La nomina di Brett Kavanaugh
Cinquantatré anni, maschio, bianco, cattolico, Brett Kavanaugh è il giurista che l’amministrazione Trump ha scelto di proporre al Senato per colmare il posto liberato da Anthony Kennedy nella Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.
1.Per avere un primo inquadramento di questa nomina è opportuno muovere preliminarmente dalla ricostruzione del profilo politico del magistrato, un passaggio divenuto imprescindibile per orientarsi nell’agonismo che ormai anima l’attenzione verso la composizione della Corte Suprema (per una recente testimonianza, v. qui).
Il nome di Brett Kavanaugh era presente nella lista composta appositamente per il Presidente Trump dalla zelante Federalist Society, l’organizzazione di ispirazione conservatrice, attiva dagli anni ‘80, e ormai specializzata nel fornire supporto organizzativo e culturale alle amministrazioni a guida Repubblicana.
Kavanaugh, infatti, viene da un cursus politico molto eloquente. Nato nella capitale, cresciuto nel Maryland, dopo aver compiuto gli studi a Yale, Kavanaugh è stato assistente di vari magistrati tra i quali Kenneth Starr e, da ultimo, proprio Anthony Kennedy. Ha poi coadiuvato lo stesso Starr nell’indagine per l’impeachment di Bill Clinton. Sotto la presidenza di George W. Bush, mentre la moglie era la segretaria personale del Presidente, Kavanaugh ne è stato prima consigliere poi capo dello staff. Nel 2006 lo stesso Presidente lo ha nominato giudice federale per il Distretto di Columbia, carica ricoperta fino ad oggi.
2.Provando ora a tracciare alcune coordinate rappresentative della politica giudiziaria di Kavanaugh, si può muovere dai suoi orientamenti in materia di separazione dei poteri.
Su questo tema Kavanaugh ha tenuto dei corsi alla Harvard Law School, chiamato dalla allora preside Elena Kagan (che oggi siede in Corte Suprema, nominata sotto l’amministrazione Obama). In un articolo pubblicato nel 2009 per la Minnesota Law Review Kavanaugh tirava le fila dei suoi anni trascorsi al servizio dell’Executive Branch, proponendo una serie di misure che potrebbero migliorare le dinamiche interne all’amministrazione federale. La prima di queste proposte, e quella che ha attirato le maggiori attenzioni della cronaca di questi giorni, è intitolata: «Assicurare ai presidenti in carica un differimento temporaneo delle cause civili e di indagini e incriminazioni penali».
Della sua attività giudiziaria si può ricordare il caso Al Bahlul v. United States, in cui l’imputato, l’autista di Osama Bin Laden, aveva presentato ricorso contro la condanna inflitta da una commissione militare sui crimini di guerra, sostenendo che gli articoli I e III della Costituzione impedissero al Congresso di rendere la cospirazione un reato perseguibile ad opera di una commissione militare, dal momento che la cospirazione non è un crimine secondo il diritto internazionale. Nel confermare la condanna, i giudici della Corte federale si erano mostrati divisi: quelli della maggioranza hanno evitato di affrontare la questione dell’autorità del Congresso; nella sua lunga concurring opinion, invece, il giudice Kavanaugh, rispondendo direttamente a quella domanda, ha dichiarato di non aver trovato alcun limite costituzionalmente imposto: «the federal courts are not empowered to smuggle international law into the U.S. Constitution and then wield it as a club against Congress and the President in wartime».
Altre pronunce concernenti la separazione dei poteri hanno tendenzialmente mirato a contenere l’autorità delle agenzie indipendenti. Più di recente, Kavanaugh ha dissentito da una sentenza che ha confermato la costituzionalità della struttura del Consumer Financial Protection Bureau: struttura in virtù della quale l’ufficio è diretto da un singolo funzionario, che può essere rimosso solo per giusta causa. Kavanaugh sarebbe invece dell’idea che una tale struttura violi l’articolo II della Costituzione che garantisce i poteri del Presidente: «Because of their massive power and the absence of Presidential supervision and direction – scrive Kavanaugh – independent agencies pose a significant threat to individual liberty and to the constitutional system of separation of powers and checks and balances». Da notare come Kavanaugh, in una nota a piè di pagina (la nota 18, a p. 61 della sua opinione dissenziente), abbia messo in dubbio il principio sancito in Humphrey’s Executor v. United States (1935), che rappresenta il fondamento storico della costituzionalità delle agenzie indipendenti, lasciando intendere che sarebbe incline a considerare un suo overruling.
3.Approfondendo il tema della regolazione amministrativa, è notorio che quella del Distretto di Columbia è una giurisdizione particolarmente impegnata nel judicial review of administration.
Kavanaugh, nel corso del suo mandato, si è segnalato per numerose pronunce in casi aventi ad oggetto atti di regolazione della Environmental Protection Agency (EPA). Sul tema, peraltro, in un più di un’occasione si sono registrate significative sinergie con Antonin Scalia, anch’egli esperto di regolazione amministrativa.
In un caso Kavanaugh, nel dissentire dal giudizio di inammissibilità su un ricorso riguardante la regolazione delle emissioni di gas serra, si è opposto al tentativo dell’EPA di adattare il testo di una legge del 1970, il Clean Air Act, per consentire la regolazione di una problematica ambientale che il Congresso non avrebbe potuto prevedere al tempo dell’emanazione della stessa, concludendo che l’EPA aveva ecceduto la sua autorità: secondo il giudice, «agencies presumably could adopt absurd or otherwise unreasonable interpretations of statutory provisions and then edit other statutory provisions to mitigate the unreasonableness». La Corte Suprema, con una maggioranza guidata da Scalia, nel rovesciare il verdetto, avrebbe preso le mosse dagli argomenti di Kavanaugh per sostenere che il Clean Air Act non autorizzava l’EPA a imporre alle fonti stazionarie di gas il previo ottenimento di autorizzazioni basate unicamente sulle emissioni prodotte.
In un altro caso il dissenso di Kavanaugh dalla maggioranza (che aveva sostenuto la decisione dell’EPA di non considerare i costi nel giudizio di proporzionalità – appropriate and necessary standard – in tema di regolazione delle centrali elettriche) sarebbe stato ripreso da Antonin Scalia, autore della sentenza con cui la Corte Suprema che avrebbe cassato quella decisione: «Put simply – aveva scritto Kavanaugh nel suo dissenso – as a matter of common sense, common parlance, and common practice, determining whether it is “appropriate” to regulate requires consideration of costs».
Sebbene Kavanaugh non si sia sempre e sistematicamente pronunciato contro le misure dell’EPA (cfr. American Trucking Associations v. EPA 2010, National Mining Association v. McCarthy 2014, Natural Resources Defense Council v. EPA 2014) e abbia prediletto un approccio casistico, evitando attacchi frontali e sistematici alla dottrina Chevron sulla deferenza verso le interpretazioni delle agenzie, egli ha manifestato una chiara inclinazione a mitigare l’espansione delle autorità amministrative (conformemente alla tendenza ormai diffusa di rileggere criticamente la storia dello stato amministrativo americano). Conseguenziale è dunque lo stato di allerta in cui sono entrate le maggiori organizzazioni di protezione dell’ambiente dopo la nomina di Kavanaugh (v. ad esempio qui).
Per quanto concerne più in generale l’approccio al judicial review of administration, Kavanaugh è annoverabile tra i promotori della c.d. “major rules” doctrine, a tenore della quale, mentre le agenzie amministrative sono generalmente ritenute in possesso dell’autorità di emettere regole che risolvano ambiguità dell’atto di legge che delega loro il potere (e ciò in virtù della c.d. dottrina Chevron), le stesse possono adottare una regolazione importante (una major rule), ovvero una norma di grande significato economico e politico, solo a condizione che siano dotate di una puntuale autorizzazione del Congresso. La dottrina è notoriamente vista con favore dal Chief Justice Roberts, che ha improntato l’amministrazione della Corte Suprema a una forma di neutralismo scettico della funzione giudiziaria: a questa dottrina il giudice Roberts ha informato la decisione in King v. Burwell, 2015 (riguardante la riforma sanitaria voluta dall’amministrazione Obama), e la stessa è stata impiegata e spiegata dalla stesso Kavanaugh con un recente dissenso fatto registrare in un caso vertente sulla regolazione improntata alla c.d. net neutrality.
In un intervento tenuto nel 2017 alla Notre Dame Law School, Kavanaugh ha poi direttamente citato Roberts che nella sua confirmation hearings aveva paragonato il ruolo del giudice a quello di un arbitro di una partita di baseball.
Muovendo anche da queste considerazioni, dunque, secondo alcuni commentatori (v. qui v. qui), con la sostituzione di swinging Kennedy, potrebbe finalmente avviarsi il ciclo di una Corte Roberts.
4.Su un altro versante, risulta ancora difficile, all’indomani del suo ritiro, destreggiarsi tra le letture sull’eredità della giurisprudenza del giudice Kennedy, da un lato caratterizzata dalle monumentali tappe nella lotta per i diritti civili firmate dalla sua penna, e dall’altro sempre molto legata alle politiche del Partito Repubblicano.
Le reazioni dall’area progressista alla notizia delle sue dimissioni hanno oscillato tra lo sconforto e il disincanto. Ma il sentimento di gran lunga dominante all’indomani della nomina di Brett Kavanaugh è la preoccupazione verso la tenuta del principio di diritto dichiarato nella sentenza Roe vs. Wade (1973) sul diritto all’interruzione di gravidanza, il cui totale overruling è stato più volte evitato proprio dal giudice Kennedy.
Particolare attenzione sta ad esempio destando il caso Garza v. Hargan, che prende le mosse dalla vicenda di una minorenne incinta e senza documenti, in custodia per violazione della legge sull’immigrazione irregolare, che voleva interrompere la gravidanza ma aveva incontrato il diniego dei suoi tutori nominati dall’amministrazione. Davanti alla decisione della Corte federale (ottobre 2017) di rimettere a quella distrettuale l’esecuzione di un’ingiunzione che permettesse all’adolescente di ottenere l’aborto, il giudice Kavanaugh, sostenendo invece l’opportunità di annullare quell’ordine, ha dichiarato che una simile pronuncia è fondamentalmente basata «on a constitutional principle as novel as it is wrong: a new right for unlawful immigrant minors in U.S. Government detention to obtain immediate abortion on demand».
Da parte dei senatori Democratici si avanza in queste ore l’ipotesi di interrompere la prassi secondo cui, in sede di confirmation hearings, non si interrogano i giudici nominati su come deciderebbero uno specifico caso. Il leader della minoranza al Senato, Chuck Schumer, sembra infatti intenzionato a rivolgere una netta domanda: «Do you support a woman’s constitutional right to an abortion, and will you vote to overturn the 1973 decision that guaranteed it nationwide, Roe v. Wade?».
5.Quanto alla tecnica interpretativa, nel citato intervento alla Notre Dame Law School, Kavanaugh ha chiarito la sua visione di giudice neutrale, in parte discostandosi dall’approccio puramente scettico sposato dal giudice Roberts. Secondo Kavanaugh, «[s]everal substantive canons of statutory interpretation, such as constitutional avoidance, legislative history, and Chevron, depend on an initial determination of whether the text is clear or ambiguous»; ma, piuttosto che sforzarsi di capire se una legge è chiara o ambigua, «judges should strive to find the best reading of the statute, based on the words, context, and appropriate semantic canons of construction».
Recensendo il libro di Robert Katzmann (Judging Statutes, Oxford University Press, 2014), Kavanaugh ha poi criticato il favore dell’autore verso l’impiego della storia legislativa per interpretare le leggi, ritenendo invece che «the decision whether to resort to legislative history is often indeterminate», e che l’uso della storia legislativa dovrebbe «largely limited to helping answer the question of whether the literal reading of the statute produces an absurdity».
Questo approccio è stato seguito da Kavanaugh nella sua attività giudiziaria. Ad esempio, in Heller vs. District of Columbia (2011) – un caso riguardante una legge adottata dopo che nel 2008 la Corte Suprema, guidata da Scalia, aveva dichiarato incostituzionale una precedente regolazione di armi da fuoco – Kavanaugh ha dissentito dalla maggioranza per aver applicato uno scrutinio talmente amplio da arrivare ad ammettere la validità della legge: secondo Kavanaugh, invece, Scalia e la Corte Suprema avevano lasciato «little doubt that courts are to assess gun bans and regulations based on text, history, and tradition, not by a balancing test such as strict or intermediate scrutiny».
Nelle dichiarazioni successive alla presentazione della sua nomina, Kavanaugh si è quindi affrettato a ribadire il mantra secondo cui il giudice «should interpret the law, not make the law» (3’20’’).
6.Dalla già vastissima produzione giurisprudenziale di Kavanaugh (per alcuni dati statistici v. qui) non sembrano emergere orientamenti ben consolidati in materia di diritti civili, libertà d’espressione e diritto penale.
L’ingente dimensione del fascicolo che lo riguarda, in ogni caso, lascia supporre che il Senato impiegherà non pochi mesi per preparare la confirmation hearing.