Libertà di espressione o “libertà di aggressione”? Il pugno di ferro della Corte Suprema del Brasile contro i social

1. Con un’ordinanza dell’8 ottobre 2024, a firma del giudice costituzionale Alexandre de Moraes, la Corte Suprema del Brasile (Supremo Tribunal Federal – STF) ha revocato la sospensione del funzionamento della piattaforma X Brasil Internet LTA di Elon Musk, già disposta il 30 agosto scorso con una decisione all’unanimità del primo collegio. La misura, che pone fine all’escalation, segue tutta una serie di iniziative che la Corte ha intentato contro il colosso di San Francisco.
Per alcuni, la piega che sta prendendo il potere giudiziario in Brasile nella lotta alla disinformazione online è un sintomo lampante dell’erosione della democrazia (Leite, 2023), legata a una Costituzione, quella del 1988, oramai ipertrofica (Benvindo, 2022) e, sotto molto profili, programmatica (Canotilho, 2001). Così, la censura imposta alle piattaforme social sarebbe una violazione del diritto di espressione e di informazione (Associação Nacional de Jornais, 2024). Per altri, invece, la Corte sta promuovendo una battaglia fondamentale contro figure come Musk, – autodefinitosi un “assolutista del free speech” – al fine di preservare un ordinamento di diritto posto costantemente sotto attacco dai populismi autoritari e danneggiato dall’incessante opera di deterioramento dell’opinione pubblica causata dalle fake news online.
In questo frangente, che offre un interessante esempio di intersezione tra diritti fondamentali e tutela della democrazia, il pendolo della giustizia sembra pericolosamente oscillare. Nel 2019, infatti, la Corte brasiliana ha avviato, a partire dall’iniziativa del suo presidente Dias Toffoli, la c.d. “Fake News Inquiry”, un’inchiesta di tipo penale volta a reprimere le molteplici condotte diffamatorie poste in essere tramite le piattaforme online dai sostenitori dell’allora presidente Bolsonaro. Da quel momento in poi, si è assistito all’espansione tacita delle competenze della Corte, che in molti non hanno esitato a definire “svolta autoritaria” (Neder Meyer, 2019).

2. Il percorso di rafforzamento dei poteri della Corte è legato, in particolare, a un nome. Il giudice Alexandre de Moraes, designato dall’ex Presidente di centro-destra Michel Temer, è gradualmente diventato la nemesi dei conservatori brasiliani e delle stesse piattaforme online accusate di non intervenire sulle condotte, individuali o di gruppo, finalizzate alla manipolazione dell’opinione pubblica.
De Moraes (qui un suo ritratto dal Financial Times), incaricato di supervisionare l’inchiesta di Toffoli, ha derivato il proprio potere dall’articolo 43 del Regolamento della Corte, che prevede che “in caso di violazione della legge penale nei locali della Corte, il Presidente avvierà un’indagine, se questa coinvolge un’autorità o una persona soggetta alla sua giurisdizione, o delegherà questo incarico a un altro giudice”.
Il mandato di de Moraes consisteva nella conduzione di indagini sulla “diffusione di ‘fake news’” e sui modelli di finanziamento dietro a simili condotte di massa. Il giudice delegato avrebbe dovuto perseguire le calunnie online (denunciação caluniosa), le minacce e le altre condotte illegali a danno della Corte stessa, dei suoi membri e delle loro famiglie, a partire dalle indagini della Procura della Repubblica. Da ciò è scaturita una serie di azioni di censura della Corte, abbinata a un profluvio di critiche.
La conformità a Costituzione del potere esercitato dal STF con la Fake News Inquiry è stata, per esempio, messa in questione da un partito politico rappresentato al Congresso brasiliano e quindi legittimato a sollevare questione di costituzionalità astratta (controle abstrato de constitucionalidade). Nel 2020, la Corte, nel giudicare infondata la questione, ha riconosciuto che i fatti, consistenti nell’istigazione online a chiudere l’STF, le ripetute minacce di morte e le richieste di incarcerazione dei giudici costituzionali, nonché il mancato rispetto delle decisioni giudiziarie, rappresentavano non solo un oltraggio ai poteri costituiti (Poderes instituídos) ma anche un attentato contro lo stato di diritto e la democrazia, giustificando così le azioni intraprese.

3. Il perpetuarsi di tali condotte ha, poi, generato un ulteriore arroccamento della Corte, tanto da ricevere attacchi per aver cumulato in un solo organo poteri giudiziari, di polizia e di pubblica accusa. In particolare, si è biasimato il fatto che la Corte si fosse avvalsa del potere di applicare restrizioni indiscriminate alla libertà d’espressione attraverso ordini plurimi di rimozione di contenuti e ordini di sospensione e blocco di account dalle piattaforme social Twitter e Facebook.
All’apice della crisi, nell’agosto scorso è stato diffuso l’ordine di disattivazione totale del social X, conseguente alla mancata ottemperanza della richiesta di nominare un rappresentante legale nel territorio brasiliano. La messa al bando di X si aggiunge, perciò, a una casistica di sospensioni che in passato annoverava già Meta e Telegram.
Nell’accusare la piattaforma acquisita da Elon Musk di essersi trasformata in un megafono per le teorie cospirazioniste di centro-destra, il giudice de Moraes imponeva quindi una multa giornaliera di 50.000 reais alle persone e alle aziende che avessero tentato di frodare la decisione di shutdown del tribunale utilizzando sotterfugi tecnologici (come l’uso di VPN) al fine di continuare a utilizzare e comunicare attraverso X.
La controversia con X è terminata, da ultimo, con l’annuncio, il 9 ottobre, del ritorno della disponibilità della piattaforma in Brasile, dietro il pagamento di un’esosa multa da parte della tech company.

4. Secondo l’ultimo rapporto sulla trasparenza rilasciato da X, relativo al primo semestre del 2024, la piattaforma avrebbe accolto positivamente le richieste governative di rimozione di contenuti nel 71% dei casi. Il livello massimo di compliance si è registrato nei confronti dell’Unione Europea (80%) mentre è stato pari al 26% per i “Paesi terzi” – un dato che può riflettere un segnale di buona volontà successivo all’entrata in vigore del Digital Services Act, che ha comportato la designazione di X come Very Large Online Platform (VLOP).). Tuttavia, la genericità e laconicità del rapporto, a copertura globale ma lungo poche pagine, ostacolano una comprensione approfondita delle reali dinamiche di “censura” dei contenuti e di oscuramento dei profili sul territorio del Brasile.
Nella famosa ordinanza di sospensione già citata in apertura, la Corte ha sottolineato che la Costituzione del 1988 non permette di confondere la libertà di espressione con la “libertà di aggressione” o con “un’inesistente censura” poiché sussiste un “divieto costituzionale” di discorsi d’odio e di incitazione al compimento di atti antidemocratici. Pertanto, sostiene la Corte, qualsiasi entità privata che svolga la propria attività economica sul territorio nazionale è tenuta a rispettare l’ordinamento giuridico del Brasile e a conformarsi agli ordini diretti impartiti dalla magistratura brasiliana.
Questo, in pratica, comporta non solo il dovere per le società straniere di richiedere un’autorizzazione da parte del governo federale ad operare sul territorio e l’indicazione di un rappresentante atto a ricevere eventuali citazioni in giudizio. Ma altresì l’obbligo di eseguire (quelle che da noi sarebbero certamente irrituali) richieste di oscuramento fatte pervenire dai giudici costituzionali.
L’ottemperanza di X non pone fine alle attività di de Moraes, che, oltre a trovare il sostegno quasi incondizionato degli altri dieci giudici, è al momento impegnato anche su un altro fronte: le indagini sulle responsabilità costituzionali scaturite dall’assedio al Congresso brasiliano del gennaio 2023, svoltosi con un canovaccio simile a quello dell’assalto a Capitol Hill, dopo la diffusione della notizia che il presidente uscente Bolsonaro non era stato riconfermato vincitore.

5. Se, da un lato, la posizione costituzionale guadagnata in maniera poco convenzionale dalla Corte può destare preoccupazioni per l’estensione dei poteri che ha dimostrato di poter ricavare in via interpretativa, dall’altra parte non si può nemmeno giustificare l’atteggiamento di Elon Musk, che non ha risparmiato attacchi diretti contro il giudice brasiliano.
Il rifiuto pubblicamente espresso di rispettare la legge brasiliana rappresenta, infatti, proprio una di quelle forme di pressione pubblica poste in essere dalle compagnie multinazionali, consapevoli che quanto avviene nei propri reami virtuali è suscettibile di influenzare pesantemente la scena politica dei vari paesi, influendo sulla qualità della democrazia.
In attesa di poter verificare, come alcuni alludono che stia già avvenendo, se il pubblico endorsement di Donald Trump da parte di Elon Musk in piena campagna per le presidenziali comporti automaticamente una distorsione del free speech su X, non si può non tenere conto dei risultati di alcuni studi, tra cui Corsi, 2024, che hanno rivelato come gli algoritmi di X siano programmati in modo da favorire i contenuti “a bassa credibilità”, ossia, in parole povere, delle potenziali fake news. Questo perché alle notizie poco credibili si associa, di solito, un elevato engagement degli utenti.
La soluzione potrebbe rivelarsi semplice e a portata di mano. Come suggeriscono gli attivisti di Reporters Sans Frontières, sarebbe necessario colmare il vuoto regolatorio sulla libertà di espressione online anche in Brasile. Da un lato, quindi, bisognerebbe, sulla falsariga di quanto avvenuto già in Europa, indurre le piattaforme a cooperare per una maggiore trasparenza. Questo permetterebbe di imporre il monitoraggio dei rischi informativi che scaturiscono dall’uso abusivo dei social e di attuare un regime più o meno esteso di responsabilità (platform liability). Dall’altro, invece, sarebbe opportuno arginare gli abusi di potere delineando un quadro chiaro di competenze per le autorità giudiziarie nella lotta alla disinformazione, evitando che le Corti costituzionali, nel loro fondamentale ruolo di garanti delle Costituzioni, diventino, come paventato da Luis Roberto Barroso (2022), uno strumento nelle dinamiche del potere. In definitiva, la necessità di vigilare su tutte le parti coinvolte resta imprescindibile.