Diane Fromage, Les parlements dans l’Union Européenne après le Traité de Lisbonne: la participation des parlements allemands, britanniques, espagnols, français et italiens, Paris, L’Harmattan, 2015
L’autrice è assistant professor presso l’Università di Utrecht, vera giurista “europea”, che ha lavorato in cinque Paesi diversi e pubblicato in tre lingue. Il lavoro rappresenta una rielaborazione della tesi di dottorato in co-tutela fra l’Università di Pavia e la Pompeu Fabra di Barcellona.
Il lavoro si compone – secondo la tradizione francese – di due parti più una Introduzione e un capitolo conclusivo. Nell’introduzione vengono ricordati sia la struttura del lavoro, sia gli importanti passi avanti fatti, grazie al Trattato di Lisbona, nel rafforzamento di quello che alcuni Autori chiamano il “sistema parlamentare euro-nazionale” (A. Manzella – N. Lupo (a cura di), Il sistema parlamentare euro-nazionale. Lezioni, Giappichelli, 2014).
La prima parte del lavoro è dedicata all’adattamento delle strutture e delle procedure parlamentari relative alla partecipazione degli Stati membri all’integrazione europea e si caratterizza per il forte respiro comparatistico. Vengono infatti analizzati cinque casi di studio (Spagna, Italia, Francia, Regno Unito e Germania), la cui scelta viene motivata già nell’Introduzione alla luce di due fattori: 1) l’organizzazione territoriale dell’ordinamento (federale, centralizzato, regionale); 2) la capacità, da parte dei parlamenti, di influenzare il processo europeo (da qui la distinzione fra parlamenti forti e deboli). Sia la prima che la seconda parte, a loro volta, si compongono di due capitoli.
Il primo capitolo è dedicato all’evoluzione del ruolo dei parlamenti nazionali in seguito al processo di europeizzazione, mentre il secondo capitolo tratta, nello specifico, dell’adattamento dei sistemi interni considerati all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Ricordando le parole di Van Rompuy: “[M]aybe not formally speaking, but at least politically speaking, all national parliaments have become, in a way, European institutions’ (“Speech by President Herman Van Rompuy to the Interparliamentary Committee meeting on the European Semester for Economic Policy Coordination”, Brussels, 27 February 2012, EUCO 31/12 PRESSE 68 PR PCE 26).
La disposizione fondamentale sul punto è rappresentata dall’Art. 12 TUE, in cui, come noto, si afferma che “i parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell’Unione.”
Accanto a questa disposizione vanno ricordate anche le garanzie previste nei Protocolli sul ruolo dei parlamenti nazionali e sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
Il diritto dell’UE ha quindi cercato di coinvolgere progressivamente i parlamenti nazionali, come si può evincere dalle citate disposizioni, dando delle “finestre di opportunità” agli attori nazionali: opportunità, che, però, spetta a questi ultimi sfruttare e valorizzare.
L’esempio più eclatante di ciò è offerto dalla celebre “decisione Lisbona” della Corte Costituzionale tedesca (BVerfG, 2 BvE 2/08). Infatti, in quella occasione, l’attenzione della Corte costituzionale tedesca si concentrò sulla legge di ampliamento e di rafforzamento dei poteri del Parlamento nelle questioni dell’Unione europea, come dimostra anche la “strigliata” alle proprie Camere (par. 411 della sentenza: “il Bundestag e Bundesrat devono tenere in considerazione il fatto che è loro dovere esercitare la propria responsabilità per l’integrazione in numerosi casi di sviluppo dinamico dei trattati”).
La seconda parte del libro tratta del c.d “meccanismo di allerta precoce” (early warning mechanism), definito nei protocolli I e II al Trattato di Riforma. Il primo capitolo della seconda parte del libro analizza il tema della partecipazione dei parlamenti nazionali e regionali al meccanismo di allerta precoce e agli adattamenti introdotti a livello nazionale in vista di tale novità. Nel farlo, l’Autrice guarda anche alla “prassi” parlamentare, sottolineando (è l’esempio del caso italiano, p. 280) come anche due camere di uno stesso parlamento nazionale spesso intendano diversamente il controllo sulla sussidiarietà e spiegando tali differenze alla luce del sistema costituzionale di riferimento. Questo rende l’Opera molto interessante ed accurata, raggiungendo un pregevole equilibrio fra studio teorico e reali dinamiche istituzionali. Il secondo capitolo della II parte è dedicato, invece, alle lacune del meccanismo di allerta preventiva e alle sue modalità di applicazione. In questa sezione del volume l’Autrice si concentra sull’ambiguità della definizione di sussidiarietà (p. 346), sul problema dei limiti temporali e delle soglie relative al controllo. In un secondo momento Fromage cerca di analizzare alcune possibili soluzioni a tali deficienze, tenendo conto di quanto suggerito dalla prassi e dalla dottrina. Dopo aver trattato dei primi casi di attivazione del meccanismo e del difficile ruolo dei parlamenti, l’Autrice contestualizza tutto questo sullo sfondo dell’evoluzione delle difficili relazioni parlamentari, alla luce delle altre innovazioni introdotte da Lisbona o dal diritto della crisi.
Fra le più recenti novità conviene segnalare l’art. 13 del “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (TSCG), che prevede “l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei rappresentanti delle pertinenti commissioni dei parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell’ambito di applicazione del presente trattato”. Tale disposizione va letta in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 3.2 del TSCG, secondo cui il meccanismo di correzione in caso di deviazioni significative dall’obiettivo di medio termine, previsto dall’art. 3.1 lett. e) del TSCG, deve “rispettare appieno le prerogative dei parlamenti nazionali”.
Le conclusioni del lavoro guardano al ruolo dei parlamenti nazionali in una Unione che ha di recente conosciuto nuove torsioni verso l’intergovernativismo, ma che ha anche introdotto, con Lisbona, importanti novità volte a democratizzare le Istituzioni europee.
In chiusura, si tratta di un libro di sicuro interesse non solo per i cultori del diritto parlamentare ed europeo ma anche per i comparatisti, visto il rigore con cui differenti esperienze nazionali vengono selezionate ed analizzate.