La democrazia partecipativa a sostegno della democrazia rappresentativa: quale futuro per la legislazione sul “fine vita” in Francia?
Quando si approccia lo studio delle questioni attinenti al “fine vita”, che sono meritevoli di particolare attenzione, è doveroso tenere in considerazione il grado di conflitto che le stesse possono generare tanto all’interno della società, quanto all’interno delle Aule parlamentari. Spesso, infatti, il confronto si tramuta in scontro etico tra soggetti e visioni opposte. Uno scontro che deriva da diverse contrapposizioni e che si può manifestare in molteplici modi: da un lato può manifestarsi tra soggetti istituzionali, quali il Parlamento e la Corte costituzionale – come ha dimostrato il caso italiano con le pronunce sul caso cd. “Cappato” (ord. 207 del 2018 e sent. n. 242 del 2019) –, dall’altro, coinvolge opposte visioni, vale a dire quella laica (orientata a rendere ammissibili misure quali il testamento biologico, il suicidio assistito, l’eutanasia attiva o passiva) e quella di ispirazione religiosa (che invece sono particolarmente reticenti perché si ritiene che tali questioni esulino dal controllo umano). Nondimeno, la contrapposizione coinvolge alcuni principi, come quello di autodeterminazione e quello solidaristico, nella misura in cui nel primo trova legittimazione il diritto del singolo a rifiutare le cure e a porre fine alla sua esistenza, mentre il secondo consacra il diritto alla vita ad ogni costo.
In tale prospettiva, si vuole in questa sede approfondire quanto sta accadendo all’interno dell’ordinamento d’Oltralpe. Proprio in Francia, il quadro normativo di riferimento è attualmente in discussione, in considerazione del recente cambio di paradigma che sembra essere ispirato a un orientamento maggiormente incline ad ampliare le maglie della legislazione.
È però doveroso partire dal presupposto che, in questo ordinamento, l’eutanasia è vietata, tant’è che il Codice penale francese la annovera tra le fattispecie di omicidio. L’art. 221-4 prevede, infatti, che l’omicidio commesso a danno di una persona che si trova in una situazione di particolare vulnerabilità, dovuta all’età, alla malattia, alla disabilità, alla deficienza fisica o mentale (nonché alla gravidanza) sia punibile con l’ergastolo.
In ragione di ciò, sin dagli anni Novanta, il Parlamento è intervenuto con una legislazione finalizzata a percorrere un binario diverso, vale a dire disciplinare le cure palliative e il consenso libero e informato del paziente (rispettivamente con la loi n° 91-748 du 31 juillet 1991 portant réforme hospitalière e con la loi n° 99-477 du 9 juin 1999 visant à garantir le droit à l’accès aux soins palliatifs). Il quadro è stato poi ampliato dapprima nel 2005, con la cd. legge Leonetti (loi n° 2005-370 du 22 avril 2005) relative aux droits des malades et à la fin de vie e, successivamente nel 2016, con la loi n° 2016-87 du 2 février 2016. Se con la prima legge l’obiettivo è stato principalmente quello di corroborare le cure palliative (trattamenti antidolorifici anche nel caso in cui possano accelerare il decorso della morte) e di introdurre le direttive anticipate del paziente (a condizione che siano state formulate meno di tre anni prima della perdita di coscienza), con la seconda si è fatto un ulteriore passo in avanti. Nel 2016 il legislatore è perciò intervenuto per introdurre la misura della sedazione profonda e continuativa fintantoché non sopraggiunga la morte, su richiesta del paziente, ovvero il diritto di quest’ultimo di rifiutare qualsiasi trattamento. La misura della sedazione profonda, che provoca un un’alterazione dello stato di coscienza e cui fa seguito la cessazione dei trattamenti medici, può riguardare solo pazienti affetti da una malattia grave e incurabile, quando oramai la morte è un evento imminente e inevitabile. Si comprende, dunque, come non sia la sedazione a portare alla morte del paziente, quanto piuttosto la stessa dipenda dalla naturale evoluzione della malattia.
Dopo alcuni tentativi di esaminare e approvare diversi progetti di legge sul fine vita (già nel 2012 ipotizzati dall’allora Presidente Hollande) e dopo il celebre caso giudiziario Lambert, il tema è progressivamente riemerso al centro del débat public national.
Il 13 settembre 2022, attraverso un Avis, il Comité consultatif national d’éthique (CCNE), nell’operare un bilanciamento tra il dovere di solidarietà nei confronti delle persone più fragili e il rispetto del principio di autodeterminazione del singolo, ha formulato un certo numero di raccomandazioni, tra cui il rafforzamento delle misure di salute pubblica nel campo delle cure palliative. Nel parere, il Comitato ha evidenziato “qu’il existe une voie pour une application éthique de l’aide active à mourir, à certaines conditions strictes avec lesquelles il apparaît inacceptable de transiger“.
Contestualmente, il Presidente della Repubblica Macron ha annunciato, proprio il 13 settembre 2022, l’intenzione di far ricorso a uno strumento molto peculiare qual è quello delle assemblee cittadine, che rientrano nella più ampia categoria della democrazia partecipativa. Tale istituto, nel coinvolgere un certo numero di cittadini, consente lo svolgimento di un dibattito su uno specifico tema ed è finalizzato a influenzare il decisore pubblico, ma non ad assumere una decisione. Pertanto, sulla base dell’esperienza della Convenzione dei cittadini sul clima, convocata come tentativo di risposta a fronte di una crisi di legittimazione della democrazia rappresentativa, che ha trovato il proprio apice in un’ondata di proteste particolarmente accese (mobilitazioni sociali dei Gilets Jaunes e dei movimenti per il clima), si è deciso di convocare una apposita assemblea monotematica, ridenominata Convention citoyenne sur la fin de vie. Un netto cambio di passo rispetto al precedente mandato presidenziale, durante il quale tanto il Presidente Macron, quanto il Governo, avevano deciso di limitarsi e rilanciare un piano di sviluppo per le cure palliative.
Dopo la lettera della Primo Ministro Borne, la gestione della Convenzione è stata affidata al Consiglio Economico, Sociale e Ambientale, in ragione della sua missione. A tal ragione, il CESE ha nominato un comitato di governance, presieduto da Claire Thoury (già membro del predetto organo), e composto da altri membri dello stesso CESE, da membri del Comitato consultivo nazionale di etica, da un’esperta specializzata in etica della salute, da un esperto del Centro nazionale per le cure palliative e di fine vita, nonché da alcuni esperti in partecipazione dei cittadini e da alcuni cittadini che hanno preso parte ai lavori dell’omologa Convenzione sul clima. Tale comitato di governance, che si è riunito sin dal 29 settembre 2022, ha assunto il compito di assicurare il monitoraggio metodologico del sistema e i principi di trasparenza e neutralità.
La Convenzione, invece, ha previsto la partecipazione di 150 cittadini, scelti sulla base del metodo del sorteggio affinché possano essere sufficientemente rappresentativi dell’intera popolazione francese, sulla base di sei criteri di reclutamento (come il genere, l’età, la tipologia di area urbana, la regione di origine, il livello di istruzione e la categoria socio-professionale di appartenenza).
L’interrogativo principale cui l’assemblea cittadina è chiamata a fornire una risposta riguarda il quadro legislativo di supporto al fine vita, vale a dire se lo stesso è adatto alle diverse situazioni incontrate o se, invece, dovrebbero essere introdotte alcune modifiche.
I lavori, orientati alla realizzazione di dibattito ordinato e approfondito su un tema complesso che tocca nel vivo sia i diritti del singolo sia quelli della collettività, sono stati articolati in quattro sessioni principali e ripartiti nei mesi di dicembre 2022 e gennaio-febbraio e marzo 2023. L’obiettivo di fondo dovrebbe essere quello di approvare una specifica legge entro la fine del 2023.
Dopo il discorso inaugurale della Primo Ministro Borne, nelle prime due sessioni (9, 10, 11 dicembre e 16,17 e 18 dicembre 2022) i membri hanno cominciato a familiarizzare con il tema, anche grazie alle audizioni svolte, mentre nella terza e nella quarta (intercorse rispettivamente nei giorni 8,9 e 10 gennaio e 20,21 e 22 gennaio 2023) non solo ha preso avvio la fase deliberativa, durante la quale i membri hanno discusso e condiviso gli argomenti alla base delle loro posizioni, ma hanno individuato le questioni prioritarie da trattare e proseguito la fase delle audizioni.
La Convenzione dei cittadini (che nel frattempo si è riunita già il 3-4-5 febbraio e lo farà ancora nei fino a metà marzo) è stata istituita sulla base di due principali esigenze: la prima di ordine specifico, in quanto il Governo vuole dimostrare una certa sensibilità dinanzi alla questione del fine vita, particolarmente divisiva e per questo complessa da affrontare. La seconda, di ordine più generale, che vede nella democrazia deliberativa il possibile strumento rafforzativo rispetto all’attuale crisi della democrazia rappresentativa. Sebbene le assemblee cittadine rappresentino uno strumento per lo più utile, una vera e propria forma di innovazione democratica partecipativa che può fornire un contributo importante nel sostenere il processo politico – e che Parlamento e Governo potrebbero utilizzare maggiormente –, le stesse dovrebbero essere ben innestate e indirizzate soprattutto nel rapporto dialogico con le istituzioni.
Ad ogni modo, le conclusioni della Convenzione, che dovranno essere raccolte dal CESE entro la fine del mese di marzo, serviranno per informare il Governo. Un interrogativo di fondo rimane però al momento inevaso, che riguarda proprio il futuro di tali proposte, anche se è possibile ipotizzare che verrà sostanzialmente seguita la strada intrapresa già dalla Convenzione sull’ambiente e, dunque, la presentazione di un progetto di legge da parte del Governo. In ogni caso, i risultati cui si dovrebbe giungere avranno una duplice funzione, da un lato contribuire alle decisioni governative rispetto alla possibilità di modificare il quadro normativo, dall’altro alimenteranno parimenti il dibattito parlamentare.
Alcune brevi riflessioni conclusive si impongono. L’attuale crisi di legittimazione delle istituzioni, combinata alla frammentazione e alla disintermediazione politica in atto, hanno portato negli ultimi mesi, per volontà dello stesso Macron, a una reviviscenza degli istituti di democrazia partecipativa, al fine di integrare i processi decisionali con le istanze direttamente provenienti dai cittadini in un’ottica di prossimità.
Dopo le aspre contestazioni di matrice sociale, cui si è cercato di rimediare proprio attraverso il Grand Débat, sembra essersi aperta una nuova fase della V Repubblica francese, più aperta alle istanze democratiche e finalizzata a ripristinare il circuito della rappresentanza, anche per scongiurare il processo di marginalizzazione del Parlamento.
Dinanzi al parziale ridimensionamento del fait majoritaire, che aveva consentito al Governo di avere una maggioranza stabile e fedele su cui contare per tutta la durata del mandato, l’ordinamento francese sembrerebbe rispondere anche attraverso l’armamentario del parlamentarismo razionalizzato costituzionalmente previsto. Dovendo fare i conti con la presenza di una maggioranza relativa in Parlamento, il Governo si è visto costretto a ricorrere a numerosi voti di fiducia ex 49-3 Cost. per dare attuazione ai propri impegni programmatici.
Stante perciò questa situazione e pur apprezzando l’obiettivo specifico, ossia quello di giungere all’elaborazione di una proposta di legge in materia di eutanasia/suicidio assistito, è opportuno ricordare che la democrazia partecipativa non è un sostituto né un’alternativa alla democrazia rappresentativa, anche nel caso in cui quest’ultima viva momenti di crisi come quello contingente. Un sostegno, dunque, nella misura in cui la ragione sottesa alla istituzione dell’assemblea potrebbe trovare verosimilmente spiegazione nel maggiore grado di apertura da parte della società rispetto a quello presente all’interno delle aule parlamentari. Un sostegno che potrebbe essere strumentalmente utilizzato affinché svolga la funzione di traino, portando perciò alla formulazione di una proposta di legge che giunga all’approvazione. È attraverso gli organi (e gli istituti) rappresentativi che si esplica la sovranità popolare e, pertanto, il Parlamento rimane il luogo di mediazione per eccellenza, cui spetterà il compito di legiferare in una materia così complessa come quella ivi trattata.