Recensione a E. Sommario, Stati d’emergenza e trattati a tutela dei diritti umani, Giappichelli, 2018
Nel corso degli ultimi anni diversi Stati, chiamati a fronteggiare circostanze emergenziali di vario genere, hanno deciso di sospendere temporaneamente l’applicazione dei trattati internazionali in materia di diritti umani. Tra i casi più recenti possono annoverarsi, come è noto, le deroghe alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (PIDCP) da parte dell’Ucraina e della Francia, in risposta rispettivamente all’invasione russa della Crimea e agli attacchi terroristici verificatisi nel 2015 in territorio francese. Un anno più tardi anche l’esecutivo turco, all’indomani del fallito golpe del luglio 2016, ha optato per la sospensione dei medesimi trattati. Volgendo lo sguardo al continente americano, ulteriori esempi della tendenza dei governi a sospendere i propri obblighi internazionali sono offerti dal Guatemala e dall’Ecuador, che hanno derogato – rispettivamente nel 2010 e nel 2016 – al PIDCP e alla Convenzione americana dei diritti umani (CADU).
Alla luce di questo frequente ricorso, nell’ultimo decennio, alla sospensione della vigenza dei trattati internazionali posti a presidio dei diritti individuali, entro quali limiti possono esercitarsi i poteri emergenziali statuali? Quali sono i principi che accomunano e differenziano la verifica, a livello sovranazionale, del rispetto dei diritti umani da parte di Stati deroganti alle prese con emergenze di varia natura? A queste domande fondamentali intende rispondere il volume di seguito recensito. Questo argomento ha già costituito, invero, l’oggetto d’indagine di studi monografici sia in lingua inglese (tra i primi si segnalano, per il loro grado di approfondimento, J. Oraà, Human Rights in States of Emergency in International Law, Oxford, 1992 e A. Svensson-McCarthy, The International Law of Human Rights and States of Exception, L’Aja, 1998) che, più di recente, in lingua italiana (V. Eboli, La tutela dei diritti umani negli stati d’emergenza, Milano, 2010). Tuttavia, questa monografia si caratterizza rispetto alla precedente letteratura per la scelta di esaminare tale problematica partendo dalla prospettiva della prassi degli organi di monitoraggio previsti dai principali sistemi convenzionali di tutela dei diritti umani. Si tratta, per quanto riguarda la CEDU, della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani e, fino al 1998, dell’opera di scrutinio della Commissione europea per i diritti umani; della prassi del Comitato per i diritti umani, per quanto concerne l’applicazione del PIDCP; e, in riferimento alla CADU, della giurisprudenza della Corte inter-americana e della Commissione inter-americana dei diritti umani.
Prima di entrare in medias res, le pagine introduttive del libro propongono una tassonomia degli “stati d’emergenza” fondata sulla distinzione tra emergenze formali (de jure) e reali (de facto), sottolineando la difficoltà insita nel tentativo di elaborare una definizione unitaria di tale nozione. Muovendo da questa premessa, l’Autore traccia dunque il perimetro della ricerca e precisa il duplice obiettivo della stessa. A questo riguardo, il focus della prima parte del volume è rappresentato dalle c.d. “clausole di deroga” previste, nell’ordine, dalla CEDU, dal PIDCP e dalla CADU. L’analisi dell’interpretazione data alle suddette norme pattizie dai relativi organi di controllo è intesa, in particolare, a far luce sul potere degli Stati di ricorrere a misure eccezionali in situazioni di emergenza. Lo scopo che la seconda parte dello studio si prefigge consiste, invece, nell’inquadramento delle clausole derogatorie nell’ambito del diritto internazionale generale. La trattazione dei contenuti anticipati nell’introduzione trova svolgimento in maniera dettagliata all’interno dei quattro capitoli nei quali il volume si struttura.
Nel primo capitolo viene analizzato il regime dello stato d’emergenza nella prassi degli organi di supervisione del sistema europeo di protezione dei diritti umani. Dopo aver ricostruito la ratio dell’istituto della deroga disciplinato dall’art. 15 CEDU, l’Autore esplora il campo d’applicazione materiale della disposizione. Da una panoramica delle pronunce più significative della Corte europea dei diritti umani (CtEDU) e della Commissione europea per i diritti umani (CommEDU) emerge, a partire dal caso Lawless c. Irlanda, un atteggiamento di sostanziale deferenza da parte degli organi di Strasburgo nei confronti dei governi deroganti. In quest’ottica, l’ampia discrezionalità abitualmente concessa agli Stati nel vagliare sia l’esistenza di un “pericolo pubblico che minacci la vita della nazione” che l’adeguatezza delle successive misure emergenziali, laddove non supportata da un rigoroso scrutinio, desta non poche perplessità in termini di efficacia del meccanismo di supervisione convenzionale. Secondo l’Autore è pertanto auspicabile, soprattutto in situazioni di emergenza perduranti, un ridimensionamento della dottrina del margine d’apprezzamento con riferimento all’utilizzo della clausola di deroga, la cui invocabilità dovrebbe essere delimitata a circostanze di natura assolutamente straordinaria. Tra le principali questioni che ricorrono nell’intera ricerca vengono in rilievo, inoltre, la conformità delle misure derogatorie agli altri obblighi internazionali dello Stato derogante, l’applicazione del principio di non discriminazione, i requisiti formali per la validità della notifica di deroga e i diritti che non possono essere soggetti a sospensione.
L’analisi ha poi ad oggetto l’esame dello stato d’emergenza nella prassi del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (CDU). L’indagine prende le mosse dai lavori preparatori che hanno condotto all’inclusione nel PIDCP di una clausola derogatoria (art. 4), affine a quella contenuta nell’art. 15 CEDU, volta ad assicurare la salvaguardia dei diritti umani in situazioni d’emergenza e ad arginare eventuali abusi ad opera dei governi. Nel tratteggiare la funzione di controllo esercitata dal Comitato attraverso la lente dei rapporti periodici sottopostigli dagli Stati e delle comunicazioni individuali pervenutegli, l’Autore pone l’accento sia sulle similitudini che sulle difformità riscontrabili tra la prassi del CDU e la giurisprudenza dei due organi di supervisione del sistema europeo di protezione dei diritti umani. Sotto questo profilo, è di particolare interesse il raffronto tra l’approccio disorganico del Comitato all’istituto della deroga e la dottrina del margine d’apprezzamento sviluppata in materia dalla Commissione europea per i diritti umani e dalla Corte europea per i diritti umani. Lo strumento della comparazione riveste un ruolo centrale anche nella descrizione dei cataloghi dei diritti inderogabili racchiusi all’art. 15 CEDU e all’art. 4(2) PIDCP, nonché nella disamina della posizione assunta dalla CtEDU e dal Comitato in merito alle riserve apposte da alcuni Stati alle clausole derogatorie.
Lo studio si dedica altresì al funzionamento della clausola di deroga della Convenzione inter-americana nella prassi interpretativa della Corte inter-americana dei diritti umani (CIDU) e della Commissione inter-americana dei diritti umani (CommIDU). Al riguardo, viene in primis rilevato un elemento di criticità che, a differenza del contesto europeo, ha interessato l’America centrale e meridionale: la propensione di numerosi governi a strumentalizzare i poteri emergenziali per reprimere il dissenso politico e, di riflesso, preservare regimi di tipo autoritario. Dopo aver delineato i tratti salienti del sistema inter-americano di protezione dei diritti umani, l’Autore si interroga sul significato attribuito dai due organi convenzionali alla nozione di “emergenza pubblica” e sulle relative implicazioni in termini di adozione di misure derogatorie. Da una parte, l’analisi passa in rassegna tanto i profili di uniformità quanto le incongruenze identificabili tra l’art. 27 CADU e le clausole di deroga presenti negli altri trattati; dall’altra parte, ripercorre sia le analogie che i fattori di discontinuità che hanno contraddistinto la prassi degli organi di controllo inter-americani rispetto agli organi di supervisione europei e onusiani, specialmente per quanto concerne l’ampiezza del margine d’apprezzamento riconosciuto in favore delle autorità statali. Da questo punto di vista viene evidenziata l’interpretazione evolutiva data dalla giurisprudenza elaborata dalla CIDU e dai rapporti stilati dalla CommIDU in relazione, inter alia, al principio di non discriminazione e al novero dei diritti non suscettibili di deroga.
Esaurita l’osservazione della prassi degli organi internazionali di monitoraggio, la ricerca chiarisce come l’istituto della sospensione dei trattati sui diritti umani si inserisca nel quadro del diritto internazionale generale. L’Autore si sofferma, in particolare, sul rapporto tra le clausole derogatorie iscritte nei predetti trattati e le norme che regolano l’esonero della responsabilità degli Stati per condotte internazionalmente illecite. Pur ravvisando una serie di elementi di consonanza tra gli istituti in questione, l’analisi giunge anzitutto alla conclusione che la presenza di una clausola derogatoria escluda la possibilità di invocare validamente la scriminante dello stato di necessità, al pari delle dottrine della forza maggiore e della legittima difesa, per giustificare il mancato rispetto degli obblighi imposti dai trattati sui diritti umani. D’altro canto, la prassi di altri organismi internazionali – tra i quali, ad esempio, l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) – induce a ritenere che sia possibile avvalersi dell’esimente dello stato di necessità per legittimare la sospensione di trattati privi di una clausola derogatoria. In secondo luogo, dall’esame delle disposizioni della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati viene inferita, ai fini dell’operatività delle clausole di deroga, l’irrilevanza sia dell’impossibilità sopravvenuta di ottemperare agli obblighi fissati dal testo pattizio che della c.d. clausola rebus sic stantibus. Volgendo poi l’attenzione agli Stati che non siano parti di trattati sui diritti umani, l’Autore si interroga sull’esistenza di norme di natura consuetudinaria ad essi applicabili in materia di deroga. Il rango di norme consuetudinarie assunto da alcuni dei principi incorporati nelle clausole derogatorie sarebbe confermato, secondo l’Autore, dalla loro inclusione in più trattati successivi, dall’elevato numero di ratifiche ottenute, dalla prassi dei meccanismi internazionali di monitoraggio e dall’accoglimento degli stessi all’interno delle legislazioni nazionali. Tra i principi cristallizzatisi nel diritto internazionale generale vengono richiamati, nello specifico, l’eccezionalità del pericolo alla base delle misure emergenziali, la proclamazione ufficiale dello stato d’emergenza, il legame di proporzionalità tra situazione d’emergenza e misure sospensive, il principio di non discriminazione e l’inderogabilità dei diritti fondamentali che riflettono norme imperative di diritto internazionale.
All’esito dell’indagine, l’Autore riepiloga i risultati della ricerca e formula alcune proposte dirette a rafforzare la sistematicità e l’efficacia del meccanismo di supervisione internazionale sul rispetto dei diritti umani in circostanze emergenziali. In questo senso vengono rimarcate l’esigenza, da parte degli organi di controllo, di incoraggiare gli Stati ad adottare riforme legislative che favoriscano l’allineamento degli ordinamenti interni agli obblighi previsti dalle clausole di deroga; l’importanza di introdurre, ad esempio nel contesto delle Nazioni Unite, procedure speciali volte a monitorare il rispetto dei diritti umani nell’ambito tanto di emergenze de jure, quanto di situazioni di emergenza de facto; e, infine, la necessità di potenziare le prerogative degli organi già esistenti, quali il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa.
Ancora più interessanti risultano peraltro, in considerazione degli sviluppi intervenuti negli anni più recenti, le implicazioni giuridiche legate alla controversa sospensione dei trattati internazionali sui diritti umani disposta da parte di Francia e Turchia. Analogamente, proprio il caso turco ha dimostrato come, in parallelo alla prassi dei citati organi internazionali di controllo, non possa essere trascurato il ruolo sempre più centrale rivestito dall’attività svolta dagli organismi di esperti, prima fra tutte la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia). Temi, questi ultimi, dei quali l’Autore si è ampiamente occupato in SIDIBlog e Diritti umani e diritto internazionale.
In conclusione, si tratta di una monografia di sicuro interesse sia per gli internazionalisti che per gli studiosi del diritto comparato. L’indagine condotta dall’Autore, contraddistinta da un taglio comparativo basato su frequenti riferimenti incrociati, offre un’accurata disamina delle varie dimensioni giuridiche della sospensione dei trattati sui diritti umani nell’ambito dei regimi emergenziali. In particolare, l’analisi ha il pregio di coniugare, da un lato, l’esame delle molteplici sfaccettature che caratterizzano la formulazione testuale delle clausole di deroga pattizie e, dall’altro, la lettura data in concreto a queste ultime dagli organi internazionali di supervisione dei relativi trattati. Tale studio comparativo ha fatto emergere la circolazione giurisprudenziale di alcuni parametri che, in situazioni di emergenza, costituiscono un minimo comune denominatore nella prassi dei diversi sistemi di tutela dei diritti individuali descritti. Con questo volume si aggiunge, dunque, un altro importante tassello nell’inquadramento giuridico del fenomeno della deroga ai trattati internazionali sui diritti umani, affrontando in una prospettiva trasversale un tema tanto complesso quanto cruciale per lo sviluppo e il consolidamento delle democrazie contemporanee.