Federico Fabbrini, Fundamental Rights in Europe. Challenges and Transformations in Comparative Perspective (Oxford University Press, Oxford), 2014
Il libro qui recensito rappresenta la versione rivista e aggiornata della tesi di dottorato discussa dall’Autore presso l’Istituto universitario europeo di Fiesole. Si tratta di un lavoro dove Fabbrini ripropone tesi in parte anticipate in articoli pubblicati su prestigiose riviste internazionali (fra cui, a titolo esemplificativo, ricordiamo la European Constitutional Law Review e il Georgetown Journal of International Law). Il volume si divide in sei capitoli a cui si aggiungono un’Introduzione- in cui l’obiettivo e la struttura del lavoro vengono presentati al lettore- ed una breve sezione conclusiva.
La premessa da cui Fabbrini prende le mosse è la simultanea protezione offerta ai diritti umani dai diversi livelli ordinamentali: Costituzioni nazionali, CEDU e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (e Trattati sovranazionali) sono appunto viste come le “Carte” a cui la pluralità di attori fa riferimento nella “complex constitutional architecture” europea (p. 1). Scopo della ricerca è analizzare le implicazioni di tale architettura e le interazioni dinamiche fra gli ordinamenti coinvolti. Per tentare di rispondere alle questioni sollevate dalle dinamiche multilivello, Fabbrini adotta un approccio comparatistico: “The core methodological claim of the book is that the comparative approach provides the most suitable laboratory to explain the constitutional dynamics at play in the European multilevel human rights architecture. In particular, on the basis of several structural and normative arguments, the book maintains that the European multilevel human rights architecture can be meaningfully compared with the federal system of the United States (US)” (p. 1).
Seguendo questa schema, secondo l’Autore, fra gli ordinamenti si sviluppano dinamiche diacroniche e sincroniche che, a volte, creano tensioni, dovute essenzialmente alla questione dei diversi standard di protezione. Con riferimento alle interazioni sincroniche, Fabbrini distingue la natura di tali tensioni a seconda di come operi concretamente lo standard di protezione stabilito a livello transnazionale: “The nature of these tensions, however, varies depending on whether the standard of protection of a given human right at the transnational level operates as a ceiling—a maximum level of protection that cannot be superseded by state law—or as a floor—a minimum that can be integrated and enriched by state law” (p. 1 e 2). Due sono in questo senso le questioni che risultano dalle interazioni sincroniche fra ordinamenti caratterizzati da diversi standard di protezione: “A challenge of ineffectiveness emerges when a transnational law setting a ceiling of protection for a specific human right interacts with state laws which ensure a more advanced standard of protection for that right. In this situation, transnational law challenges the effectiveness of the vanguard states’ standard and pressures it toward the less protective maximum set at the transnational level, while leaving the standard in force in the laggard states unaffected. Conversely, a challenge of inconsistency arises when a transnational law setting a floor of protection for a specific human right interacts with state laws which ensure a less advanced standard of protection for that right. In this situation, transnational law challenges the consistency of the laggard states’ standard and pressures it toward the more protective minimum set at the transnational level, while leaving the standard in force in the vanguard states unaffected” (p. 2).
Questo riferimento alle tensioni/sfide (“challenges”) create dall’interazione fra ordinamenti spiega la prima parte del sottotitolo del libro e conduce il lettore alla seconda parte dello stesso, ovvero all’idea delle trasformazioni (“transformations”) indotte dalle dinamiche diacroniche. Per trasformazioni Fabbrini intende proprio i cambiamenti dovuti, negli anni, alle reciproche influenze fra livelli; diremmo, cause ed effetti derivanti proprio dalle tensioni descritte precedentemente. Da notare anche l’intento dell’Autore che descrive il contenuto della propria ricerca come “analytical ” piuttosto che come “normative” (p. 3), non essendo il lavoro finalizzato alla costruzione di una “legal or political theory” (p. 3).
Su queste premesse- concettuali e metodologiche- Fabbrini dedica il primo capitolo (“Of Floors, Ceilings and Human Rights: The European Fundamental Rights Architecture Compared”) alla presentazione delle principali idee del libro, alla ricognizione dello stato dell’arte (incentrato sulla distinzione fra “sovranisti” e “pluralisti”) e della struttura del volume, nonché all’esposizione delle scelte metodologiche che lo caratterizzano, in primis la decisione di scegliere come punto di riferimento gli Stati Uniti. Questo caso è, infatti, definito come il “most similar (or least different)” (p. 29) a quello europeo, poiché presenta quelle pluralità di “constitutional sources”, “constitutional actors” e “constitutional views” che caratterizzano il contesto europeo.
Il secondo capitolo (“The Right to Due Process for Suspected Terrorists”) introduce il primo dei quattro casi di studio su cui è costruita l’opera- il diritto al giusto processo- e riguarda un diritto della prima generazione (“civil right”). Vengono qui analizzati casi come Kadi, ad esempio. In linea con l’approccio comparatistico prescelto, il capitolo presenta anche un’interessante disamina del caso statunitense, prima di concludere con i recenti sviluppi nella giurisprudenza della Corte di giustizia e di prendere in considerazione alcune possibili prospettive in vista della futura adesione dell’UE alla CEDU.
Il terzo capitolo (“The Right to Vote for Non-Citizens”) è dedicato ad un diritto politico, quello di voto (per i “non cittadini”); il quarto esamina un diritto sociale, quello di sciopero (“The right to Strike”). Il quinto, infine, analizza (quello che viene definito come) un diritto di nuova generazione, il diritto all’aborto (“The right to Abortion”). Nella trattazione dei casi di studio, all’analisi di questi ultimi segue un “comparative assessment” alla luce del contesto statunitense, l’esame di alcuni recenti sviluppi nella giurisprudenza della Corte di giustizia e, infine, la trattazione di alcune possibili evoluzioni anche alla luce delle innovazioni post-Lisbona.
Il sesto capitolo (“The Protection of Fundamental Rights in Europe: Towards a ‘Neo-Federal’) Theory” è forse il più interessante del volume; qui Fabbrini evidenzia i tre modelli (“patterns”) comuni ai quattro casi di studio analizzati in precedenza: il primo è quello della “variability”, secondo cui gli stati presentano diversi standard di protezione a seconda dei diversi diritti fondamentali, con una conseguente variabilità, appunto, di tutela a seconda delle diverse “areas of law” (p. 255). Il secondo modello è quello della “relativity”: i quattro casi dimostrerebbero la relatività che l’impatto del diritto transnazionale ha avuto su quello statale, nel senso che “the effects of the ECHR law change on the basis of the underlying state law” (p. 257). Infine, il terzo modello è quello della “reformability”, laddove i quattro casi dimostrerebbero le pecche, i limiti e la continua evoluzione del sistema multilivello (il che ribadisce l’importanza di un’analisi dinamica). L’ultima parte del sesto capitolo insiste sull’insoddisfacente dicotomia del dibattito “pluralisti” – “sovranisti”, ovvero sui pro e i contra che entrambi questi approcci presentano nello studio del diritto europeo. Da qui il ricorso alla teoria del federalismo (nell’ultimo capitolo chiamata “neo-federal theory”) intesa come qualcosa di distinto dalla teoria dello stato federale (in continuità con gli insegnamenti di Friedrich e Elazar) e ritenuta in grado di riconciliare tre grandi dilemmi che l’Autore in realtà solo menziona nelle ultime pagine: quello dell’identità, quello dell’uguaglianza e quello del primato.L’ultima sezione(“Conclusion”) ricapitola al lettore l’itinerario seguito nel volume. Il libro recensito presenta molti pregi: innanzitutto la chiarezza, la compattezza e l’organicità lo contraddistinguono come uno dei prodotti più maturi della letteratura sui c.d. sistemi multilivello degli ultimi anni. Si caratterizza anche per un pregevole uso della comparazione e per una notevole solidità. A differenza di quanto l’Autore scrive, tuttavia, il volume presenta anche una dimensione normativa: non si limita all’analisi di alcuni casi emblematici di interazioni ordinamentali, ma soprattutto nella parte finale, si apre anche ad alcune suggestioni teoriche (cfr. il paragrafo del capitolo sei intitolato “From Practice to Theory”) che forse avrebbero meritato maggior approfondimento.
Infine, il libro conferma l’ormai completa riabilitazione dell’uso della comparazione negli studi europei; un approccio sottovalutato per anni – nonostante gli insegnamenti della Integration through law scholarship di Cappelletti, Weiler e Seccombe (M.Cappelletti-M.Seccombe-J.H.Weiler, eds, Integration through Law, W. de Gruyter, Berlino- New York, 1985)- in nome della natura sui generis dell’Unione. Con questo volume Fabbrini, sulla scia di Autori come Schütze (R. Schütze, From Dual to Cooperative Federalism. The Changing Structure of European Law, Oxford University Press, Oxford, 2009)- ha il grande pregio di dimostrare il valore aggiunto che la comparazione può presentare nell’ambito del diritto europeo.