Il “costituzionalismo elettorale europeo” nella riflessione di Giacomo Delledonne, Costituzione e legge elettorale. Un percorso comparatistico nello Stato costituzionale europeo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019
Lo studio di Giacomo Delledonne si colloca nel quadro di un processo culturale che negli ultimi anni ha visto la dottrina costituzionalistica italiana affrontare, in modo sempre più approfondito, le tematiche attinenti alle leggi elettorali, per lungo tempo oggetto di riflessione prevalentemente da parte degli scienziati della politica. Le questioni relative al c.d. diritto elettorale erano infatti confinate a profili marginali del costituzionalismo, ritenendosi meritevole di attenzione la scelta generale del sistema elettorale ma non anche le c.d. technicalities, che venivano, quasi spregiativamente, rimesse alla competenza dei “tecnici”. Questi ultimi divenivano quindi una sorta di sherpa degli opinion makers e, soprattutto, dei decision makers.
Questo approccio della scienza costituzionalistica precedeva e si affiancava ad un atteggiamento timido della Corte costituzionale, che – specie con riguardo alla normativa concernente l’elezione dei componenti della Camera e del Senato – si traduceva in un limitato controllo sia dal punto di vista sostanziale, in ragione di un comprensibile self-restraint rispetto alle regole del gioco politico stabilite dal legislatore, sia dal punto di vista processuale, in considerazione della difficoltà di concepire una modalità di accesso al Giudice delle leggi rispettosa della natura incidentale del giudizio di legittimità costituzionale.
Con riguardo a entrambi i suddetti punti di vista, la svolta giurisprudenziale rappresentata dalle sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 ha dato la stura a una stagione di rinnovato interesse degli studiosi, contribuendo, per questo verso, a consegnare una dignità “costituzionale” ai temi del diritto elettorale.
A ciò si aggiunga che, a partire dal referendum elettorale del 1993 e, soprattutto, nell’ultimo decennio, si è progressivamente fatta spazio nella dottrina costituzionalistica la consapevolezza dell’estrema “mobilità” dei sistemi elettorali di Camera e Senato, i quali nel breve volgere di venti anni sono stati ripetutamente modificati e avrebbero potuto essere oggetto di ulteriori mutamenti se fossero stati dichiarati ammissibili e poi approvati i numerosi quesiti referendari portati all’attenzione della Corte costituzionale. Ciò ha comportato il superamento di alcuni «dati ricorrenti» (p. 13) come quelli della «stabilità» e del «radicamento» della legislazione elettorale.
Quest’ultima è stata quindi soggetta, prima ancora delle modifiche legislative, a un vero e proprio mutamento di paradigma culturale, che ha portato la “questione elettorale”, in tutti i suoi aspetti, al centro del dibattito scientifico, oltre che politico.
Un importante contributo, nella medesima direzione, è stato fornito dal processo di trasformazione che ha coinvolto gli attori politico-partitici; se ci limitiamo a guardare la realtà italiana – ma analoghe considerazioni potrebbero svolgersi per altre liberal-democrazie – è facile rilevare che la profonda alterazione del quadro politico-partitico non poteva non incidere sulla “mobilità” dei sistemi elettorali, in un rapporto che non si esaurisce nel mero nesso di causa (l’alterazione) ed effetto (la mobilità), ma va oltre, nel senso che la perdurante instabilità delle leggi elettorali non ha certo giovato – né poteva giovare – a stabilizzare il quadro politico.
Se quello anzidetto è il contesto in cui si colloca lo studio di Delledonne, il grande merito di questo lavoro risiede non solo nella lettura unitaria di questi fenomeni, ma soprattutto nella capacità di andare oltre le peculiarità del singolo ordinamento, accostando esperienze e tendenze anche significativamente diverse tra loro. Da questo punto di vista, l’aver esteso l’indagine ad alcune esperienze europee, in ragione dell’appartenenza a una comune “famiglia giuridica”, contribuisce a rafforzare la tesi di fondo; numerosi sono, infatti, i riscontri che dall’analisi comparata discendono. Al contempo, non può escludersi che anche nell’esperienza di altri Paesi – in virtù della sempre più significativa circolazione dei modelli – siano rinvenibili elementi a sostegno del legame tra materia costituzionale e materia elettorale. In altre parole, se il diritto elettorale è ormai entrato, con piena dignità, nel dibattito costituzionalistico contemporaneo, non può escludersi che atti legislativi o asserzioni giurisprudenziali assunti in contesti ordinamentali assai lontani da quello europeo possano contribuire ad arricchire la ricerca scientifica sul tema.
Al netto di questa osservazione, lo studio di Delledonne si segnala perché spinge la riflessione in materia su un punto assai controverso: quello della presunta neutralità della Costituzione rispetto al sistema elettorale. Da questa prospettiva, l’Autore non si accontenta di prendere atto delle innegabili interazioni esistenti tra normativa elettorale e sistema dei partiti e di entrambi con la forma di governo, ma si chiede se la Costituzione abbia «qualcosa da dire sulla legge elettorale» (pp. 39 ss.). A questo interrogativo Delledonne dà una risposta sicuramente positiva con alcune precisazioni che non smentiscono l’assunto principale. In particolare, Egli sottolinea che «quasi sempre nei processi costituenti la discussione sui temi elettorali è fortemente pregiudicata da decisioni prese prima dell’inizio del processo e che ne costituiscono il necessario presupposto» (p. 131). Aggiungerei che si tratta di un dato pressoché inevitabile, costituendo, la normativa elettorale, la principale forma di razionalizzazione delle regole del gioco politico.
A queste conclusioni Delledonne arriva sulla scorta di un’attenta ricostruzione di alcuni «episodi» del costituzionalismo europeo del Novecento, a partire dalla Costituzione di Weimar del 1919 e del peso che questa esercitò sulla Costituzione tedesca del 1949. Il ragionamento dell’Autore non si esaurisce, però, nella mera rilettura degli «episodi» costituenti presi in esame, ma – in modo assai raffinato – si interroga sul significato del silenzio serbato dai Costituenti stessi, che in taluni frangenti appare molto «eloquente» (p. 53). Questo approccio, per un verso, consente di superare l’inaridimento che deriverebbe dalla mera prospettiva testualista nella lettura delle disposizioni costituzionali, ma, per altro verso, si espone alla critica della possibilità di una opposta interpretazione del «silenzio».
Da questo punto di vista, l’Autore non manca di rilevare come la scelta del «silenzio» costituzionale sul sistema elettorale sia spesso accompagnata dalla contestuale decisione di adottare una certa legge elettorale piuttosto che un’altra. Ciò troverebbe conferma anche nell’esperienza italiana, oltre che in quella tedesca. Del tutto peculiare si presenta, invece, il caso francese, caratterizzato da «una relativa estraneità fra materia costituzionale e materia elettorale»; ciò nondimeno, Delledonne coglie in alcuni sviluppi delle dinamiche della forma di governo degli anni Ottanta i segnali di una riconsiderazione dell’idea della relativa estraneità (p. 80). Ancora più singolare è la vicenda della Costituzione spagnola del 1978, che ha visto la costituzionalizzazione del sistema elettorale già esistente; qui il legame tra Costituzione e normativa elettorale raggiunge all’apparenza il punto di massima unione. Se però si va oltre la sensazione “superficiale”, si scopre che il peso della c.d. «inerzia» (cioè della costituzionalizzazione del sistema esistente) non trova fondamento in un acritico recepimento della normativa in vigore (nella c.d. «inercia por la inercia», p. 88) ma nella «consagración de un sistema electoral que está ya legitimado».
Al contempo, la costituzionalizzazione di un determinato sistema elettorale non necessariamente si traduce nella formulazione di indicazioni precise nei confronti del legislatore (p. 98). In altre parole, Delledonne dimostra persuasivamente che il legame tra Costituzione e normativa elettorale non comporta l’automatica costituzionalizzazione di quest’ultima e che, dunque, il primo prescinde dalla seconda. Di qui l’analisi di quelli che l’Autore definisce «oggetti» e «argomenti», che però – a mio parere – costituiscono anch’essi profili legati agli «episodi»: si pensi, per tutti, ai dibattiti relativi alla c.d. «lotta per la proporzionale», che giungono «al termine» con l’esperienza weimeriana. Da questo punto di vista, le diverse posizioni sulla rappresentanza proporzionale tenute, nello stesso lasso temporale, da Kelsen e da Smend sono figlie del loro tempo e sono ricollegabili a un diverso modo di leggere la medesima realtà politico-partitica.
Gli autentici argomenti a sostegno del legame tra la materia elettorale e quella costituzionale paiono, piuttosto, quelli che Delledonne qualifica come «gli “altri” riferimenti costituzionali» e cioè «il principio dell’eguaglianza del voto», «la parità di chances fra i partiti politici» e «le dimensioni delle assemblee rappresentative». Lo stesso Autore riconosce, sul punto, che non si tratta certo di principi residuali o marginali, quanto – nel caso del principio dell’eguaglianza del voto – della «vera pietra angolare delle giurisprudenze costituzionali in questo ambito».
A quest’ultima parte del Capitolo I si ricollega strettamente l’analisi giurisprudenziale svolta nel Capitolo II, che costituisce la struttura portante dello studio monografico. La disamina dell’evoluzione giurisprudenziale dei principali Tribunali costituzionali dei Paesi europei rappresenta, infatti, l’elemento in grado di confermare l’assunto di fondo e contribuisce a individuare i connotati di quello che potrebbe definirsi come il “costituzionalismo elettorale europeo”, cioè quell’insieme di principi in materia elettorale che sono ormai entrati a far parte del patrimonio costituzionale europeo. In questa prospettiva si collocano anche i principi sovranazionali del sistema CEDU in materia elettorale e la riflessione sulla legge per le elezioni del Parlamento europeo, oggetto di studio nel Capitolo III.
L’affermazione recata nelle conclusioni di questo lavoro, secondo cui «gli strumenti e i congegni che caratterizzano una certa legge elettorale costituiscono sempre il riflesso di opzioni in vario modo ricollegabili ai principi costituzionali» (p. 259), rappresenta il punto di arrivo della riflessione di Delledonne. Si tratta di un esito nient’affatto scontato, che trova fondamento nell’esame dei diversi contesti politico-partitici svolto nel Capitolo I e, soprattutto, nella ricostruzione giurisprudenziale operata nei Capitoli II e III.
La neutralità dei principi costituzionali rispetto alla scelta del sistema elettorale pare ormai una tesi definitivamente superata e in questa prospettiva lo studio di Delledonne rappresenta un significativo passo avanti nell’elaborazione dottrinale.