Paulo Pinto de Albuquerque, I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni concorrenti e dissenzienti (2011-2015), a cura e con un saggio di Davide Galliani, prefazione di Paola Bilancia, Giappichelli, Torino, 2016, 395 pp.
Ci voleva, per noi italiani, questo ‘libro’ sulla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Chi si aspetta una trattazione monografica sul tema dovrà subito ricredersi.
Si tratta di altro e, direi, di ben altro. Uno spaccato della vita della Corte guardata dall’interno e con una prospettiva decisamente nuova, quella delle opinioni dissenzienti o concorrenti di un giudice della Corte edu.
Un’opera in lingua italiana che consente di guardare alle dinamiche interne ed esterne della Corte in un modo decisamente nuovo, anche per chi magari ha tentato, nel tempo, ad avvicinarsi a quel mondo. Ciò dipende essenzialmente da due fattori. La scelta di non pubblicare sentenze della Corte edu ma di dare voce alle opinioni di Pinto lascia trasparire l’intento dell’opera, peraltro disvelato nella prefazione di Paola Bilancia e nella premessa di Davide Galliani. Offrire una voce, ufficiale e interna alla Corte, che non lesina, talvolta, critiche all’operato stesso della maggioranza di quella stessa Corte o, per meglio dire, alle soluzioni che la Corte ha reso a maggioranza, non perdendo mai di vista l’altro interlocutore, il giudice nazionale, il suo ruolo. Critiche e opinioni non concordi che, in definitiva, tendono a dimostrare quanto la Corte edu sia ‘in movimento’, attraverso chi lì vi opera. Una Corte sempre meno aristocratica e per nulla intimorita dall’esteriorizzare le diversità di vedute e prospettive in modo organico e fuori dal singolo caso deciso, capace di guardarsi dentro e di far guardare ‘dentro’.
La cosa nuova, per noi italiani, è appunto che venga esteriorizzata nella nostra lingua una voce interna dissonante ai Collegi che hanno definito una controversia innanzi alla Corte edu. La lettura di queste opinioni offre così una straordinaria opportunità di approfondimento, disgelando in tutta la sua complessità il ruolo di quel giudice, a volte rivolto ad universalizzare i propri principia in una prospettiva indirizzata a favorire la certezza della sua giurisprudenza, altre volte ad offrire una giustizia giusta, come dice Galliani, al caso concreto. Quando pensiamo al giudice nazionale in composizione collegiale, spesso siamo portati ad identificare una decisione con la penna del suo redattore/relatore.
La scelta dell’opera va ben oltre questa prospettiva e intende aiutare a cogliere la specificità di quella giustizia sovranazionale, nella quale le motivazioni delle sentenze sono il frutto composito dell’attività della Corte e sono firmate solo dal Presidente della Camera o della Grande Camera. Il che non è per le opinioni concorrenti o dissenzienti, nelle quali l’impronta personale del giudice esce in modo marcato. E quella di Pinto emerge davvero in modo netto.
La mission del giudice Pinto si scorge già saltellando tra le opinioni, riportate nell’opera catalogate in relazione ad alcuni fra i diritti fondamentali della CEDU, ricche di suggestioni, suggerimenti, prospettive su svariate tematiche, alcune delle quali di strettissima attualità anche nel nostro sistema- risarcimento del danno prodotto da violazione della CEDU, obblighi dello Stato di protezione degli avvocati e loro ruolo all’interno dell’apparato pubblico della giustizia, rappresentanza de facto delle persone vulnerabili, libertà di espressione e garanzia dell’indipendenza del giudice nazionale rispetto alla sanzione disciplinare irrogata, ruolo del giudice nazionale e principio di sussidiarietà-. Tutto ciò in piena sintonia con il saggio di Davide Galliani che precede quelle opinioni, nel quale il tema della giurisprudenza consolidata della Corte edu, suscitato dalla sentenza n.49/2015 della Corte costituzionale, è l’occasione per riflettere non solo sul ruolo – comunque insostituibile e pervasivo- della Corte edu, sulla sua capacità di modificare i sistemi nazionali, ma anche sui deficit strutturali di quell’Istituzione – numero preponderante di decisioni di inammissibilità non repertoriate, non equità di alcune fasi di quel processo, difficile prevedibilità delle sue decisioni, assenza di inconvenzionalità fra i poteri del giudice europeo-, che pure presenta e che costituiscono, secondo l’A., una delle possibili ragioni dell’atteggiamento guardingo espresso dalla sentenza 49. Un saggio, quello di Galliani, frutto di un intenso rapporto con Pinto, esteriorizzato nella premessa e soprattutto correlato alla traduzione delle opinioni, non solo realizzata dal curatore, ma anche condivisa e vissuta dal giudice Pinto.
Un’opera, in definitiva, che può servire non tanto ai detrattori della Corte edu, quanto a chi vuole farsi un’opinione su quel mondo – in modo da comprenderne la particolare pervasività ed efficacia insieme alle tensioni, agli sviluppi e alle linee di tendenza – ma, a contrario, anche sul ruolo, non meno decisivo nel processo di concretizzazione e attuazione dei diritti fondamentali, del ‘povero’ giudice statale, che Galliani definisce come ‘il crocevia obbligato di un’Europa più democratica, più umana, della quale se ne intravede purtroppo solo qualche traccia, spesso proprio grazie ai tanto criticati(e criticabili) giudici.”