L’autoritarismo “da manuale” di Kaïs Saïed: alla ricerca di una consacrazione “democratica”?

A tre anni da quando, nell’estate del 2021, il presidente tunisino Kaïs Saïed ha intrapreso un processo di graduale smantellamento degli obiettivi raggiunti durante la transizione democratica iniziata nel 2011, prosegue l’attuazione dell’agenda politica del capo dello Stato, che il 2 luglio scorso ha indetto nuove elezioni presidenziali per il prossimo 6 ottobre 2024 e si è candidato a un secondo mandato – che dovrebbe essere anche l’ultimo, ex art. 90(6) Cost., ma non si possono escludere future manipolazioni della Carta. L’esperienza di cui la Costituzione del 2014 è stata simbolo appare sempre più come un capitolo chiuso del vissuto democratico della Tunisia, mentre all’orizzonte appare il consolidamento di un autoritarismo ascrivibile alla nutrita schiera dei c.d. regimi ibridi.
Nel corso di questi tre anni, il Presidente tunisino ha agito in linea con la consueta roadmap seguita da analoghi leader politici divenuti sempre più manifestamente autoritari. Nel 2021, proclamando lo stato di eccezione ex art. 80 della Costituzione, ha destituito il governo Mechichi e sospeso il Parlamento; contestualmente, ha governato per mezzo di decreti presidenziali – il più noto fu il 2021-117 che, di fatto, si sostitutiva a gran parte della Costituzione – benché in virtù di uno stato di emergenza sistematicamente protratto, insindacabile presso alcun organo di garanzia, in assenza di una Corte costituzionale. Ha poi nominato, in maniera interamente discrezionale, l’Instance nationale consultative pour une nouvelle République, incaricata di redigere una nuova Costituzione da sottoporre a referendum il 25 luglio 2022. Tuttavia, come segnalato dal presidente dell’Istanza Sadok Belaid, la bozza è stata unilateralmente sostituita dal Presidente con un altro testo, a sua volta modificato con decreto presidenziale (2022-607) pochi giorni prima della consultazione. Altresì, il Presidente tunisino ha attaccato la magistratura e la sua indipendenza, sciogliendo il Conseil Supérieur de la Magistrature e sostituendolo con un organo di nomina presidenziale, e ha sospeso l’Instance provisoire chargée du contrôle de la constitutionnalité des projets de loi, che dal 2014 operava provvisoriamente (e limitatamente, in quanto impossibilitata a ricevere eventuali richieste di impeachment), in attesa dell’istituzione della Corte costituzionale. Tra il 2022 e il 2023, Kaïs Saïed ha modificato la legge elettorale per conformarla alla Costituzione del 2022, e si è assicurato la lealtà dell’Instance supérieure indépendante pour les élections (ISIE), intervenendo sulle norme che ne regolano la composizione e l’operato. Prevedibilmente, nel corso di questi ultimi anni, si è inasprito anche il contrasto alle opposizioni, sia nell’ambito parlamentare, sia in quello extraparlamentare e della società civile, anche attraverso il controllo dei media (emblematico il decreto 2022-54 sul cyber-crimine: di fatto, uno strumento per limitare la libertà d’espressione): molti oppositori di Kaïs Saïed sono stati arrestati, condannati, imprigionati, e banditi a vita dalla candidatura a successive elezioni presidenziali, e una simile sorte è toccata anche ad accademici, giornalisti, avvocati e intellettuali, “rei” di essersi opposti al regime di Saïed.
Il “cursus honorum” da leader autoritario di Kaïs Saïed pare quasi completo: manca un ultimo passaggio, ossia il ricorso all’elettorato, al Popolo, per ottenere una definitiva “consacrazione” – seppur fittizia, a giudicare dai dati sull’affluenza registrata nelle ultime consultazioni elettorali, in occasione del referendum del 2022 sulla nuova Costituzione (approvata con il 94.6% di voti favorevoli, ma dal 30% dell’elettorato), e delle elezioni politiche dello stesso anno (dove votò circa l’11% dell’elettorato in entrambi i turni). La convocazione di nuove elezioni presidenziali, dunque, non preannuncia alcuna speranza di ripresa democratica, ma, al contrario, è già connotata da un clima di aspra e rinnovata repressione del dissenso.
In vista dell’appuntamento elettorale di ottobre, anche l’impianto normativo in materia – e, con esso, le misure adottate per attuarlo – risulta congeniale alla buona riuscita del disegno del Presidente Saïed. L’attuale Costituzione tunisina sancisce, all’art. 89, che possano candidarsi alla presidenza candidate e candidati che abbiano almeno quarant’anni al momento del deposito della candidatura, che detengano esclusivamente la cittadinanza tunisina, e che discendano quanto meno da genitori tunisini, figli, a loro volta, di cittadini tunisini, escludendo, dunque, chiunque non possa dimostrare un’ascendenza così risalente. L’art. 90(2), poi, prevede che ciascun candidato ottenga la raccomandazione e l’appoggio – sotto forma di raccolta di firme – di una quota di membri del Parlamento o dell’elettorato, specificata dalla legge elettorale (legge organica 2014-16), modificata a più riprese, a seguito dell’entrata in vigore della nuova Costituzione e in vista delle elezioni del 2022 e del 2024. Stando alla lettera della legge elettorale, in particolare ex artt. 40 e 41, i candidati presidenziali debbono essere di  religione musulmana e di nazionalità tunisina – in caso di doppia cittadinanza, sono tenuti a dichiarare di essere disposti a rinunciare alla nazionalità diversa dalla tunisina, se eletti –, e devono avere almeno trentacinque anni al momento del deposito della candidatura (disposizione rettificata dall’ISIE nel 2024, in modo da conformare i requisiti per la candidatura alla Costituzione del 2022). L’art. 41 prevede che ciascun candidato venga “presentato” da dieci membri dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (o del Consiglio Nazionale delle Regioni e dei Distretti, secondo quanto dispone la Costituzione del 2022), da quaranta presidenti di enti locali, o da diecimila elettori ripartiti su almeno dieci circoscrizioni elettorali, ciascuna delle quali deve contare almeno cinquecento iscritti alle liste elettorali, rimettendo all’ISIE il compito di fissare le procedure di presentazione delle candidature, nonché il calendario dell’esame delle candidature e delle firme ricevute (art. 43) e la loro convalida (art. 45). Subito dopo l’indizione delle elezioni del 2024, l’ISIE ha emesso la decisione 2024-544, che modifica e integra la precedente decisione 2014-18 relativa alle regole e alle procedure per la candidatura alle elezioni presidenziali e alle condizioni di candidabilità previste dalla legge elettorale. In conformità con la nuova Costituzione, l‘Instance ha ribadito i requisiti dell’età anagrafica, della cittadinanza, e del comprovato endorsement di cui all’art. 90(2) Cost., e, soprattutto, ha subordinato la validità della candidatura alla presentazione del modulo B3 relativo al casellario giudiziale, che deve risultare privo di condanne penali, specificando che i candidati devono godere dei diritti civili e politici, non avendo perso il diritto di voto – attivo o passivo – come conseguenza di una condanna in relazione agli artt. 161 e 163 della legge elettorale, relativi alle condanne e alle sanzioni comminate, rispettivamente, a chiunque abbia commesso reati elettorali e ai candidati che abbiano ricevuto finanziamenti dall’estero, ed ex art. 30 del codice penale, che sancisce che i condannati a una reclusione superiore ai dieci anni vengono automaticamente interdetti legalmente dalla sentenza e per tutta la durata della pena. Quanto può teoricamente apparire lecito, e riscontrabile anche in altri ordinamenti considerati democratici, nella realtà dei fatti risulta quanto meno problematizzabile, se si considera che diversi degli oppositori di Kaïs Saïed sono stati perseguiti e condannati proprio per i reati su cui insistono queste norme: non solo, quindi, una parte non irrilevante dell’opposizione è stata esclusa dalle presenti elezioni, non avendo avuto modo di candidarsi in quanto condannata e detenuta, ma ne è estromessa a tempo indeterminato.
Sebbene, come detto, a garanzia dell’iter di deposito, vaglio e pubblicazione delle candidature e a vigilare sulle procedure elettorali sia preposta l’ISIE, organo indipendente istituito con legge organica 2012-23, la sua autonomia è stata profondamente compromessa quando, con il decreto-legge 2022-22 recante modifiche alla l.o. del 2012 (su cui si è espressa con preoccupazione anche la Commissione di Venezia), l’Instance è stata, di fatto, assoggettata alla discrezionalità del Presidente. Ai sensi del nuovo art. 5, infatti, dei sette membri, tre sono selezionati dal Presidente, e altri tre provengono dalla magistratura, anch’essa sotto il controllo di Kaïs Saïed; il settimo componente, un ingegnere informatico proposto dal Centro nazionale dell’informatica, è comunque selezionato dal capo dello Stato, che sceglie anche il Presidente dell’Instance (art. 6). A fronte di ciò, risulta difficile credere che l’ISIE possa rappresentare un organo del tutto indipendente e imparziale rispetto alla linea dettata dal Presidente della Repubblica, assicurando elezioni libere e corrette. A tal riguardo, anche lo stesso Nabil Baffoun, ex Presidente dell’ISIE, ha espresso le sue preoccupazioni circa l’indipendenza dell’Instance, ribadendo che modificare le norme relative alla composizione e alle funzioni di un organo costituzionale per decreto non rientra tra le attribuzioni del Presidente della Repubblica.
Dopo l’indizione delle nuove elezioni, il deposito delle candidature è stato possibile dal 29 luglio al 6 agosto 2024, e lo scorso 11 agosto l’ISIE ha pubblicato la lista preliminare dei candidati ammessi. Sono state presentate diciassette candidature, ma solo tre sono state convalidate – esito poco incoraggiante, considerando che alle presidenziali del 2019 furono ammessi ventisei candidati e candidate. Gli ammessi dall’Instance sono il Presidente uscente Kaïs Saïed, Zouhair Maghzaoui, segretario generale del Mouvement du peuple e considerato vicino a Saïed, e Ayachi Zammel, presidente del partito Azimoun (peraltro, recentemente sentito, arrestato e successivamente rilasciato dalle autorità giudiziarie per sospetta falsificazione delle firme relative alle raccomandazioni popolari). A fine agosto il Tribunal Administratif, per certi versi considerato “l’ultimo baluardo” della resistenza di parte delle istituzioni a Saïed, aveva riammesso le candidature di Abdellatif Mekki (Travail et Réalisation), Mondher Zenaïdi (ex ministro dei tempi di Ben Ali), e Imed Daïmi (Hizb el-Harak), dopo averne accolto i ricorsi contro l’esclusione da parte dell’ISIE. Il 2 settembre, però, 2024 l’Instance ha reso pubblica la lista ufficiale dei candidati, definitiva e inappellabile, che conferma l’iniziale esclusione di Mekki, Zenaïdi e Daïmi (secondo il Presidente dell’Istanza Bouasker, il Tribunal non avrebbe rispettato le tempistiche per comunicare la propria decisione). I tre candidati che, conseguentemente, correranno per la presidenza, rimangono Saïed, Maghzaoui e Zammel. Oltre ai candidati respinti, moltissimi altri politici tunisini non hanno potuto depositare la propria candidatura, o non sono risultati ammessi dall’ISIE; tra i principali oppositori di Saïed esclusi si annoverano Abir Moussi, leader del Parti destourien libre, in carcere dal 2023 per diversi capi d’accusa, e Rached Ghannouchi, storico leader del partito islamista Ennahdha, arrestato nel 2023 per aver ricevuto denaro da finanziatori esteri. In questo clima di aperta e strumentale persecuzione dell’opposizione all’attuale Presidente, Ennahdha, il Front de salut national, il Parti des travailleurs e altre compagini di opposizione hanno dichiarato che, in assenza delle condizioni per delle elezioni libere e corrette, boicotteranno le consultazioni.
Nella protratta assenza di una Corte costituzionale, non è possibile contare su alcun tipo di controllo sulla legittimità di queste misure. La (esigua) consolazione deriva dal fatto che, anche qualora una Corte fosse (già) stata istituita, si tratterebbe di un organo giurisdizionale sensibilmente limitato – basti ricordare che la decretazione presidenziale non è sindacabile, e che il testo del 2022 manca di qualsiasi istituto analogo alla messa in stato d’accusa del Presidente, che quindi risulta pressoché inattaccabile – assoggettato al capo dello Stato, e, pertanto, incapace di assolvere la propria funzione di garanzia.
Le speranze circa l’esito delle elezioni non sono molte, anche perché il Presidente Saïed dispone di tutti i mezzi per manipolare strategicamente l’intero processo elettorale (come ha già fatto). Nel momento in cui vengono meno le garanzie costituzionali a tutela dello stato di diritto, al punto che il Presidente, con un solo decreto, può sospendere l’attività degli organi costituzionali e alterare la costituzione (e ha già fatto anche questo), le possibilità che l’elettorato possa, con i limitati strumenti di cui attualmente dispone, uscire da questo vicolo cieco, appaiono risicate. L’esito delle elezioni sarà reso noto entro il 9 ottobre, o il 9 novembre in caso sia necessario un secondo turno per un eventuale ballottaggio (ex art. 90(3) Cost.). Dinanzi a una nuova vittoria di Kaïs Saïed che pare preannunciata (e ciò è corroborato anche da un sondaggio di aprile 2024), addirittura “blindata”, non resta che attendere l’evolversi della vicenda e l’esito delle elezioni, per capire in quali direzioni potrebbe articolarsi l’esperienza politica e istituzionale della Tunisia nei prossimi anni.