La pagliuzza nell’occhio della Banca centrale europea e la trave nell’occhio del Bundesverfassungsgericht
Con una decisione adottata a maggioranza di sei giudici a due (BverfG, 2BvR 2728/13 dello scorso 14 gennaio), il Bundesverfassungsgericht ha finalmente rotto la sua tradizionale ritrosia alla collaborazione con la Corte di giustizia e si è deciso a ricorrere allo strumento processuale previsto dall’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Nonostante il comprensibile clamore suscitato da questo storico passo, occorre sottolineare da subito che, contrariamente a quanto sarebbe lecito attendersi, la decisione non si contraddistingue per un’apertura nei confronti dell’ordine giuridico sovranazionale, ma piuttosto sembra animata da una provocatoria volontà di mettere in difficoltà i giudici del Lussemburgo.
La vicenda giudiziaria prende spunto da una richiesta del gruppo parlamentare Die Linke e da 11715 ricorsi individuali. Aspirazioni comuni dei ricorrenti sono quelle di sanzionare le omissioni del Bundestag e del governo tedesco in relazione ad una specifica Decisione della Banca centrale europea (BCE) e di escludere la legittimità di una futura partecipazione della Bundesbank all’attuazione di detto provvedimento. Secondo le argomentazioni addotte, il programma con cui si prevede la possibilità di acquistare sul mercato secondario un quantitativo illimitato di titoli di stato dei paesi membri in difficoltà (cosiddetto outright monetary transactions o OMT) è da considerarsi contrario all’identità costituzionale tedesca perché può compromettere la funzione democratica del Bundestag ed è da considerarsi ultra vires perché non è coperto dalle norme che regolano il mandato della BCE (art. 119 e art. 127 TFUE) e perché viola il divieto di finanziamento degli stati membri. A fronte di queste rivendicazioni, la BCE, intervenuta nel procedimento per giustificare la correttezza del suo provvedimento, ricorda che l’art. 18 dello Statuto del Sistema europeo delle banche centrali prevede la possibilità di acquistare titoli di stato e che, in linea con le responsabilità monetarie che i trattati attribuiscono all’istituzione bancaria, l’obiettivo dichiarato del programma OMT è quello di salvaguardare la corretta trasmissione monetaria in una fase in cui irrazionali paure stanno alterando il normale funzionamento del mercato finanziario. Con una posizione di sostegno alle tesi dei ricorrenti è poi la Bundesbank che, ribattendo alle statuizioni della BCE, interviene per segnalare come a suo giudizio sia infondato l’argomento della trasmissione monetaria e come siano invece fondate le paure secondo cui l’azione sovranazionale possa travalicare i limiti fissati dalla giurisprudenza costituzionale tedesca.
Così sollecitati i giudici di Karlsruhe iniziano ad esaminare la possibilità di procedere con l’esame dei ricorsi e, concentrando la loro attenzione su una possibile violazione del principio di attribuzione delle competenze, in una prima fase tracciano le linee guida che orienteranno la decisione sul merito. Consapevoli del fatto che la Decisione controversa si è semplicemente limitata ad annunciare azioni future ma (non essendo stati concretamente acquistati titoli di stato) non ha invece avuto attuazione pratica e consapevoli del fatto che la stessa natura giuridica del provvedimento impugnato è incerta, essi si interrogano innanzitutto sulla possibilità di dare una protezione legale preventiva e a questo proposito statuiscono che l’impossibilità di correggere le possibili future conseguenze del programma e la sua sufficiente specificazione rendono le azioni astrattamente ammissibili indipendentemente dalla qualificazione giuridica che si voglia dare alle operazioni OMT. Chiarito questo profilo, in continuità con la decisione Honeywell,si valuta la possibilità di qualificare le violazioni denunciate come manifeste e strutturalmente significative e si accerta il rispetto dei due requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale precedente: a giudizio del Tribunale, un eventuale accertamento del superamento dei limiti che i trattati impongono alla BCE integrerebbe una violazione manifesta e strutturalmente significativa perché azioni di questo tipo inevitabilmente interferirebbero con i poteri in materia di politica economica che residuano in capo agli stati membri e perché esse potrebbero indirettamente produrre conseguenze redistributive anche importanti tra i bilanci statali; alla stessa maniera, l’eventuale accertamento di un’attività volta a finanziare gli stati membri integrerebbe una violazione manifesta e di significato strutturale perché una simile attività è espressamente vietata dall’art. 123 del TFUE e perché (oltre ad avere effetti redistributivi diretti) potrebbe stravolgere la natura dell’unione monetaria e mettere a repentaglio la stabilità che è una condizione essenziale per la partecipazione tedesca alla moneta unica. Conseguenza dell’accertamento effettivo di una delle due violazioni denunciate sarebbe la creazione di un obbligo che vincola i poteri tedeschi (in questo caso il Governo, il Bundestag e la Bundesbank) a non dare attuazione ai provvedimenti sovranazionali viziati da incompetenza e ad intervenire per rimuoverli o, nei limiti in cui ciò sia consentito dalla “clausola di eternità” prevista dall’art. 79 del Grundgesetz, per sanarne i vizi ex post. Il mancato rispetto di questo obbligo può essere oggetto di ricorso individuale per violazione dei diritti fondamentali e di ricorso da parte dei gruppi parlamentari.
Una volta verificata l’ammissibilità dei ricorsi, i giudici passano a valutare se in effetti le lesioni denunciate si siano prodotte e a questo proposito ritengono che per risolvere la questione sia necessario chiedere alla Corte di giustizia di verificare preliminarmente se e in che misura il programma OMT è compatibile con le regole che governano il mandato della BCE (art. 119 e art. 127 TFUE) e con il divieto di finanziamento monetario degli stati membri previsto dall’art. 123 TFUE. Il significato di questa storica apertura è prontamente ridimensionato dai passaggi successivi della decisione. Infatti, invece che limitarsi ad attendere la pronuncia della Corte di giustizia, i giudici di Karlsruhe scelgono di avventurarsi in una problematica esegesi delle norme del Trattato e, vanificando di fatto l’apertura di credito fatta ai loro colleghi del Lussemburgo, si spingono sino ad affermare che entrambe le violazioni appaiono a prima vista fondate e che l’accoglimento dei ricorsi pare “probabile”. Più precisamente, in primo luogo essi si confrontano con il problema del mandato della BCE e, dopo aver rilevato che l’Unione europea ha competenza esclusiva solo in materia di politica monetaria e che essa in materia di politica economica ha soltanto una mera competenza di coordinamento e di sostegno, individuano alcuni elementi del piano OMT che consentono loro di considerare verosimilmente fondate le lagnanze sul punto: a giudizio della Corte, l’obiettivo dichiarato della Decisione (il contenimento dello spread), la selettività di un piano di acquisti esclusivamente rivolto ai titoli di stato di paesi in difficoltà, il vincolo che lega l’acquisto dei titoli a programmi alternativi di assistenza finanziaria (il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il Meccanismo europeo di stabilità) e l’assenza delle condizioni previste da questi ultimi per l’attivazione del sostegno finanziario (presenza di crisi economica che mette a rischio la stabilità dell’euro) mettono con tutta evidenza in mostra che i profili di politica economica implicati nella vicenda trascendono l’azione di mero coordinamento e di sostegno che dovrebbe spettare alle istituzioni europee. In secondo luogo, i giudici si confrontano con la denunciata violazione del divieto di finanziamento degli stati membri e, dopo aver precisato che a loro giudizio l’unica possibile interpretazione che può essere offerta dell’art. 123 TFUE esclude con certezza pure la possibilità di un finanziamento indiretto, individuano elementi che anche con specifico riferimento a questo profilo confermerebbero la verosimile fondatezza del motivo di ricorso. Oltre ad alcuni dei fattori già analizzati per valutare se la Decisione OMT è compatibile con il mandato della BCE (contenimento dello spread, parallelismo coi programmi di aiuto già predisposti e selettività delle operazioni di acquisto), ci sono elementi ulteriori che inducono i giudici a ritenere che sia verosimile il rischio per cui il piano di acquisto si trasformi in un illecito piano di aiuti agli stati membri: il pericolo di eludere il divieto di finanziamento può infatti concretizzarsi attraverso la disponibilità manifestata (a dire il vero solo quando deliberato dalla maggioranza dei creditori) dalla BCE a partecipare ad un piano di riduzione dei debiti, attraverso l’acquisto di titoli di stato ad alto rischio, attraverso l’influenza che i tempi delle operazioni di rivendita possono avere sulle logiche del mercato secondario, attraverso l’influenza che i tempi delle operazioni di acquisto possono avere sulla formazione del prezzo dei titoli sul mercato e attraverso l’incoraggiamento all’acquisto che la garanzia di una successiva acquisizione della BCE può esercitare sugli operatori di mercato. Proseguendo con le sue certezze, poi, la Corte ritiene di dover acriticamente aderire alla visione prospettata dalla Bundesbank e, senza per la verità dilungarsi più di tanto e senza prendere in minima considerazione le ragioni profonde che hanno indotto la BCE ad agire come ha agito, liquida come palesemente infondate le argomentazioni giustificative prodotte dall’istituzione bancaria di Francoforte: irrilevante si considera l’argomento tecnico secondo cui l’acquisto di titoli di stato può, in determinate circostanze, rientrare nella politica monetaria e, in un anacronistico e fideistico abbraccio all’assoluta razionalità dei comportamenti dei soggetti economici, irrilevante si considera anche l’argomento secondo cui il piano OMT sarebbe giustificato dalla necessità di evitare il rischio che comportamenti irrazionali possano incentivare pratiche speculative e turbare il corretto funzionamento del mercato finanziario.
L’idea di un complessivo atteggiamento di ostilità all’Europa non pare poter essere messa in discussione nemmeno dalla considerazione per cui, in chiusura, il Bundesverfassungsgericht propone una seconda domanda pregiudiziale (alternativa alla prima) e apre alla possibilità che la Corte di giustizia possa salvare per via interpretativa la Decisione OMT: la limitazione della portata del piano di acquisti (in maniera tale che essa funga da semplice supporto alle politiche economiche che competono all’Unione), l’esclusione della possibilità che esso possa interferire con i programmi di assistenza già definiti e con i correlativi limiti, la proibizione della possibilità di concordare un taglio del debito, la definizione di un tetto agli acquisti e la precisazione che esso non deve interferire con la formazione del prezzo di mercato dei titoli sono le condizioni che sono inderogabilmente richieste affinchè il Tribunale consenta la partecipazione della Bundesbank. Sebbene i giudici sembrino non rendersi conto che le condizioni proposte (o forse sarebbe meglio dire imposte) rendano il programma sostanzialmente inutile e sebbene autoreferenzialmente sostengano che un simile intervento sia compatibile con lo spirito dell’intervento della BCE, essi di fatto pongono i loro colleghi lussemburghesi di fronte ad una alternativa secca: o questi ultimi bloccano, poco importa se de jure o de facto, il piano di acquisti oppure saranno loro stessi ad impedirne l’efficacia legale in Germania e ad ordinare alla Bundesbank di astenersi dall’intervenire. A conferma di questa indisponibilità, il provvedimento giudiziario tedesco sottolinea che, nel caso in cui la Corte di giustizia dovesse ritenere che la Decisione della BCE non è (in ragione della sua incerta natura giuridica) sottoponibile ad una questione pregiudiziale di accertamento della sua validità, il Tribunale si farà carico della sua responsabilità di garante dell’ordine europeo e procederà comunque con l’accertamento dell’incompetenza della BCE. Inoltre, la volontà di impedire che il programma OMT possa essere efficacemente implementato trova ulteriore conferma nei passaggi in cui, riprendendo la differente questione del rispetto dell’identità costituzionale tedesca, il Bundesverfassungsgericht per un verso risponde ai ricorrenti e afferma di non essere momentaneamente nelle condizioni di prevedere se esistono gli estremi per una simile lesione, ma per contro precisa che in astratto una simile lesione è configurabile e che pure i futuri atti concreti di attuazione del piano potranno essere dichiarati costituzionalmente illegittimi senza la necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale.
Le stringate considerazioni sviluppate in questa breve nota dovrebbero comunque essere sufficienti per mettere in evidenza la peculiare contraddizione che affligge il percorso argomentativo seguito dallo storico provvedimento giudiziario di rinvio: un po’ come nel celeberrimo aforisma evangelico della pagliuzza e della trave, in questo caso il Tribunale costituzionale tedesco cade nell’errore di giudicare i ‘peccati’ commessi dagli altri senza preoccuparsi delle conseguenze dei propri e di fatto denuncia l’azione ultra vires della BCE senza aver seriamente preso in considerazione i vincoli che dovrebbero limitare l’azione di un giudice costituzionale. Innanzitutto, infatti, se è legittimo interrogarsi sulla legalità comunitaria del piano OMT è altrettanto legittimo interrogarsi sulla concezione che il Bundesverfassungsgericht mostra di avere della sua funzione e dei suoi poteri. A questo proposito, anche a non voler dare peso al tono quasi intimidatorio che caratterizza il provvedimento e anche a non voler dare peso ad alcuni inquietanti passaggi della decisione, non si può innanzitutto fare a meno di notare come i giudici di Karlsruhe vengano meno all’impegno da loro stessi riconosciuto di affidare l’interpretazione del diritto europeo alla Corte di giustizia: sia quando con un colpo di spugna cancellano la speculazione finanziaria dall’elenco delle cause che hanno prodotto la crisi, sia quando arbitrariamente escludono a priori la possibilità di un’interpretazione dell’art. 123 TFUE che (magari valorizzando i riferimenti alla «coesione economica, sociale e territoriale» e alla «solidarietà tra gli stati membri» contenuti all’art. 3 del Trattato sull’Unione europea) permetta l’indiretto finanziamento che si realizza attraverso il piano OMT si entra in un campo che è riservato alla cognizione del giudice sovranazionale. Per di più, essi, contraddicendo la loro professata volontà di garantire il corretto funzionamento del sistema delle competenze, spingono lo stesso giudice europeo a pronunciarsi su un provvedimento la cui giustiziabilità è tuttaltro che certa. A prescindere da quanto appena detto, però, ciò che appare più grave è il fatto che in una questione caratterizzata da un elevato grado di tecnicismo la configurazione di un’azione per sanzionare le omissioni degli organi politici interni si traduca in uno sconfinamento di competenze: pur preoccupato dalla limitata legittimazione democratica delle decisioni adottate dalle istituzioni europee, il Tribunale non si chiede a quale titolo possa occuparsi di una questione che è squisitamente politica e non si preoccupa del fatto che così agendo finisca con il commettere una gravissima invasione delle competenze che a queste dovrebbero essere riservate per via della loro più forte legittimazione democratica.
Per quanto difficile ciò possa sembrare in questo momento, a fronte di una decisione che rischia di abbattere l’argine eretto dalla Banca centrale per prevenire gli attacchi speculativi e che quindi mette in luce tutti i profili problematici di un processo di integrazione che (a dispetto della inestricabile complessità delle questioni con cui si confronta) ancora oggi continua ad avere (soltanto) un fondamento interno, la speranza è che la Corte di giustizia riesca a trovare una soluzione che, senza mettere a repentaglio un piano di importanza cruciale per il futuro dell’Europa, porti il Bundesverfassungsgericht a ritornare su una decisione che può davvero aprire inaspettati scenari di crisi.
Un ottimo commento, utile a mio avviso a bilanciare gli entusiasmi di quelli che hanno salutato l’esito del giudizio innanzi alla Corte di Lussemburgo, prevedibilmente favorevole alla BCE, come una ulteriore «nuova legittimazione alla Banca centrale e alla sua “politica monetaria” con strumenti monetari» (A. Manzella, Quei quattro segnali per l’Unione, in La Repubblica del 10 febbraio 2014).
Del resto, già alla vigilia dell’entrata in vigore dell’euro, nel 1999, il primo presidente della BCE Willem Duisenberg affermò che il solo criterio sulla base del quale l’operato della BCE avrebbe dovuto essere giudicato era quello della sua capacità di perseguimento del suo fine istituzionale ovvero la stabilità dei prezzi, dimenticando in ciò il fine di supporto delle politiche comunitarie e gli altri fini indicati dall’art. 2 del Trattato sulla Comunità europea (cfr. G. Repetto, Responsabilità politica e governo della moneta: il caso BCE, in G. Azzariti (cur.), La responsabilità politica nell’era del maggioritario e nella crisi della statualità, 283 ss., 316).
Il mio giudizio personale sulla decisione, anche alla luce delle critiche qui esposte, è tuttavia complessivamente favorevole per due ordini di ragioni: la prima, di carattere “strumentale”, è che con questa decisione e il dibattito che potrebbe suscitare, si potrà mettere in discussione il “mito” dell’indipendenza delle Banche Centrali, che ne fonda la legittimazione, dal quale a mio avviso si può in ultima analisi far derivare una delle cause principali della crisi politica e costituzionale (ma probabilmente anche economica) che l’Unione Europea sta attraversando.
Il secondo motivo – collegato al primo – è di ordine più propriamente costituzionalistico: se è vero che «la questione […] è squisitamente politica e [il Bundesverfassungsgericht] non si preoccupa del fatto che così agendo finisca con il commettere una gravissima invasione delle competenze che a queste dovrebbero essere riservate per via della loro legittimazione democratica diretta», è peraltro vero che (come evidenziato nello stesso commento) anche la Decisione OMT contestata soffre dello stesso evidentissimo deficit democratico, e, pertanto, in quest’ottica il Tribunale Costituzionale tedesco non fa che denunciare tale deficit, attivandosi per sanarlo – come peraltro aveva ammonito nelle precedenti decisioni – una volta che esso è divenuto intollerabile.
Il deficit democratico in questo caso è vieppiù determinante in quanto è consistito nella rinuncia da parte del Governo tedesco, e della maggioranza parlamentare che lo sostiene, della necessaria assunzione di responsabilità nella gestione della crisi finanziaria e speculativa sull’euro, lasciata nelle mani della BCE dietro il fragile paravento della sua natura puramente “tecnica”. Dal punto di vista elettorale, tale atteggiamento appare essere stato grandemente premiante: senza chiedere un voto specifico sulla decisione OMT, il Governo Merkel ha potuto mantenere un atteggiamento ambiguo e ondivago sulla questione – lo stesso che sta peraltro mantenendo anche nell’ennesimo incontro con il nuovo premier italiano proprio in questi giorni – , preservando quindi la moneta unica senza rinunciare al ruolo di “guardiano dei conti pubblici altrui”, a supposta tutela dei contribuenti tedeschi. L’eccezionale risultato elettorale della CDU alle elezioni svoltesi esattamente un anno dopo l’annuncio del programma OMT è a mio avviso da ricollegarsi anche a tale posizione nei confronti della crisi dell’euro, che è naturalmente la questione politica eminente in questa fase storica. E tale successo è speculare a quello dei partiti c.d. “euroscettici” o “antieuropei” degli altri Paesi, in cui i tradizionali partiti conservatori (in senso letterale e non classificatorio) hanno invece dovuto pagare il prezzo per la medesima assunzione di responsabilità per le politiche adottate in risposta alla crisi dell’euro.
Peraltro, criticando la decisione per la sua invasione di competenze politiche, si potrebbe finire per spostare la problematica che riguarda altre pagliuzze e travi: la decisione OMT, infatti, è spesso descritta nel dibattito politico tedesco interno (ma, paradossalmente, anche in quello italiano), come una forma di salvataggio verso Paesi la cui stabilità finanziaria sarebbe causata da un loro intrinseco “vizio” (denuncia che spesso ha connotati di discriminazione puramente razzista quando non addirittura religiosa) e non dall’esistenza di sistema monetario unico sganciato dalle politiche economiche dei singoli Stati, vero e proprio unicum nel panorama internazionale. Sarebbe quindi interessante porre al centro del dibattito, cosa che a mio avviso non sta avvenendo, quali potrebbero essere le conseguenze della decisione (o comunque, in generale di una decisione sfavorevole a questo o a uno dei qualsiasi “piani di salvataggio” extra ordinem) per la sola Germania, prima che per l’intera Unione o per i Paesi per i quali la decisione OMT è stata presa. Ma forse una risposta a questo interrogativo può trovarsi nel continuo abbaiare e non mordere dei giudici di Karlsruhe (è di oggi la decisione sulla legittimità dell’European Stability Mechanism).
Pertanto, la decisione dei giudici di Karlsruhe potrebbe essere accolta favorevolmente, ma nel senso opposto a quello degli entusiasti, come forma di delegittimazione della Banca centrale e della sua “politica monetaria” con strumenti monetari, a favore delle scelte politiche degli organi che esercitano i propri poteri legittimati dal mandato popolare e in quanto tali politicamente responsabili per i propri fallimenti.