Riflettere sulle radici per rivitalizzare i rami: il costituzionalismo di fronte a se stesso
Nell’attuale momento storico la democrazia costituzionale non sembra vivere la sua stagione più esaltante. Le istituzioni nazionali appaiono tormentate da una crisi di rappresentatività, i partiti politici faticano a interpretare i bisogni delle popolazioni e a proporre soluzioni concretamente praticabili ed efficaci, l’Unione Europea viene sempre più avvertita come un’entità burocratica e distante dai problemi reali della vita dei singoli cittadini del Continente, negli Stati Uniti trionfa alle Presidenziali un magnate che si propone come un outsider del sistema politico ed economico e, come tale, viene creduto e premiato. Insomma, Europa e Stati Uniti sono attraversate da un vento populista e antiestablishment che segnala la rottura, potenziale o forse già conclamata, del rapporto di fiducia tra ampi strati di popolazione e classi politiche tradizionali, percepite come autoreferenziali, e organismi istituzionali, considerati inadeguati se non controproducenti.
Naturalmente alle cause di questo malessere collettivo non può essere estranea, almeno in alcune di queste realtà, una crisi economica che dura ormai da troppi anni. Ma forse il problema è più profondo e meno legato a circostanze contingenti di quanto si possa pensare. L’impressione è che siano epifenomeni di linee di tendenza tanto radicate quanto pericolose.
Per provare a risalire la china sarebbe necessario un recupero di efficacia nel contrasto ai problemi, una maggiore capacità di governo dei fenomeni legati ai processi di globalizzazione, un incremento della capacità di ascolto dei governati da parte dei governanti. Tutte opzioni di carattere politico che richiederebbero sensibilità e lungimiranza da parte delle classi dirigenti.
Tuttavia, potrebbe essere importante anche procedere ad un rilancio culturale di una tradizione di pensiero e di una storia istituzionale, fondamentale per lo sviluppo del mondo occidentale, come è stato il costituzionalismo moderno.
A questo proposito, può presentare qualche utilità il volume di Claudio Martinelli, Le radici del costituzionalismo. Idee, istituzioni e trasformazioni dal Medioevo alle rivoluzioni del XVIII secolo, (G. Giappichelli Editore, Torino, Seconda edizione, 2016, arricchita in diverse parti), che si propone di tornare a riflettere sulle ragioni e le speranze che portarono alla nascita del costituzionalismo. L’autore è un comparatista con una spiccata sensibilità storica e teorica, sempre proteso a scavare nei meandri del passato per meglio interpretare il presente, sull’esempio di quanto insegna la migliore dottrina anglosassone, il suo mondo culturale di riferimento.
Martinelli propone al lettore di intraprendere un viaggio alla ricerca delle origini del costituzionalismo, con la finalità, dichiarata fin dalla premessa, di capire «le modalità con cui si sono andate affermando ed evolvendo le idee, le istituzioni e gli avvenimenti su cui si fonda lo Stato moderno». I suoi interlocutori “naturali” sono pertanto studiosi e studenti ma, più in generale, tutti coloro che fossero incuriositi da questa proposta di fondo e cercassero dall’analisi del passato alcune possibili risposte alle inquietudini del presente.
Dopo un opportuno capitolo di carattere metodologico in cui l’autore spiega al lettore quali siano i modi più efficaci per approcciarsi agli studi giuridici, comparatistici in particolare, il viaggio tocca tutti i passaggi fondamentali che nel corso dei secoli hanno determinato la nascita di un processo che poi continuerà a svilupparsi fino ai giorni nostri. L’arco temporale preso in esame va dall’Alto Medioevo fino alla fine della Rivoluzione francese. L’analisi dei fenomeni intreccia continuamente la contestualizzazione storica, l’elaborazione teorica da parte di alcuni grandi classici del pensiero politico e giuridico, la descrizione chirurgica dei profili normativi proposti dai primi testi di natura costituzionale, dalla Magna Carta fino al Termidoro. Martinelli mostra la convinzione che solo da un approccio interdisciplinare possano scaturire le cognizioni necessarie per comprendere e interpretare vicende e avvenimenti che per loro natura sfuggono all’incasellamento burocratico e scientifico, per espandersi nelle ampie e aperte praterie della cultura.
Il motivo conduttore di tutto il libro, vero e proprio filo rosso che unisce tutti i temi trattati, è costituito dalla relazione, quanto mai difficile ma necessaria, tra «Potere e Libertà, i cui continui mutamenti vengono descritti con un’esposizione consequenziale che mette in grande evidenza l’intreccio tra le astrazioni dei pensatori e le trasformazioni delle istituzioni, in un continuo scambio di esperienze e condizionamenti tra le idee, la storia e il diritto».
Ecco, dunque, che vengono esaminati i tratti fondamentali dell’ordinamento medievale, con la sua polverizzazione del potere sul territorio, soprattutto come punto d’appoggio per capire le ragioni profonde che portarono alla formazione dello Stato Assoluto, fondato invece sull’accentramento del potere nelle mani di un unico soggetto. A sua volta, in un concatenarsi di avvenimenti, ideali e circostanze che provocano l’incessante divenire della Storia, l’Assolutismo viene superato, nei fatti, nelle idee e nelle istituzioni, da un ribaltamento di paradigma del rapporto tra Potere e Libertà, grazie ai canoni proposti dall’Illuminismo liberale. Il volume mette chiaramente in luce come le tre grandi rivoluzioni borghesi (inglese, americana e francese) pur tra mille divergenze di tempo, di ideali e di circostanze, fossero animate da un comune afflato individualista, che si estrinsecava nell’idea per cui la struttura istituzionale dello Stato dovesse essere funzionale alla protezione delle libertà fondamentali dell’individuo.
Un concezione che si affermerà in quel torno di tempo che rappresenta l’apogeo della modernità e che successivamente verrà tragicamente messa in crisi dai nemici del costituzionalismo, a dimostrazione che le conquiste di libertà vanno sempre salvaguardate ed è necessario non darle mai per scontate. In questo senso, il contributo culturale che questo libro offre si risolve nell’esigenza di tornare a riflettere sulle ragioni e gli ideali di fondo che, alle origini, animarono l’affermazione dei diritti e delle istituzioni costituzionali, anche per provare a trarre linfa positiva dalle radici storiche verso i rami più recenti di quel grande albero che ancora è, nonostante tutto, il costituzionalismo occidentale.