Protocollo Italia-Albania: sull’extraterritorialità del diritto UE e della tutela dei diritti costituzionali
Il 23 Febbraio 2024 è entrata in vigore la Legge 14/2024 di ratifica ed esecuzione del Protocollo Italia-Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, siglato il 6 novembre 2023 tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il premier Edi Rama. Dopo la sospensione del procedimento su richiesta di 30 deputati e previa verifica della Corte Costituzionale albanese, si è concluso anche in Albania il procedimento di ratifica del Protocollo (Consulta Online, 2024).
L’accordo prevede la costruzione in Albania di strutture finalizzate ad accertare i requisiti di ingresso – mediante procedura di frontiera accelerata disciplinata dall’art. 28 bis del d.lgs. 25/2008 – di persone migranti intercettate dalle autorità italiane in acque internazionali. Tali aree sono concesse a titolo gratuito dall’Albania che si limiterà a garantire la sicurezza esterna, ma sono equiparate a zone di frontiera italiane. Nelle suddette zone saranno costruite due tipologie di centri, hotspot e CPR, e al termine delle procedure ivi svolte i migranti verranno trasferiti in Italia o rimpatriati a seconda dell’esito delle stesse.
Il Protocollo si colloca, pertanto, nel solco della tendenza alla deterrenza e al contenimento dei flussi migratori confermata dalla recente approvazione del Patto UE su migrazione e asilo , in tal caso perseguita attraverso la delocalizzazione dell’accertamento dello status e de-territorializzazione del diritto di asilo (D. Vitiello, 2023 , C. Siccardi, 2023).
Proprio per tali caratteristiche il Protocollo si configura come unicum nel panorama europeo. In genere, infatti, tali accordi si fondano sulla logica del burden-shifting, ossia sul trasferimento della responsabilità per l’accoglienza e il rimpatrio ad altri Paesi (M. Savino, 2024).
È il caso, ad esempio, dell’accordo Regno Unito – Rwanda, dapprima ritenuto unlawful dalla Corte Suprema in relazione al divieto di non-refoulement dei migranti in Rwanda, designato dal Governo come “pase sicuro” (A. Dirri, 2024), poi recentemente approvato a seguito di una nuova fase di trattazione (Regno Unito, i richiedenti asilo saranno deportati in Ruanda, 2024 )
Nel caso del Protocollo italo-albanese, invece, non viene attribuito all’Albania il compito svolgere le procedure di frontiera e di rimpatrio, bensì viene estesa in tale Stato terzo la giurisdizione e l’applicabilità del corpus normativo italiano ed europeo che disciplina ingresso, soggiorno e accesso alla protezione internazionale degli stranieri “in quanto compatibile” (Art. 4).
Il Protocollo presenta però diverse criticità, già esposte in sede di audizione informale degli esperti in Parlamento prima dell’approvazione del disegno di legge di ratifica (Audizioni in Parlamento ). Tra queste, sono state evidenziate in dottrina sia quelle relative alla procedura di approvazione del Protocollo con riferimento all’articolo 80 Cost. (A. Spagnolo, 2023, A. Fusco, 2024), sia quelle concernenti l’extraterritorialità e la tutela dei diritti costituzionali nei centri di trattenimento, sulle quali si concentrerà la seguente trattazione.
Sull’applicabilità extraterritoriale del diritto UE
L’aspetto più significativo dell’accordo, ossia l’extraterritorialità della legge italiana, pone invece ulteriori quesiti critici sulle condizioni di attuazione, specialmente con riferimento alla compatibilità con il diritto dell’Unione Europea e all’estensione dei diritti costituzionalmente tutelati.
Anche sul piano penalistico sono state sollevate alcune criticità relative all’espressa deroga all’articolo 10 c.p. (Art. 4, comma 6) e all’introduzione di un criterio di giurisdizione basato su un profilo marcatamente soggettivo in violazione dell’articolo 3 Cost. (L. Masera, 2023).
Con riferimento all’extraterritorialità del diritto dell’Unione Europea, che nel 2018 aveva ritenuto un’iniziativa simile da parte del governo francese di “discutibile compatibilità con il diritto UE, non quindi possibile né auspicabile” (The legal and practical feasibility, June 2018), si richiamano le parole della Commissaria europea Ylva Johansson, che ha invece ritenuto il Protocollo italo-albanese “al di fuori del diritto UE”, seppur la normativa italiana richiami quella comunitaria (Dichiarazioni della commissaria Johansson, 2023).
Tuttavia, il richiamo nel Protocollo al diritto UE “in quanto compatibile” pone una serie di difficoltà interpretative che rischiano di compromettere non solo il coordinamento tra norme interne e sovranazionali, ma la stessa effettività dei diritti dei migranti.
In particolare, la riluttanza delle istituzioni europee ad ammettere un’applicazione extraterritoriale del diritto UE è legata all’impostazione rigidamente territoriale del Sistema europeo comune di asilo (SECA) (M. Savino, 2023). Tale assunto è poi inscindibilmente legato ad un’altra questione interpretativa: posto che il salvataggio avviene in acque internazionali dalle navi delle autorità italiane, che sono considerate parte del territorio (Art. 4 Codice della Navigazione), è necessario domandarsi se queste possano considerarsi “territorio” anche ai sensi delle direttive europee sul tema dell’accoglienza, delle procedure e della qualifica dello status dei richiedenti protezione (sul punto, G. Gattarola, 2024).
Inoltre, la materia dell’accordo rientra tra le competenze concorrenti di cui all’articolo 78 TFUE e al contempo ricadrebbe anche nella preclusione di cui all’art. 3, par. 2, TFUE, che individua le ipotesi di competenza esterna esclusiva dell’Unione. In base al c.d. principio del parallelismo delle competenze, all’attribuzione della competenza all’Unione ad adottare norme sul piano interno corrisponde la competenza a concludere accordi internazionali con Stati terzi o altre organizzazioni internazionali (Audizione C. Favilli, 2024)
Ciò premesso, la normativa UE non vieta espressamente di attuare procedure di riconoscimento della protezione internazionale regolate dal diritto interno, ma la giurisprudenza della CGUE (richiamata da E. Celoria, A. De Leo, 2024) chiarisce che ciò non sia possibile quando tale operazione è destinata ad interferire con il principio di effettività del diritto UE o quando l’intervento possa limitarne l’effetto utile (E. Testi, 2023)
Nel caso del Protocollo si evidenzia da più parti un “collegamento funzionale” tra le procedure condotte in Albania e il diritto dell’Unione (si rimanda a G. Gattarola, E. Celoria, A. De Leo ). A tal proposito, viene sottolineato come l’esame della domanda di asilo al di fuori del territorio e con le modalità “accelerate” previste dall’accordo determinerebbero, in concreto, un livello di tutela inferiore rispetto a quello previsto dalle direttive (si pensi alle garanzie quali l’assistenza legale, le condizioni di accoglienza, la tutela delle persone vulnerabili). Conseguentemente, sarebbe auspicabile un’applicazione integrale della normativa europea, e non invece selettiva come prevista dal Protocollo.
Sulla tutela extraterritoriale dei diritti costituzionali
Il secondo profilo problematico dell’extraterritorialità concerne l’estensione della garanzia dei diritti costituzionalmente tutelati nelle aree sottoposte a giurisdizione italiana, e dunque la parità di trattamento con i migranti condotti in Italia.
Come anticipato, nelle aree di trattenimento albanesi verrà effettuata la procedura accelerata di frontiera (sulla conseguente compressione dei diritti, A. Praticò, 2023) per esaminare i requisiti di ingresso dei migranti, ai quali nel frattempo verrà solo rilasciato un attestato identificativo, e non invece un permesso di soggiorno per richiesta di asilo (Art, 3, comma 5).
La procedura di frontiera, che dovrebbe costituire extrema ratio in quanto sacrifica i diritti dei richiedenti protezione che vengono trattenuti fino all’esito della stessa, tanto da essere soggetta a stringenti limitazioni dalla direttiva 2013/32/UE, diventa dunque modus operandi.
La detenzione generalizzata che ne deriva (Art. 6, comma 3) implica non solo violazione del divieto di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale ai sensi della direttiva 2013/33/UE, ma anche della libertà personale (Art. 13 Cost.) e del diritto di difesa (Art. 24 Cost.) (C. Siccardi, 2024).
Peraltro, si segnala che nonostante la rassicurazione della Commissioni riunite Affari Costituzionali, la Legge 14/2024 non contiene disposizioni riguardanti uno screening della vulnerabilità da effettuarsi prima dell’eventuale trattenimento in Albania né l’espresso divieto di trattenimento delle stesse. Si tratta tuttavia di persone che non possono essere espulse ai sensi dell’articolo 19 TUI e secondo molteplici principi costituzionali.
Con riferimento ai procedimenti giudiziari che coinvolgono il migrante trattenuto, l’articolo 4, comma 4 prevede che l’avvocato del migrante partecipi all’udienza dall’aula in cui si trova il giudice, con collegamento in modalità audiovisive da remoto con il luogo in cui si trova trattenuto il migrante.
Tutto ciò considerato, il Protocollo rischia di determinare una disparità di trattamento, in violazione dunque dell’articolo 3 Cost., tra i migranti condotti in Italia, ai quali verranno integralmente applicate le norme del SECA, e i migranti trattenuti in Albania, che saranno soggetti a tale sistema solo “in quanto compatibile”.
In definitiva, le conseguenze della presentazione della domanda di protezione in Albania rischiano di compromettere il contenuto attuale dell’art. 10, comma 3 Cost., oggi inscindibilmente legato al sistema comune europeo di asilo (C. Siccardi, 2024)
Conclusioni
L’analisi svolta evidenzia la strategia del Protocollo di extraterritorializzazone più che di esternalizzazione delle frontiere (M. Savino, 2023). Non pare però che l’accordo abbia realizzato una extraterritorialità giuridicamente neutra, sollevando invece problemi di natura logica oltre che giuridica (A. Fusco, 2024). All’insostenibilità giuridica, poi, si affianca quella amministrativa, considerando gli ingenti costi di attuazione in tempi stringenti (Avvio bando di gara, 2024). Occorrerà, dunque, interrogarsi ancora a fondo per chiarire natura e portata del Protocollo, e spetterà poi agli organi preposti alla tutela dei valori costituzionali intervenire, affinché la fictio iuris della territorialità non sottragga lo Stato dall’obbligo di tutela dei suddetti valori.