L’istituzione della Corte Costituzionale tunisina tra passi avanti e battute d’arresto
Benché la Tunisia rappresenti il caso di maggior successo tra quelli scaturiti dalle c.d. “primavere arabe”, il cammino di transizione appare ancora in corso, per molti versi tortuoso.
Da un lato, bisogna pur ammettere che, dopo l’adozione a larga maggioranza della nuova Costituzione nel 2014, il processo di attuazione delle disposizioni costituzionali si è messo pienamente in moto, soddisfacendo alcune delle deadlines previste dalle disposizioni finali. In particolare: nell’aprile 2014 l’Assemblea costituente ha approvato la legge organica istitutiva dell’organo provvisorio incaricato del controllo di costituzionalità; nell’ottobre 2014 si sono tenute le elezioni per l’Assemblea dei rappresentanti del popolo, seguite nel novembre e nel dicembre 2014 dalle elezioni per il Presidente della Repubblica (PdR); tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 il nuovo Parlamento si è dunque insediato e si è formato un Governo di unità nazionale, pur non essendo questo un esito necessario in ragione del risultato elettorale.
Dopo questi passi decisi, il processo di attuazione ha subito però un drastico rallentamento. I nodi principali sono stati rappresentanti dalla legge istituiva del Consiglio superiore della Magistratura (CSM) e da quella relativa alla Corte costituzionale (CC). Esse avrebbero dovuto essere approvate, secondo quanto previsto dall’art. 148 c. 5 della Costituzione, rispettivamente entro sei mesi ed un anno dalle elezioni legislative, ma entrambe le scadenze sono state disattese.
La difficoltà principale risiede nel fatto che i due organi sono legati l’uno all’altro, dal momento che l’art. 118 della Costituzione prevede che il CSM nomini quattro membri della futura CC. Conseguentemente, l’istituzione del primo organo risulta fondamentale per l’istituzione del secondo.
L’adozione della legge organica relativa al CSM ha tuttavia subito una prima battuta d’arresto il 9 giugno scorso, quando l’Istanza provvisoria per il controllo di costituzionalità (IPCC), l’organo previsto dall’art. 148 c. 7 della Costituzione al fine di assicurare un controllo di costituzionalità delle leggi fino alla creazione della Corte costituzionale, ha dichiarato incostituzionale il progetto di legge approvato dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo (ARP) il 15 maggio 2015.
All’origine di questa declaratoria si colloca una questione di costituzionalità sollevata il 22 maggio 2015 da trenta deputati dell’ARP, ai sensi dell’art. 3 della legge organica n. 2014/14; le doglianze portate di fronte all’IPCC hanno infatti trovato parziale accoglimento, dal momento che la Corte ha giudicato numerose disposizioni del progetto di legge (artt. 4, 10, 11, 12, 17, 42, 43, 60 e 81) in contrasto con la Costituzione. In particolare, ad avviso dei giudici, non sussistevano sufficienti garanzie del principio di indipendenza della Magistratura.
La decisione dell’IPCC ha reso necessario un riesame del progetto di legge da parte dell’ARP, che nel frattempo si è impegnata anche nella redazione di altre leggi, tra cui quella istitutiva della Corte costituzionale, approvata il 3 dicembre scorso.
Nondimeno, quasi in concomitanza con questo traguardo, il nuovo progetto di legge relativo al CSM ha subito una seconda battuta d’arresto: il 22 dicembre l’IPCC l’ha infatti rigettato per la seconda volta, a causa di un vizio di procedura.
Questa decisione rischia di rallentare ulteriormente il processo di entrata in funzione della Corte Costituzionale, un organo di cui il Paese ha invece immediata necessità, come si vedrà meglio a breve.
Prima di considerare i compiti e le sfide che la Corte costituzionale sarà chiamata ad affrontare, è bene tuttavia considerare i tratti disegnati dalla legge organica n. 2015/50 relativa appunto alla CC.
La legge si compone di 80 articoli suddivisi in quattro Titoli, suddivisi a loro volta in vari capitoli e sezioni.
Ai sensi dell’art. 2, la Corte avrà sede a Tunisi, ma potrà decidere all’occorrenza di riunirsi altrove.
Essa si doterà di un regolamento interno (art. 4) e assumerà le decisioni a maggioranza assoluta (art. 5)
Per quanto riguarda la sua composizione il Titolo II definisce nel dettaglio le indicazioni generali contenute nell’art. 118 della Costituzione: in particolare, i giudici dovranno necessariamente avere la nazionalità tunisina da almeno cinque anni, avere 45 anni o più, avere un’esperienza di almeno 20 anni, essere persone competenti, indipendenti, imparziali ed integre, non aver ricoperto posizioni politiche nei 10 anni precedenti, godere dei diritti civili e politici, non essere incorsi in sanzioni disciplinari e non essere stati condannati (art. 8).
L’art. 9 specifica poi le condizioni per gli specialisti di diritto, mentre i successivi articoli 10-16 si riferiscono alla nomina dei giudici da parte degli altri tre organi costituzionali (CSM, PdR e ARP).
Per quanto riguarda le garanzie, la legge prevede che i giudici godano di immunità penale (art.22) e ricevano una remunerazione pari a quella dei Ministri (art. 23).
L’art. 25 prevede che i giudici dichiarino il loro patrimonio alla Corte dei conti entro un anno dalla loro nomina e tale disposizione risponde forse più che altre alla storia del Paese: la lunga tradizione di Governo cleptomane spiega infatti l’attenzione verso la trasparenza finanziaria.
L’art. 26 dispone il divieto di cumulare la funzione di giudice con altre cariche statali e l’art. 27 prevede il divieto di esternazioni pubbliche ad eccezione degli articoli scientifici.
Appare interessante notare che la legge prevede, all’art. 28, l’istituto del recall del giudice, che può dispiegarsi con l’approvazione dei 2/3 dei membri della Corte. Tale previsione risulta problematica in quanto rischia di indebolire considerevolmente il principio di indipendenza della Corte.
Il Titolo III è dedicato all’organizzazione e al funzionamento della Corte: ai sensi dell’art. 29 il Presidente svolge un ruolo di rappresentanza e assicura il corretto svolgimento delle funzioni della Corte; in tale compito, egli è assistito da un Segretario generale (art. 30).
Il Titolo IV è dedicato alle competenze della Corte: il Capitolo I (artt.40-42) si riferisce alla funzione di controllo dei progetti di revisione costituzionale; il Capitolo II (artt.45-53) si riferisce al controllo preventivo dei progetti di legge, enunciando il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 52); il Capitolo III (artt. 54-61) si riferisce al controllo di costituzionalità delle leggi, prevedendo che la declaratoria di incostituzionalità ha un’efficacia erga omnes non retroattiva, anche per quanto riguarda l’incostituzionalità della legge elettorale (art. 60); il Capitolo V (artt. 62-64) si riferisce al controllo di costituzionalità del regolamento dell’ARP; il Capitolo VI (artt. 65- 76) enuncia le altre competenze relative a: la destituzione del PdR, possibile solo per grave violazione della Costituzione (artt. 65-68); l’accertamento della vacanza del PdR (artt. 69-70); il giuramento del Presidente della Repubblica in caso di scioglimento anticipato dell’ARP (art. 71); la decisione in materia di stato d’eccezione (artt. 72-73); ai conflitti di competenza tra PdR e Capo di Governo (artt. 74-76).
La legge si chiude infine con alcune disposizioni transitorie e finali (artt. 77-80) relative ai primi due rinnovi dell’organo costituzionale, che ricalcano l’art. 148 c. 6 della Costituzione (art. 77), alla competenza di pronunciarsi sul regolamento dell’ARP già approvato (art. 78), alla trasmissione dei dossier da parte dell’IPCC (art. 79) e alla conclusione dell’attività di quest’ultimo organo in seguito all’entrata in funzione della CC (art. 80).
Se dunque questi sono i tratti fondamentali della futura Corte costituzionale, occorre ancora una volta sottolineare come il suo insediamento dipenda dall’approvazione della legge organica relativa al CSM e all’entrata in funzione di quest’organo.
Il ritardo nell’istituzione della Corte costituzionale è particolarmente grave, allorché si consideri che
sussistono ancora numerose leggi di stampo autoritario nell’ordinamento tunisino, che ad oggi non possono tuttavia essere epurate, dal momento che l’IPCC è competente a pronunciarsi solo sui progetti di legge approvati dall’ARP e non può dunque giudicare le leggi in vigore.
Un esempio di atto normativo in palese contrasto con le nuove disposizioni costituzionali è il Codice penale, che prevede tra l’altro l’incarceramento per il reato di omosessualità. Recentemente tale disposizione è stata duramente criticata dalla società civile tunisina e da alcune organizzazioni internazionali, come Amnesty international, in seguito alla sua applicazione a danni di sei persone omosessuali. (http://www.amnesty-tunisie.org/blogs/blog/2015/12/15/tunisie-la-condamnation-de-six-hommes-pour-relations-homosexuelles-met-en-lumiere-lhomophobie-detat/)
Inoltre, occorre notare che in reazione all’ondata di attacchi terroristici che hanno colpito la Tunisia, nel Paese vige lo stato di eccezione che prevede l’applicazione di un decreto presidenziale del 1978 fortemente limitativo dei diritti fondamentali; in questa situazione, la Corte costituzionale dovrebbe ricoprire un duplice ruolo: ai sensi dell’art. 80 Cost., trenta giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, essa potrebbe infatti essere adita dal Presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo o dai due terzi dei suoi componenti al fine di verificare la persistenza delle condizioni di emergenza; inoltre, lo stesso decreto presidenziale che regola lo stato di emergenza potrebbe essere oggetto del sindacato di costituzionalità. La mancata istituzione di tale organo rappresenta dunque un vulnus nell’affermazione di una piena democrazia.
Ad aggravare la situazione si aggiunge anche il fatto che la Tunisia non ha nemmeno depositato la dichiarazione che consente l’accesso diretto alla Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, privando dunque i cittadini di un ulteriore organo di garanzia.
Di fronte a tali osservazioni non si può far altro che auspicare una rapida uscita dall’empasse, cosicché la Corte costituzionale possa svolgere il suo fondamentale ruolo nel processo di smantellamento dei retaggi giuridici del periodo autoritario, contribuendo in modo deciso al processo di affermazione del nuovo ordinamento.
Il processo appare tortuoso, ma la Tunisia ha già dimostrato di saper superare abilmente le difficoltà incontrate in questi anni e la speranza è che ce la faccia ancora una volta.