Il Gender Recognition Reform (Scotland) Bill e il nuovo capitolo dello scontro istituzionale Scozia – “Governo centrale” britannico
Il 16 gennaio 2023, con l’applicazione della Sezione 35 dello Scotland Act del 1998 al Gender Recognition Reform (Scotland) Bill (GRRb), approvato dal Parlamento scozzese, si è aperta una nuova saga della devolution britannica. Tale processo impone delle considerazioni sul contenuto della legge, quindi la tutela delle persone transgender, ma anche e soprattutto sul rapporto fra organi centrali e decentralizzati e sulla portata del principio di uguaglianza nel territorio britannico.
Prima di analizzare il merito della questione è necessario ricordare alcuni caratteri propri dell’ordinamento britannico.
Il primo è inerente ai rapporti fra Stato centrale ed enti devoluti. Lo scontro istituzionale in atto evidenzia alcune questioni irrisolte del federalizing process sui generis del Regno Unito. In particolare, più che i problemi in tema di divisione di competenze, risultano evidenti le lacune del modello di governance territoriale, sia in termini di strumenti intergovernativi che in termini di presenza di un sistema in grado di funzionare in maniera effettivamente e compiutamente decentralizzata.
Il secondo elemento da tenere in considerazione – strettamente correlato al primo – è quello relativo all’assenza, nel sistema britannico, di un Bill of rights che porti a svolgere un bilanciamento fra diritti federali, federati e principio di uguaglianza. Il GRRb scozzese permetterebbe infatti di avere diritti civili “più favorevoli” alle persone in transizione nella sola Scozia, determinando una disomogeneità non solo dei diritti sociali, ma anche di quelli civili sul territorio britannico. Non appare un caso che l’intento dichiarato del Governo britannico nell’applicazione della Section 35 dello Scotland Act 1998 sia stato (anche) quello di tutelare l’uguaglianza dei cittadini e garantire l’uniformità della legge sul territorio nazionale.
Fatte queste premesse è dunque possibile esaminare il contenuto del GRRb.
Il background del GRRb è da ricondurre alla lenta opera di adeguamento dell’ordinamento britannico agli standard internazionali in tema di cambio di sesso. Fino al 2004, su tutto il territorio del Regno Unito non era, infatti, riconosciuto alle persone transessuali l’identificazione nel “nuovo” sesso, in particolare rispetto al documento di nascita e alla possibilità di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso (questione in parte superata dalle legislazioni sul same sex marriage della seconda decade degli anni 2000). Nel 2004 – anche a seguito della decisione della Corte Edu Goodwin v United Kingdom e del caso Bellinger v Bellinger [2003] della House of Lords – è stato infine emanato il Gender Recognition Act (GRA), che ha sanato questa lacuna.
Il riconoscimento legale dell’identità delle persone transessuali predisposto dal GRA si basa, in estrema sintesi, sulla possibilità di ottenere un “full gender recognition certificate by a Gender Recognition Panel” qualora si integrino determinati presupposti. Fra questi: a) avere o aver avuto una gender dysphoria; b) aver vissuto “in the acquired gender throughout the preceding two years”; c) ed esprimere l’intenzione “to continue to live in the acquired gender until death”. In questo scenario, nel 2004 il governo scozzese a guida laburista con una Legislative Consent Motion, la c.d. mozione Sewel (S2M-813) sostenuta dal Deputy Minister for Justice Hugh Henry, aveva “devoluto” alla legislazione britannica la questione del riconoscimento dell’identità legale delle persone transgender (per ragioni di velocità e uniformità), fra le proteste di Nicola Sturgeon, all’epoca all’opposizione, che premeva per discutere la questione al Parlamento scozzese.
Negli anni, il GRA non è stato ritenuto completamente soddisfacente da (almeno) una parte della comunità transgender e, nell’ultimo quinquennio, si sono avute varie consultazioni pubbliche sui requisiti del GRA che hanno portato il governo scozzese, guidato dallo Scottish National Party (SNP), a proporne un emendamento nel 2022.
Dopo l’iter legislativo nelle commissioni e le audizioni, l’atto è stato emanato dal Parlamento scozzese con 86 voti a favore e 39 contrari. In sintesi, il GRRb ha modificato requisiti e tempi per l’ottenimento del certificato. In particolare, l’atto ha previsto fra i criteri per ottenere il certificato che il richiedente: a. “is aged 16 or 17 and has lived in the acquired gender throughout the period of six months ending with the day on which the application is made, or” b. “is aged at least 18 and has lived in the acquired gender throughout the period of three months ending with the day on which the application is made” (Sezione 4, Grounds on which application to be granted, GRRb). Inoltre, è stata disciplinata la possibilità di avere diversi tipi di Gender Recognition Certificate (GRC) che verrebbero emessi in circostanze diverse (GRC “completi” e GRC “provvisori”) (Sezione 6, Certificate to be issued, GRRb). L’atto ha rimosso anche la necessità della diagnosi di gender dysphoria. In questo senso occorre rilevare che non sempre le persone transgender sviluppano la disforia di genere e i sintomi ad essa associati: la proposta andava dunque nella direzione del riconoscimento di un’autoidentificazione di genere senza diagnosi medica.
Come anticipato, il GRRb è stato bloccato dal Secretary of State for Scotland Alister Jack, che ha annunciato la prima ordinanza ai sensi della sezione 35 dello Scotland Act 1998 nella storia della devolution britannica. La ragione formale di tale applicazione della Sezione 35 è stata la supposta problematica compatibilità del GRRb con l’Equality Act 2010, ma nel dibattito pubblico sono state sollevate anche questioni correlate alle patenti, ai passaporti e a più ampie ragioni di sicurezza pubblica.
Certo è che in questa vicenda diversi temi si intersecano. Nel quadro di un federalizing process sui generis come quello della devolution, senza una carta costituzionale né una vera e propria corte suprema/costituzionale che agisca come arbitro dei conflitti stato-regioni (malgrado il ruolo sempre più centrale della Corte Suprema, come dimostrato nel caso del referendum sull’indipendenza della Scozia), il tema istituzionale emerge con forza. La questione appare però declinabile in una maniera che trascende il mero nodo competenziale. Il GRRb ricade difatti nelle materie devolute ma impatta su altre di competenza esclusiva del Parlamento nazionale: in questo senso il GRRb ha conseguenze su quegli elementi costituzionali che sul continente si definirebbero diritti fondamentali.
La prima questione da analizzare è allora la portata espansiva ed asimmetrica dei diritti delle persone transessuali che la proposta potrebbe determinare. In assenza di una definizione degli standard minimi dei diritti fondamentali centrali (si pensi alla dottrina dello standard minimo, c.d. Mindeststandardlehre, affermata dalla Corte costituzionale tedesca) è difficile valutare come interpretare lo spazio di azione delle unità subnazionali nel Regno Unito. Se infatti il principio di uguaglianza, declinato come rispetto del core dei diritti fondamentali federali, guida l’interpretazione delle Corti in questa materia e gli spazi di azione delle unità federate, ci si potrebbe chiedere su quali basi interpretative ci potrà essere una decisione della Corte Suprema britannica in materia. La questione sembra infatti essere destinata a essere risolta dalle corti: il governo scozzese appare cercare lo scontro istituzionale, come rilevabile dalle dichiarazioni politiche dello Scottish National Party. In questo senso, lo scrutinio sulle reasonable grounds in relazione all’interferenza del GRRb con l’Equality Act nasconde qualcosa di più profondo: la necessità di trovare una regola di funzionamento per quel particolare federalizing process chiamato devolution.
In secondo luogo, tale tema appare intrinsecamente connesso al nuovo ruolo che la Corte Suprema del Regno Unito finirebbe così per acquisire in mancanza di una tradizione consolidata di contenzioso fra “regioni” e stato centrale; contenzioso risolto in passato per lo più per via politica. È evidente che maggiormente il sistema delle autonomie inglese progredirà e si farà conflittuale – come fisiologicamente avviene in molti federalizing process – maggiormente la Corte suprema dovrà assumere un ruolo di controllo e di risoluzione dei conflitti che precedentemente non le era proprio.
Da ultimo, si può guardare alla questione del contenuto della legge e alla presunta discriminazione delle donne che si creerebbe con l’ampliamento della platea dei soggetti riconosciuti dal GRRb rispetto al GRA. È opportuno parlare di un mero ampliamento numerico dei supposti casi di discriminazione perché, a tutti gli effetti, tali supposte discriminazioni generate dall’attribuzione del sesso in base al certificato e non in base al sesso biologico originale erano già implicite e sussistenti nel GRA del 2004: vero è che l’Equality Act, ad esempio nelle azioni positive che propone, può condurre ad applicazioni discutibili rispetto alle donne nate uomini, ma il tema era già sul tavolo nel 2004. L’argomentazione in realtà ripropone quella vexata quaestio circa l’estensione di alcuni diritti alle donne nate con un sesso biologico differente, che connota vari ambiti del dibattito pubblico in materia. In questo senso, è possibile rilevare come l’opposizione del governo britannico si sia basata in particolare sull’ipotizzata alterazione di un complesso meccanismo che, sempre secondo il governo, legava il GRA del 2004 all’Equality Act, oltre che sulle problematiche di un regime legale non uniforme per le persone transgender sul territorio britannico e sui rischi di frode insiti nel bill scozzese.
In questo contesto, sembra però che l’aspetto contenutistico dell’atto, l’abbassamento dell’età per il certificato e la riduzione dei controlli terzi (es. diagnosi), trovi poco spazio rispetto alla questione istituzionale. La questione contenutistica appare difatti lentamente scivolare fuori dal dibattitto assumendo sempre maggior pregnanza la questione istituzionale. L’uso dell’arma atomica – secondo l’espressione di Lord Falconer – della Sezione 35 per una scaramuccia minore (“It’s a nuclear weapon used in a minor skirmish”), ha già causato frizioni in Galles e probabilmente rappresenterà un nuovo importante stress test per il sistema territoriale britannico. Non pare un caso che lo SNP parli di “direct attack on the institution of the Scottish Parliament” e della necessità di “defending Scottish democracy”.