Il conflitto tra regione e Stato sulla situazione dei minori stranieri non accompagnati nelle Isole Canarie

1. L’aumento del numero di minori stranieri non accompagnati che arrivano alle Canarie ha messo in grave difficoltà le autorità regionali. I centri di accoglienza, già al collasso da mesi, faticano a sostenere i costi di gestione, costringendo le autorità a richiedere urgentemente supporto.
Di fronte alla mancanza di risorse e alla situazione d’emergenza, il governo delle Canarie ha adottato un protocollo che prevede un maggiore intervento della polizia quando i minori arrivano sul territorio. Tuttavia, questo atto è stato impugnato dal governo centrale davanti al Tribunal Constitucional (TC), con l’accusa di violare i diritti fondamentali e le competenze regionali in materia di immigrazione e assistenza ai minori.
Per gli studiosi di diritto costituzionale, questa vicenda solleva questioni interessanti. In primo luogo, mette in evidenza come il principio costituzionale della solidarietà interregionale, sancito dall’articolo 138 della Costituzione spagnola (CS), non venga effettivamente messo in pratica: i negoziati sembrano bloccati, e la cooperazione risulta complicata. In secondo luogo, sarà cruciale osservare la risposta del TC, che dovrà affrontare il delicato equilibrio nella distribuzione territoriale delle responsabilità. Non meno rilevante è l’aspetto del diritto internazionale, poiché la Spagna ha l’obbligo di garantire il superiore interesse del minore, nel rispetto degli obblighi assunti a livello internazionale.

2. La delicata questione dei minori stranieri non accompagnati ha generato forti tensioni tra il governo delle Canarie e quello centrale negli ultimi mesi. Sebbene la crisi migratoria nelle Isole Canarie non sia nuova, la situazione attuale ha aggravato la pressione sul sistema di accoglienza, portando a gravi violazioni dei diritti dei minori.
Il protocollo statale del 2014 prevede che l’Amministrazione regionale corrispondente assuma la tutela del minore dopo il fallimento del tentativo di rintracciare un parente nello Stato d’origine o sul territorio. L’articolo 35, comma 12, della Legge sugli stranieri consente alle Comunidades Autónomas (CC.AA.) di stipulare accordi per la redistribuzione dei minori. Tuttavia, il carattere volontario di questa opzione rappresenta un problema, poiché la situazione migratoria, fortemente politicizzata, ha portato ad alcune CC.AA. a rifiutare l’accoglienza dei minori, nonostante il principio di solidarietà interregionale. Consacrato negli articoli 2 e 138 CS, non è in realtà delineato in modo preciso nel testo, non stabilendo gli strumenti attraverso i quali lo Stato può garantire tale solidarietà (Tajadura Tejada, 2007). Inoltre, i riferimenti fatti sono per lo più di carattere economico, come nel caso del Fondo di Compensazione Interterritoriale (articolo 158.2 CS), lasciando un vuoto normativo riguardo alla cooperazione tra CC.AA. nella gestione di situazioni di emergenza sociale
Come osserva Sevilla Duro (2022), maggiore è la decentralizzazione, maggiore è la necessità di solidarietà. Dunque, ci si potrebbe chiedere se esista un obbligo legale per le CC.AA. di partecipare a questo processo di redistribuzione. Una tale responsabilità potrebbe essere interpretata come parte del dovere di solidarietà interregionale, non solo in senso economico ma anche sociale e umanitario. Tuttavia, data la mancanza di obblighi espliciti nella normativa vigente, la redistribuzione rimane una scelta politica, con conseguenze dirette sui diritti dei minori. Il confronto con altri Paesi, come l’Italia, offre uno spunto interessante per riflettere su modelli di governance alternativi. In Italia, lo Stato ha un ruolo di coordinamento più centrale nella gestione dei minori stranieri non accompagnati. I centri di prima accoglienza sono istituiti su base regionale o interregionale tramite decreto statale e la loro gestione può essere affidata ad enti locali, enti pubblici o privati attivi nei settori dell’immigrazione o dell’assistenza sociale (articolo 9 decreto legislativo 142/2015).
Alla luce di queste differenze, diventa necessario considerare la sostenibilità a lungo termine del modello spagnolo. Le CC.AA. situate in zone di confine, come le Isole Canarie, l’Andalusia o le città autonome di Ceuta e Melilla, sono sottoposte a una pressione crescente che difficilmente può essere sostenuta senza una collaborazione più sistematica con altre CC.AA.. In assenza di meccanismi vincolanti e di chiari incentivi, affidarsi esclusivamente alla solidarietà interregionale per gestire il sistema di accoglienza può portare a potenziali violazioni dei diritti e a compromettere la qualità delle condizioni di accoglienza dei minori. Questo scenario è paragonabile a quello osservato nei Paesi mediterranei, come Italia, Spagna e Grecia, in relazione agli altri Stati membri dell’UE e ai meccanismi di solidarietà che dovrebbero essere applicati.
In seguito ai molteplici appelli del governo delle Canarie per una risposta coordinata, una delle proposte chiave è la riforma dell’articolo 35 della Legge sugli stranieri, per rendere obbligatoria la redistribuzione quando una Comunidad Autónoma supera il 150% della sua capacità di accoglienza. Tuttavia, la proposta è stata respinta con 177 voti contrari contro 171 favorevoli e un’astensione.

3. A inizio settembre del 2024, il Governo regionale delle Isole Canarie ha attuato un protocollo per gestire l’arrivo dei minori stranieri nella Comunidad Autónoma, prevedendo procedure di polizia prima dell’ingresso nel sistema di affidamento, il quale deve essere autorizzato dalla regione. Questa risoluzione, criticata per l’ulteriore violazione dei diritti dei bambini, è stata sospesa dal Tribunal Superior de Justicia de Canarias (TSJC) di urgenza su richiesta della Procura. Dopo aver ricevuto in udienza il Governo delle Canarie, il TSJC ha confermato la sospensione del protocollo riconoscendo l’evidente rischio di abbandono dei minori.
Anche il governo centrale ha impugnato la risoluzione di fronte al TC, invocando l’articolo 161.2 della Costituzione spagnola, come previsto dall’articolo 60 della legge organica 2/1979. L’articolo 161.2 CS, ispirato all’articolo 127 della Costituzione italiana (nel testo anteriore alla legge costituzionale 3/2001), consente al governo di sollevare questioni di legittimità costituzionale sugli atti non legislativi e le risoluzioni adottati dalle CC.AA.. Questo meccanismo favorisce in maniera evidente lo Stato rispetto alle CC.AA., in quanto impone un controllo centrale forte sulle decisioni regionali. A differenza di quanto avviene in Italia dopo la riforma del Titolo V del 2001, dove il sistema offre alle CC.AA. la possibilità di impugnare gli atti statali, il modello spagnolo rimane sbilanciato a favore del governo centrale. Il TC ha ammesso la sfida, accogliendo le preoccupazioni del governo centrale riguardo alla possibile violazione dei diritti fondamentali e delle competenze regionali in materia di immigrazione e assistenza ai minori non accompagnati. Secondo la normativa, il TC ha cinque mesi di tempo per decidere se confermare o revocare la sospensione temporanea del protocollo.

4. Il sovraffollamento nei centri e le inadeguate condizioni in cui si trovano costituiscono una violazione degli obblighi internazionali della Spagna, in particolare nell’ambito della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La Convenzione stabilisce che tutti i minori hanno diritto a essere protetti da ogni forma di abuso, abbandono o trattamento disumano e degradante, e che le loro condizioni di vita devono essere compatibili con la loro dignità e il loro benessere psicofisico.
Nonostante la Spagna abbia un sistema decentralizzato in cui le CC.AA. hanno competenze in materia di assistenza sociale, inclusa la protezione dei minori, la responsabilità ultima di garantire il rispetto degli obblighi internazionali rimane dello Stato. Il principio della responsabilità statale è chiaro: indipendentemente dalla distribuzione interna delle competenze tra Stato e CC.AA., il governo centrale rimane il garante finale dell’osservanza dei trattati internazionali ratificati. In altre parole, anche se le CC.AA. assumono la tutela dei minori, lo Stato spagnolo, attraverso i suoi meccanismi di supervisione e coordinamento, è chiamato a intervenire se si verificano violazioni sistematiche dei diritti umani, come nel caso del sovraffollamento dei centri.
I negoziati hanno subito un aggravamento dopo che il Partito Popolare (PP) ha abbandonato il tavolo, accusando il governo centrale di opporsi alla redistribuzione dei minori in altri Paesi europei. Una lettera inviata dal presidente della Commissione Europea all’europarlamentare Dolors Montserrat, del PP, sembra suggerire che tale redistribuzione fosse stata proposta. Tuttavia, il governo spagnolo ha chiarito che si tratta di una misura non concreta, sottolineando che la redistribuzione all’interno dell’UE rimane volontaria.
Il presidente del governo centrale, Pedro Sánchez, ha annunciato una imminente riforma della Legge sugli stranieri, che sarà presentata al Consiglio dei Ministri il mese prossimo. Inoltre, è stata avanzata una richiesta alla Commissione Europea per anticipare al 2025, anziché al 2026, l’applicazione del patto migratorio. La recente creazione del Ministero dell’Infanzia e della Gioventù nel governo di Sánchez, insieme al ruolo di Ángel Víctor Torres, ex presidente delle Isole Canarie e attuale Ministro delle Politiche Territoriali, potrebbe influenzare l’approccio del governo centrale a questo problema.
In sintesi, la situazione dei minori non accompagnati nelle Isole Canarie è allarmante. I centri di accoglienza sono al collasso, le risorse scarseggiano e il coordinamento tra enti è inefficiente. La mancata applicazione della solidarietà interterritoriale continua a mettere in pericolo una delle popolazioni più vulnerabili. Ciò solleva una domanda: è necessario un nuovo modello di governance che permetta una gestione più coordinata? Tuttavia, qualsiasi nuovo modello di governance richiederà una chiara volontà politica da parte delle amministrazioni coinvolte. Senza questa volontà, il rischio è che la crisi si perpetui, con gravi implicazioni per i diritti e il benessere dei minori.