 dicembre 2006, dedicata alla Promoción de la Autonomía Personal y Atención a las personas en situación de dependencia) che stabilisce alcuni princìpi e lascia alle Comunidades Autónomas ampi spazi di attuazione amministrativa (per quanto riguarda la normativa spagnola, si vedano, limitatamente ai contributi in lingua italiana, F. Moretón Sanz, Aspetti civilistici di un nuovo diritto di cittadinanza: la legge spagnola sull’autonomia personale e sull’assistenza alle persone en situación de dependencia, in Dir. famiglia, 4/2010, pp. 1871 ss. e G. Rodríguez Cabrero – V. Marbán Gallego, Le politiche per la non autosufficienza in Spagna: un sistema ibrido tra cura familiare e istituzionalizzazione del rischio, in la Rivista delle Politiche Sociali/Italian Journal of Social Policy, 4/2011, pp. 81 ss.). Dopo questa premessa, l’autore propone «un sistema di «federalismo sociale» basato su un welfare rinnovato, nonché di tipo partecipato e solidale (così a p. 129). La proposta messa a punto da Candido ruota, nel complesso, su quattro cardini. Il primo di essi è il superamento del sistema delle indennità di accompagnamento. Una revisione dei principali meccanismi di erogazione monetaria oggi presenti in Italia pare effettivamente non più rimandabile e – secondo l’autore – rappresenterebbe «il vettore più efficace per la predisposizione di un progetto di modifica innovativo e, al contempo, sostenibile», cui accompagnare una proposta di riforma fondata su una serie di norme costituenti «livelli essenziali delle prestazioni», superando anche le tensioni nel rapporto centro/periferia (così a p. 133). L’idea di base di Candido, al riguardo, consiste nell’istituzione di un fondo ad hoc creato dall’INPS (p. 134). Il secondo aspetto su cui puntare sarebbe una riforma della definizione di disabilità, da plasmare a partire dal modello bio-psico-sociale emergente dall’ICF. A una ridefinizione delle nozioni normative della disabilità presenti nel nostro ordinamento dovrebbe poi far seguito, secondo Candido, un’uniformazione dei criteri di valutazione della disabilità, «al fine di evitare […] ogni discriminazione nelle possibilità di accesso alle prestazioni». La valutazione della disabilità dovrebbe essere affidata all’unità di valutazione multidimensionale, a livello distrettuale. L’uniformazione dei criteri di valutazione dovrebbe essere accompagnata da un servizio di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto o da parte dell’Osservatorio nazionale disabilità (istituito dalla legge 18 del 2009), oppure da parte di un nuovo organismo di coordinamento che dovrebbe essere sorgere con i decreti attuativi della legge delega 33 del 2017. L’ultimo dei quattro cardini della proposta di riforma elaborata dall’autore è dato da un ripensamento dell’erogazione del contributo a sostegno della persona con disabilità, recuperando il concetto di responsabilità collettiva della presa in carico, con un coinvolgimento dei Comuni, delle famiglie, delle associazioni di volontariato, dei soggetti del privato-sociale e del terzo settore. Con un approccio del genere sarebbe possibile dare ulteriore sostanza al primo dei quattro cardini qui enumerati: sarebbero infatti superabili le rigidità del sistema delle indennità di accompagnamento, graduando le risorse, regolarizzando i rapporti di cura informali e facilitando il ricorso a personale accreditato (p. 150). Per quanto riguarda l’integrazione socio-sanitaria, già presa in considerazione nelle pagine precedenti, Candido propone un’evoluzione in chiave interistituzionale, «attraverso un approccio integrato non più legato esclusivamente a una logica prestazionale, ma rivolto all’inclusione sociale e alla vita il più possibile autonoma e indipendente della persona con disabilità» (p. 152), dando quindi seguito alle indicazioni emergenti dallo studio dei principi e dei valori costituzionali e già alla base di precedenti interventi normativi (su tutti, la legge quadro 104 del 1992).
Nelle conclusioni, infine, si sottolinea come gli sviluppi conseguenti agli interventi proposti sarebbero tali da condurre a un modello maggiormente in linea con lo sviluppo della persona umana postulato dalla Costituzione, potendo contribuire a un complessivo rilancio del sistema delle politiche sociali. Questa aspirazione dà slancio allo studio qui recensito: si sia d’accordo o no, del tutto o in parte, con le soluzioni proposte da Candido, il volume ha il grande merito di toccare argomenti di pressante attualità e di pari complessità tecnica con competenza e coraggio, non limitandosi a una fotografia dello status quo, ma dando al lettore delle possibili soluzioni plausibili e razionalmente argomentate.