Tra obbligo e persuasione. La decisione del Conseil constitutionnel sul passe vaccinal
Con la décision n. 2022-835 DC del 21 gennaio 2022, il Conseil constitutionnel, ancora una volta, si pronuncia su temi attuali che animano il dibattito pubblico tanto in Francia quanto in Italia.
Oggetto della decisione è l’entrata in vigore della legge «renforçant les outils de gestion de la crise sanitaire et modifiant le code de la santé publique» che ha introdotto la figura del cd. passe vaccinal con il quale il legislatore ha limitato l’accesso a determinati luoghi e attività solamente a coloro che fossero in possesso di un ciclo vaccinale completo.
Sulla scia del Regolamento (UE) 2021/953 e del Regolamento (UE) 2021/954 sul certificato verde, con la legge n. 2021-689 del 31 maggio 2021 e la successiva legge di modifica n. 2021-1040 del 5 agosto 2021, il legislatore francese aveva conferito al Primo ministro il potere di subordinare l’accesso a determinati luoghi (centri commerciali, fiere, congressi, esposizioni, bar e ristoranti, treni a lunga percorrenza) alla presentazione obbligatoria di un passe sanitaire. Tale passe era rilasciato in caso di tampone negativo, completamento del ciclo vaccinale oppure guarigione da Covid-19. In seguito all’ondata della variante Delta e della successiva variante Omicron, il governo, ottenuto il parere (favorevole) del Conseil d’État, ha presentato un progetto di legge con cui ha deciso di restringere ulteriormente i requisiti, permettendo l’accesso ai luoghi sopraindicati solamente a coloro che avessero completato il ciclo vaccinale. Il progetto di legge, inoltre, ha esteso tale obbligo anche ai lavoratori impiegati presso i luoghi oggetto della restrizione, disciplinato le modalità del controllo del passe e stabilito le sanzioni nel caso di violazione delle prescrizioni. Nel corso della discussione parlamentare, in previsione delle elezioni presidenziali e legislative della prossima primavera, è stata introdotta, inoltre, la facoltà per l’organizzatore di una riunione politica di richiedere il passe sanitaire.
Prima della promulgazione di tale legge, ai sensi dell’art. 61 co. 2 della Costituzione francese, un gruppo di deputati e di senatori adivano il Conseil constitutionnel lamentando la lesione di diritti e libertà fondamentali tutelati dalla Costituzione: l’adozione del passe vaccinal configurerebbe una discriminazione tra cittadini vaccinati e non vaccinati, imponendo a questi ultimi un obbligo vaccinale indiretto, pena la compressione dei loro diritti e l’esclusione dalla vita sociale. La scelta legislativa, dunque, non apparirebbe proporzionata né necessaria atteso che la vaccinazione non esclude né il rischio di infezione, né l’eventuale ospedalizzazione.
La decisione in commento, la terza in ordine temporale, preceduta dalla décision n. 2021-819 DC del 31 maggio 2021 e dalla successiva décision n. 2021-824 DC del 5 agosto 2021, si pone in totale continuità con la precedente giurisprudenza in materia di passe sanitaire: la legge è conforme a Costituzione, ad eccezione delle disposizioni che conferiscono all’organizzatore di una riunione politica di richiedere il passe sanitaire. Altre due disposizioni sono dichiarate conformi a condizione che siano interpretate (e applicate) così come indicato dal Conseil stesso (c.d. riserva di interpretazione).
Due sono gli assi attorno a cui ruota la decisione e che si ripetono come un ritornello per scandire il ragionamento e ribadire lo schema seguito.
Da una parte, per costante giurisprudenza, la protezione della salute è un objectif de valeur constitutionnelle, ricavabile dal Preambolo della Costituzione del 1946. Non è un diritto ma un fine a cui il legislatore deve costantemente protendere per assicurare l’effettività degli altri diritti. Da ciò discende, come diretta conseguenza, il compito del potere legislativo di assicurare un raccordo tra questo obiettivo e il rispetto dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantiti (paragrafi 7 e 8; 27; 69; 78). Dall’altra parte, il Conseil ribadisce, con una formula adottata a partire dalla decisione sull’interruzione volontaria di gravidanza del 1975, di non disporre di «un pouvoir général d’appréciation et de décision» identico a quello del Parlamento, essendogli impedito perciò di sindacare l’apprezzamento del rischio da parte del legislatore e di valutare se l’obiettivo perseguito potesse essere conseguito per mezzo di soluzioni differenti (paragrafi 14; 32, 51 e 79). Un self restraint che allenta così il controllo di costituzionalità e che comporta la pronuncia di incostituzionalità solamente in caso di manifesta sproporzione o inadeguatezza della norma.
Alla luce di quanto esposto, è possibile leggere la decisione in esame.
La struttura del passe vaccinal, così come delineata, non contrasta con la Costituzione dal momento che il legislatore ha realizzato un equilibrio tra i diversi valori in gioco al fine di tutelare la salute pubblica. Si tratta, infatti, di una misura che si applica ai luoghi in cui vi è un particolare rischio di diffusione del virus a causa della presenza di un numero potenzialmente elevato di persone. Al di là delle specifiche garanzie apprestate, come l’accesso ai beni e servizi di prima necessità, così come ai mezzi di trasporto per raggiungere tali luoghi, il Conseil rimarca come, più in generale, nella legge sia previsto che le misure non possono che essere adottate nell’interesse della salute pubblica ai soli fini di contrastare la diffusione del virus Covid-19 e delle sue varianti e che devono essere strettamente proporzionate ai rischi sanitari e appropriate nel tempo e nel luogo (paragrafo 17).
Neppure può configurarsi un obbligo vaccinale indiretto dal momento che sono state previste delle eccezioni al rilascio del passe vaccinal. La questione è stata risolta sbrigativamente e in poche battute. Sottolinea, infatti, il Conseil che la legge ha previsto una serie di decreti che hanno il compito di fissare le condizioni con cui determinare: le modalità del rilascio di un documento che permetta l’accesso ai luoghi interdetti per coloro che, per motivi medici, non possono vaccinarsi; le condizioni con cui un certificato di guarigione da Covid-19 possa essere ritenuto alternativo alla vaccinazione e infine i casi in cui una prenotazione alla vaccinazione, assieme a un tampone negativo, possa valere temporaneamente come giustificativo del passe vaccinal (paragrafo 21).
In questo quadro, il Conseil dichiara una riserva di interpretazione per la norma che conferisce al Primo ministro la facoltà di esigere la presentazione cumulativa dello status vaccinale accompagnato da un tampone negativo per le attività per cui non è possibile garantire tutte le misure necessarie al fine di evitare il contagio. La norma, infatti, deve essere interpretata escludendo gli spostamenti di lunga percorrenza con mezzi interregionali, pena altrimenti la lesione della libertà di circolazione.
Il leitmotiv si ripete ugualmente per quanto riguarda l’obbligo che grava anche sui lavoratori e i pubblici ufficiali che lavorano presso i luoghi il cui accesso è soggetto alla presentazione del passe vaccinal, non potendo lamentare una lesione del diritto al lavoro né della libertà imprenditoriale date le garanzie previste dalla legge.
Anche l’obbligo di esibire, assieme al passe vaccinal, un documento identificativo non è ritenuto dal Conseil constitutionnel né in contrasto con il divieto di delegare a privati cittadini le competenze di polizia (art. 12 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino) né con il diritto al rispetto della vita privata. Tale controllo, infatti, è teso unicamente a consentire al gestore di verificare la concordanza tra gli elementi identificativi presenti nei documenti. Il rifiuto della persona di esibire quanto richiesto non può avere altra conseguenza che l’impossibilità di accesso al luogo. Inoltre, l’esibizione di un documento identificativo non autorizza in alcun modo la possibilità di conservare (o riutilizzare) le informazioni contenute, non ammettendo così alcuna deroga alla normativa sulla privacy (paragrafo 44). Il Conseil però, pronunciando la seconda riserva di interpretazione della decisione, precisa che la verifica di tali documenti debba avvenire in base a criteri che escludano qualsiasi discriminazione tra le persone, configurando, in caso contrario, la lesione del principio di uguaglianza.
Salve sono anche le sanzioni previste in caso di mancata verifica del passe in quanto, in linea con la giurisprudenza costituzionale, non manifestamente sproporzionate rispetto al fine perseguito.
Le uniche disposizioni censurate riguardano la facoltà in capo all’organizzatore di una riunione politica di subordinare l’accesso solamente a coloro che possiedono un passe sanitaire, documento che attesti un tampone negativo, il completamento del ciclo vaccinale oppure l’attestata guarigione da Covid-19. Queste norme sono state osteggiate dai ricorrenti, i quali hanno evidenziato come le disposizioni siano lesive sia del diritto di espressione collettiva delle idee e dei pensieri, obbligando i non vaccinati a doversi sottoporre a un tampone per la partecipazione a una riunione politica, sia del diritto al rispetto alla vita privata poiché obbligherebbero le persone che vogliano recarsi a tali incontri a rivelare la propria identità.
Anche per tale doglianza, nel dichiarare che le disposizioni impugnate non realizzano un equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco, il Conseil non si allontana dallo schema adottato.
La richiesta del passe sanitaire da parte dell’organizzatore della riunione politica non era subordinata né alla condizione che questa avvenisse nell’interesse della salute pubblica e al solo fine di contrastare l’epidemia di Covid-19, né alla condizione che la situazione sanitaria la giustificasse con riguardo alla circolazione virale o alle sue conseguenze sul sistema sanitario, né alla condizione che questa misura fosse strettamente proporzionata ai rischi per la salute e adeguata alle circostanze del tempo e del luogo (paragrafo 73). A differenza di quanto sopra descritto per i provvedimenti adottati dal Primo ministro, perciò, le disposizioni impugnate non prestano quelle garanzie risultate, invece, determinanti per la conformità a Costituzione del passe vaccinal.
Dalla decisione in commento, esce legittimata e rafforzata la strategia governativa, caldamente sostenuta dal Presidente Macron, di contrasto al virus. Similmente a quanto avvenuto in Italia, si è deciso di spingere alla vaccinazione i cittadini più reticenti impedendo la loro partecipazione alla vita sociale piuttosto che prevedere un obbligo vaccinale esteso all’intera popolazione.
La decisione in esame, certificando la costituzionalità di tale scelta basandosi sui motivi sopraesposti, appare coerente con il filone giurisprudenziale del Conseil riguardante la pandemia. Emerge che all’eccezionalità del momento, il Conseil constitutionnel ha contrapposto la normalità della risposta: infatti, attingendo dalla propria giurisprudenza, ha salvato ripetutamente e (quasi) integralmente l’impianto legislativo. Ci si potrebbe chiedere se così facendo, il Conseil constitutionnel non stia tracciando una gerarchia di valori interna alla Costituzione, dando un ruolo di preminenza alla protezione della salute. Inoltre, l’avanzamento della pandemia, i meccanismi di trasmissione del virus, il funzionamento dei vaccini, la copertura immunitaria e la presenza di varianti hanno costretto a continui interventi normativi volti ad arginare la diffusione del virus Covid-19 prorogando, di volta in volta, il termine delle misure emergenziali. In quest’ottica, i due grandi assunti, lo stato delle conoscenze scientifiche e la temporaneità delle misure, appaiono tutt’altro che solide fondamenta.