Recensione a Cinzia Piciocchi, La dignità come rappresentazione giuridica della condizione umana, CEDAM, Padova, 2013, pp. 278
Il fondamento e la garanzia della dignità umana costituiscono da sempre aspetti cruciali della riflessione giuridica. Nella vasta letteratura sul tema, il libro di Cinzia Piciocchi si segnala quale importante punto di riferimento per accostarsi, in un’ottica comparata ad ampio raggio, alla complessità di questo bene indeterminato e polisenso esaminando alcune problematiche intimamente legate alla condizione umana di cui la dignità è la rappresentazione giuridica.
L’Autrice muove dalla constatazione della duttilità del concetto. Volgendo lo sguardo al panorama costituzionale odierno si osserva difatti che i richiami alla dignità non sono univoci. Essi possono riferirsi ad ambiti diversi e svolgere funzioni differenti. In particolare, la dignità si configura sia come principio che come diritto. L’interrogativo che ne consegue è se tale bene abbia solo una valenza argomentativa o anche sostanziale, così dispiegando conseguenze rilevanti sui diritti fondamentali. La risposta si articola attraverso l’analisi di tre settori nei quali la dignità rappresenta un nucleo che non tollera negazione: libertà di manifestazione del pensiero, eguaglianza e tutela del corpo umano dopo la morte. La scelta ricade su tali ambiti in quanto accomunati dalla coesistenza di interessi di natura individuale e collettiva, avendo un pari intendimento di tutela contro la stigmatizzazione che lede la dignità della persona sia come singolo sia come appartenente a un gruppo.
Piciocchi sbroglia l’intreccio di sovrapposizioni e differenze che modellano la dignità in svariati ordinamenti, e pure nei sistemi sovranazionale e internazionale, coniugando l’approccio funzionale con il metodo casistico. La giurisprudenza – costituzionale, civile e penale, a seconda del tipo di tutela riconosciuta nei vari paesi – si presta a strumento di indagine privilegiato per esaminare sia la dignità nelle sue applicazioni pratiche sia altre manifestazioni dell’identità individuale che con la prima sono connesse. Un’analisi su più livelli, dunque, ove si affrontano le principali sfaccettature e il divenire giuridico della condizione umana dando spazio anche alla prospettiva diacronica.
Alla dignità come limite alla libertà di manifestazione del pensiero è dedicato il primo capitolo, in cui viene ricostruito il significato storico-giuridico dell’onore. Mentre l’onore va meritato per lignaggio o ruolo sociale, la dignità che ne rappresenta lo sviluppo alla luce del principio di eguaglianza spetta a ogni persona in quanto tale. Quando limitano la libertà di manifestazione del pensiero, gli ordinamenti presi in considerazione tutelano l’onore e la reputazione al fine di mantenere le regole di convivenza civile. La public peace è il nucleo condiviso atto a restringere la libertà di pensiero per tutelare il prestigio delle istituzioni, l’onore dei singoli e quello dei gruppi. Pure la tutela dell’identità, individuale e collettiva, si pone alla base delle limitazioni, come nel caso del negazionismo. Ed è proprio il riferimento all’identità, preminente nella letteratura sociale e giuridica degli ultimi decenni, che spiega il motivo per cui la dignità si trovi ora al centro del dibattito costituzionale.
Nel secondo capitolo l’Autrice individua le elaborazioni giurisprudenziali del principio di eguaglianza e in particolare della nozione di discriminazione che, mediante il legame con la dignità, consentono l’estensione delle ipotesi di tutela fino a ricomprendere diritti non previsti esplicitamente in testi di natura costituzionale. Emerge qui chiaramente sia l’interdipendenza dei concetti di eguaglianza e dignità sia l’uso residuale del right to dignity in quanto diritto autonomo (in Sudafrica e Israele), dato che esso opera per lo più in combinazione con altri diritti e principi costituzionali, ad esempio il diritto alla vita. Quando poi la dignità si valuta nell’ambito dei diritti sociali, ove l’eguaglianza affiora come standard relazionale che considera non l’individuo isolato bensì la persona nel suo contesto, il concetto è atto a definire sia le condizioni di esistenza minime (es. le condizioni abitative decorose) che a fungere da parametro della realizzazione individuale (es. nel sostegno economico a pratiche di fecondazione assistita). È inoltre un bene che giustifica la limitazione dello spazio di autonomia garantito al singolo, anche qualora il soggetto non si senta leso, al fine di proteggere la dignità del gruppo a cui l’individuo appartiene, ossia una categoria a rischio di stigmatizzazione.
Nel terzo capitolo, sulla dignità del corpo dopo la morte, l’Autrice ricerca la ratio delle norme finalizzate a tutelare i defunti, che risiede nella protezione dell’identità dei vivi (la “comunità umana”), e l’oggetto specifico della protezione, ossia il corpo, la memoria e la volontà espressa in vita. Affiora in tale percorso la salvaguardia di due interessi convergenti, la dignità del defunto e il sentimento di cordoglio dei congiunti, e una dimensione sociale più ampia che modella il concetto di dignità quale rappresentazione dell’essenza umana, valore attenuabile solo col trascorrere del tempo con il passaggio del corpo da persona a reperto storico.
Nell’ultimo capitolo Piciocchi evidenzia la dimensione sostanziale, benché residuale, della dignità intesa come diritto a sé stante e soprattutto come principio autonomo che offre copertura a situazioni altrimenti prive di protezione giuridica. Il suo maggiore impiego, quale principio innestato su altri principi e diritti di natura costituzionale, non ne svilisce però il ruolo riducendolo a solo valore simbolico ed evocativo, che pure mantiene. La dignità implica in siffatte ipotesi che si è saliti di grado, ponendosi a un livello supercostituzionale dove il richiamo a questo bene indica il punto di partenza che non è soggetto a bilanciamento. La dignità è causa dell’eguaglianza e presupposto di libertà, indipendentemente dai significati che essa può assumere di volta in volta.
In conclusione, lo studio di Piciocchi invita a riflettere su temi e problemi che sicuramente segneranno ancora a lungo l’orizzonte del dibattito costituzionale sia domestico che straniero, in particolare il rapporto fra la dignità e la libertà degli individui, dato che l’oscillazione dell’identità personale fra la dimensione individuale e quella collettiva è una questione centrale e tuttora irrisolta.