Questo matrimonio ha da trascriversi!

Il same-sex marriage celebrato all’estero non è contrario all’ordine pubblico e va trascritto

Download

Il caso deciso dal Tribunale di Grosseto testimonia il lento modificarsi della cultura giuridica del nostro Paese a proposito della richiesta delle coppie formate da persone dello stesso sesso di godere pienamente della loro dignità di cittadine e cittadini.

I fatti. Due uomini si sposano a New York e chiedono al loro Comune di residenza di trascrivere nei Registri dello stato civile il matrimonio. Alla richiesta segue il diniego dell’Ufficiale dello stato civile, che – lo ricordiamo – è il Sindaco del Comune quale Ufficiale del Governo. I motivi del diniego sono  quattro: 1. due persone dello stesso sesso non possono contrarre matrimonio in Italia; 2. il matrimonio tra persone dello stesso sesso è contrario all’ordine pubblico; 3. la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo (e quindi nel caso di specie da quella italiana); 4. non si può fare alcun riferimento alla CEDU[1].

Il P.M., che ha già dichiarato che impugnerà la decisione, ha espresso parere contrario all’accoglimento del ricorso, in quanto l’inefficacia del matrimonio tra persone dello stesso sesso nel nostro ordinamento rende impossibile la sua trascrizione. In tal modo, il P.M. ha seguito integralmente le indicazioni della sentenza della Cassazione, 15 marzo 2012, n. 4184[2], ultimo grado del primo procedimento in Italia originato proprio dalla richiesta di trascrivere un matrimonio celebrato in Olanda presso il Comune di Latina e che è poi sfociato in un ricorso attualmente pendente dinanzi alla Corte EDU[3].

Il Tribunale di Grosseto ha facile gioco a superare l’obiezione di inesistenza e di contrarietà all’ordine pubblico del matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero, che erano i motivi con cui il Tribunale di Latina aveva respinto l’impugnazione del diniego di trascrizione nel caso prima ricordato. La sentenza della Cassazione sul punto è stata oltremodo chiara: non si può considerare inesistente il matrimonio perché la differenza di sesso non è più requisito naturalistico della fattispecie, sia in base a quanto prevede letteralmente l’art. 9 della Carta di Nizza, sia in base alla redifinizione della nozione di matrimonio che la Corte EDU ha effettuato nella sentenza Shalk e Kopf contro Austria[4]. È inoltre evidente, secondo il Tribunale, che l’istituto matrimoniale così ridisegnato in ben due Carte sovranazionali, quali sono quella di Nizza e quella EDU, che fanno pienamente parte del nostro ordinamento giuridico, non possa essere considerato contrario all’ordine pubblico.

La parte più innovativa della decisione è quella che – per la prima volta – dà rilevanza a un dato letterale, che inutilmente (finora) è stato richiamato in tutti i casi sottoposti al vaglio dell’Autorità giudiziaria in materia di matrimonio tra persone dello stesso sesso (tanto rispetto alla richiesta di trascrizione del matrimonio celebrato all’estero, tanto rispetto all’impugnazione del diniego di pubblicazioni matrimoniali): ossia l’inesistenza di alcun riferimento alla differenza di sesso tra le condizioni necessarie a contrarre matrimonio all’interno del nostro Codice civile. L’obiezione a questo argomento è nota: tale precisazione manca perché l’intero impianto dell’istituto matrimoniale nel Codice civile italiano è orientato alla rigorosa differenza di sesso tra i nubendi. Ma è un’obiezione che il Tribunale non prende minimamente in considerazione.

Ma se la differenza di sesso tra i nubendi non è un requisito necessario alla esistenza e alla validità del matrimonio, perché dovrebbe incidere sulla sua efficacia? In questo senso le premesse maggiori del ragionamento del Tribunale di  Grosseto e della Corte di cassazione divergono.

La Corte di cassazione pur prendendo atto che la nozione di matrimonio è cambiata alla luce della Carta di Nizza e della CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo, comunque ritiene che all’interno del nostro ordinamento il matrimonio sia legislativamente caratterizzato dalla necessaria diversità di sesso tra i coniugi. Da qui l’inefficacia del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Il Tribunale di Grosseto, invece, pur non dissentendo espressamente dalla Cassazione – anzi si affretta a sottolineare che “il matrimonio in oggetto è produttivo di effetti giuridici nell’ordinamento dello Stato dove è stato celebrato” – e riconoscendo che la differenza di sesso tra i nubendi non è un presupposto per contrarre matrimonio in base al nostro Codice civile, ridefinisce implicitamente il paradigma eterosessuale del matrimonio. Pertanto, il Giudice avrebbe dovuto concludere che se la differenza di sesso tra i nubendi non è un presupposto per contrarre matrimonio, tale negozio non solo è esistente e valido, ma è anche efficace.

Questo ulteriore passaggio è assente nella decisione, che così com’è appare debole. È facile immaginare che sarà su questo punto che il P.M. insisterà impugnando il provvedimento. Ciò che è dirimente per la Cassazione ai fini della trascrizione è che il matrimonio produca effetti in Italia, non all’estero.

Finora la logica seguita dagli interpreti nell’affrontare la questione dell’efficacia del matrimonio tra persone dello stesso sesso nel nostro Paese è stata quella del tutto o niente. Non si vede invece perché nell’attesa dell’allargamento del matrimonio in senso egualitario per via legislativa, non si possa dare rilevanza ai matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, prendendo in considerazione di volta in volta l’estensibilità di un certo diritto e di un certo dovere discendente dal matrimonio a una coppia di coniugi dello stesso sesso.

Il che sarebbe oltretutto in linea con la logica che sta alla base della sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010[5]. In base a quella decisione una coppia di conviventi dello stesso sesso deve essere trattata come una coppia coniugata eterosessuale a meno che non ci sia una qualche fondato motivo per fare diversamente. Non si potrebbe dire che a maggior ragione una coppia dello stesso sesso che ha validamente contratto un matrimonio all’estero debba vedersi riconosciute tutte le tutele che discendono dal matrimonio, salvo che ciò sia contrario al principio di ragionevolezza o comunque da escludersi in base al tenore letterale di una qualche norma italiana?

Ferma restando la sua natura meramente certificativa e di pubblicità, alla luce dell’approccio appena suggerito la trascrizione assolverebbe altresì a una funzione probatoria: in maniera certa e opponibile a chiunque due persone dello stesso sesso potranno essere considerate legate da un rapporto stabile e continuativo, anzi addirittura formalizzato in un matrimonio sia pure in un ordinamento diverso dal nostro, rendendo più facile l’individuazione dei soggetti legittimati a godere dei diritti e assolvere ai doveri connessi allo stato coniugale.

A parte l’ordinanza di remissione alla Corte costituzionale in materia di matrimonio tra persone dello stesso sesso, i precedenti della Corte d’appello di Firenze, in materia di richiesta di ricongiungimento famigliare per il convivente dello stesso sesso cittadino non comunitario e di impugnazione del diniego di pubblicazioni matrimoniali concernenti una coppia dello stesso sesso, non fanno ben sperare sull’esito del secondo grado. Però, come si è cercato di dimostrare, ci sono ancora argomenti da spendere, ma soprattutto c’è un avvocato capace di farlo e cittadini determinati ad andare avanti.


[1] Quest’ultimo motivo di rigetto della richiesta di trascrizione è poco chiaro, perché dal testo dell’ordinanza di Grosseto sembra che il riferimento non sia all’art. 12 CEDU, ma all’art. 9 della Carta di Nizza.

[2] Cassazione civile, sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184, in «Dir. famiglia», 2012, 2, p. 696, con nota di M. Gattuso e in «Giust. civ.», 2012, I, 1691, con nota di F. Chiovini e M. Winkler. Su questa sentenza si vedano le riflessioni contenute nel volume Le coppie dello stesso sesso: la prima volta in Cassazione, (a cura di) R. Torino, RomaTre Press, Roma, 2013.

[3] Garullo e Ottocento c. Italia, ricorso n. 60088/12.

[4] Corte europea dei diritti umani, Schalk e Kopf c. Austria, 24 giugno 2010, in «Nuova giur. civ.», 2010, I, 1137, con nota di M. Winkler.

[5] Corte costituzionale, 15 aprile 2010, n. 138, in «Foro it.», 2010, f. 5, I, c. 1361, con nota di R. Romboli e F. Dal Canto;  in «Foro it.», 2010, f. 6, I, c. 1701, con nota di M. Costantino; in «Giur. cost.», 2010, 2, p. 1604, con nota di R. Romboli; in «Giur. cost.», 2010, f. 3, p. 2715, con nota di B. Pezzini; in «Famiglia e dir.», 2010, p. 653, con nota di M. Gattuso.

Email Subscription

Privacy Preference Center