Marta Simoncini, Administrative Regulation Beyond the Non-Delegation Doctrine. A Study on EU Agencies, Hart Publishing, 2018, p. 232. ISBN: 9781509911721
Le agenzie dell’Unione europea costituiscono un fenomeno peculiare sia sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, sia per ciò che concerne la loro legittimazione a fronte dei poteri che esercitano in concreto. Tali organismi tengono insieme più esigenze, di vario tipo: da un lato decentrano la competenza nella regolazione di determinate materie, in parte sottratta alla Commissione o ai governi nazionali, dall’altro europeizzano la governance di determinati settori, senza far uscire di scena gli Stati. Al contempo, sfruttano la neutralità delle competenze tecniche e specialistiche, mantenendo formalmente invariati alcuni poteri decisori che rimangono in capo agli organi politico-amministrativi (Commissione e governi nazionali). Ciò dà luogo a una maggiore “europeizzazione” della regolazione di alcuni settori, attuata tramite un sistema peculiare: fondato su una delegazione di poteri non riconosciuta sotto il profilo formale – grazie alla “Meroni non-delegation doctrine” (Case 9/56, Meroni & Co., Industrie Metallurgische S.p.A. v. High Authority, [1957– 1958] ECR 133) – e al tempo stesso tecnico, decentrato e reticolare.
Il processo di agencification ha favorito lo sviluppo di amministrazioni a rete, basate sul collegamento tra autorità (nazionali e sovranazionali) e sulla neutralizzazione del decision-making. Tale modello organizzativo si configura come uno strumento “al quale si ricorre al duplice fine di dare un ordinamento decentrato alla materia e di garantire la collaborazione tra l’amministrazione centrale comunitaria e i governi nazionali” (Chiti, E., Le agenzie europee. Unità e decentramento nelle amministrazioni europee, 401). Pertanto, determinate funzioni di regolazione, per lo più di natura indiretta, sono sottratte alla Commissione Ue e affidate a organismi indipendenti o solo autonomi, collegati e coordinati con autorità nazionali operanti nelle medesime materie di competenza (Id., Decentralized Implementation. European Agencies, in Oxford Principles of European Union Law, 2018, 752). Questo modello è funzionale a rafforzare l’integrazione e l’armonizzazione a livello europeo, ma si traduce spesso in forme di regolazione che, non essendo sottoposte a controlli o a meccanismi di revisione efficaci e diretti, sollevano problematiche di effettiva accountability degli organismi in parola.
Con una scrittura agile e diretta e un approccio meticoloso, dettagliato e attento, Marta Simoncini affronta alcuni fondamentali problemi giuridici sollevati dal fenomeno di agencification, concentrandosi sull’inquadramento costituzionale dei poteri amministrativi esercitati dalle agenzie europee e proponendo una tesi originale e coraggiosa: mettere in discussione l’interpretazione dominante della “non-delegation doctrine” per valutare fino a che punto tali agenzie contribuiscano, come modello amministrativo in espansione, all’esercizio di funzioni di regolazione e con quali garanzie di legittimazione (p. 5).
Il volume è organizzato in quattro capitoli, più le conclusioni.
Il primo capitolo mette in discussione l’interpretazione consolidata della dottrina “Meroni”, offrendone una lettura alternativa. A dispetto di quanto indicato nei trattati, infatti, è difficile negare la presenza di funzioni e attività di natura amministrativa e regolatoria in capo alle agenzie dell’Unione europea, che risultano dotate anche di poteri di natura discrezionale (pp. 14-15). Nondimeno, un’interpretazione troppo rigida della Meroni doctrine ha congelato lo sviluppo della regolazione amministrativa europea, per cui è utile percorrere una strada alternativa che, a partire dall’analisi del caso ESMA Short Selling (Case C‑270/12, Judgment of the Court (Grand Chamber), United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland v European Parliament and Council of the European Union, 22 January 2014), pone al centro un problema fondamentale, ossia quello relativo alla legittimazione, secondo il principio democratico e la regola del diritto, dell’esercizio di poteri regolatori e di natura amministrativa esercitati dalle agenzie europee.
Nel secondo capitolo l’autrice presenta una tassonomia dei poteri delle agenzie (pp. 54-59) e, con specifica attenzione alla European Aviation Safety Agency e alle European Supervisory Authorities in the financial markets (pp. 60-86), ne rivela la natura di “quasi-regulation” nei vari settori di interesse. Di qui, si evidenzia come l’adozione di decisioni vincolanti, il contributo partecipativo necessario alle decisioni della Commissione e la capacità di definire autonomamente procedure di standardizzazione costituiscano strumenti che pongono in essere o conformano attività di regolazione (p. 73). Tra le varie funzioni svolte dalle agenzie spicca quella di consulenza, che in molti casi si traduce in una forma di regolazione indiretta tramite valutazioni e pareri di natura tecnico-scientifica. Questo e altri strumenti di “quasi-regolazione” mettono in risalto le incertezze relative alla legittimazione, agli effetti e alla giustificabilità delle stesse agenzie (p. 87).
Nel terzo capitolo la natura dei poteri amministrativi esercitati dalle agenzie europee viene analizzata mettendo in risalto l’elemento discrezionale nell’esercizio di funzioni solo apparentemente tecniche o neutrali, per esempio nelle pratiche di adjudication e standardisation (pp. 100-105). Tale potere discrezionale – inteso, anche in ambito europeo, come capacità di scelta limitata dalla legge (p. 90 ss.) –, si presenta come attributo di natura amministrativa e non politica, confermando una compatibilità con la dottrina della “non-delegation” (pp. 105-107). Nondimeno, questo potere regolatorio finisce per mettere in discussione il modello tradizionale del diritto amministrativo europeo, che si articola tra forme di amministrazione indiretta, affidate agli Stati membri, e forme di amministrazione diretta, in capo alle istituzioni europee.
Al fine di trovare una giustificazione di tali poteri non occorre valutare se questi siano neutrali o politico-discrezionali, dovendosi guardare invece alle modalità e ai limiti con cui gli stessi sono esercitati.
Il quarto capitolo analizza quindi l’accountability delle agenzie europee in forza dei poteri che queste esercitano. Si fa riferimento specifico a sistemi di checks-and-balances e alle garanzie procedurali e di judicial review, come strumenti di diritto amministrativo europeo finalizzati alla legittimazione di tali soggetti regolatori. A tal riguardo, è fondamentale valutare come le agenzie europee esercitino i loro poteri, onde verificarne la compatibilità con il sistema legale europeo (p. 133).
Il capitolo prende in considerazione diverse forme di garanzia e tutela. Viene esaminato il principio di autonomia, con specifica attenzione ai profili di natura organizzativa, alla partecipazione dei portatori di interessi e all’accountability politica nei confronti delle istituzioni europee (p. 135 ss.). In secondo luogo, l’autrice affronta il tema della tutela procedurale, finalizzata alla good administration, soffermandosi quindi sul rispetto dei principi di imparzialità e correttezza, che a loro volta ricomprendono ulteriori garanzie procedurali, di trasparenza, obbligo di motivazione e ragionevolezza (p. 146 ss.). Un terzo aspetto ha ad oggetto le modalità con cui tali garanzie procedurali influenzano la discrezionalità amministrativa esercitata dalle agenzie (p. 150 ss.) e il loro ruolo all’interno di un sistema amministrativo composito (p. 154 ss.). Un’ulteriore forma di garanzia è data dalla possibilità di ricorrere a forme di administrative review interne alle stesse agenzie (p. 157 ss.). Infine, l’autrice si sofferma sui rimedi giudiziali. Questi sono esperibili anche nei confronti degli organismi in esame, segnatamente in merito a ogni atto in grado di produrre effetti giuridici (p. 164 ss.), si basano sul rispetto delle garanzie procedurali e devono essere intesi come strumenti per assicurare una corretta allocazione dei poteri nel rispetto del principio democratico e della rule of law (p. 169 ss.).
L’analisi fa emergere un quadro disordinato ed eterogeneo di garanzie procedurali a legittimare i poteri delle agenzie europee. Di qui, l’accountability di quest’ultime rischia di non essere completa, sufficiente, o di essere assicurata, in alcuni casi, solo sul piano formale. L’autrice auspica una maggiore certezza giuridica in tal senso, evidenziando i vantaggi che si avrebbero con l’adozione di un testo legislativo di natura generale sulle procedure amministrative (pp. 175-176).
Le conclusioni individuano, come percorso in fieri, la necessità di incrementare e rafforzare i meccanismi giuridici per controllare e limitare il potere amministrativo, così da consentire che l’esercizio di tale potere sia compatibile con quanto disposto dalla dottrina “Meroni”. L’allocazione di poteri amministrativi di natura discrezionale, che coinvolge le agenzie in particolare ma può riguardare anche altri soggetti, deve essere circondata da adeguate garanzie organizzative e procedurali che realizzino un «accountability framework» in grado di legittimarle pienamente (p. 187).
Uno degli aspetti più interessanti del lavoro in commento riguarda la centralità dei principi, delle garanzie procedurali e dei limiti previsti dal diritto amministrativo, applicati qui al caso delle agenzie. L’approccio indicato nel volume offre un ulteriore contributo alla tesi secondo cui i principi e le procedure amministrative sono condivisi dai diversi ordinamenti giuridici e si adattano a nuovi contesti sovranazionali, operando come “optimierungsgebote”, ossia precetti di ottimizzazione (R. Alexy, Concetto e validità del diritto, Torino, Einaudi, 1997, tr. it. da Begriff und Geltung des Rechts, 1992, 71 ss.) e strumenti di good governance. Questi “principi positivi di organizzazione costituzionale” (M.S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. I, Milano, Giuffré, 1993, vol. I, 70) si applicano a strutture organizzative operanti in ambito europeo, anche quando queste siano prive di poteri normativi o di amministrazione diretta, benché rilevanti per la valutazione dei presupposti giuridici e fattuali per la decisione. In questi casi gli istituti, le garanzie formali, gli strumenti propri del diritto amministrativo vengono mutuati e adattati a tali contesti sovranazionali incrementandone la legittimazione e l’affidabilità in termini di good governance e fairness operativa.
Il lavoro in commento si rivela molto utile e interessante per chi studia i fenomeni descritti. In primo luogo, offre vari spunti di riflessione sul tema specifico dell’agencification e su temi più generali, come la legittimazione dei poteri pubblici, l’accountability dei regolatori e la diffusione di principi e garanzie procedurali del diritto amministrativo in sistemi di regolazione sovranazionali e compositi. In secondo luogo, lo stile dell’autrice è asciutto e sintetico, la chiarezza espositiva è notevole e l’attività di ricerca è eccellente ed esaustiva.