DeepSeek 3: la sfida cinese a Chat GPT. Implicazioni e scenari per l’UE nel 2025

1. Il 2024 è stato un anno cruciale per la consacrazione dell’Intelligenza artificiale (IA) come motore di cambiamento globale. A livello geopolitico, il panorama mondiale ha registrato risposte diverse da parte dei principali attori internazionali, riflettendo visioni contrastanti sull’adozione e la regolamentazione delle nuove tecnologie. Mentre la Russia ha mantenuto una posizione marginale, concentrata su questioni interne e sul conflitto in Ucraina, Stati Uniti, Cina e Unione Europea hanno adottato strategie diverse, dettate dalle loro priorità economiche, politiche e sociali.
Da un lato, la Cina e gli Stati Uniti hanno puntato sull’innovazione pratica e sulla competitività, evidenziando approcci orientati al rafforzamento di un vero e proprio “nazionalismo tecnologico” basato sull’espansione commerciale e sulla limitazione dei prodotti altrui. Un esempio recente di questo lo si può intravedere nella diatriba tra governo statunitense e Tik Tok, la quale ancora è lontana da trovare una risoluzione conclusiva e che sicuramente rappresenterà un nuovo terreno di scontro in questa nuova “corsa allo spazio” digitale.
Dall’altro, l’Unione Europea ha scelto di posizionarsi come leader normativo, lavorando per armonizzare la regolamentazione dell’IA e proteggere i diritti fondamentali dei suoi cittadini, in linea con i principi fondativi dell’Unione.
Tra i protagonisti della rivoluzione digitale, un ruolo di primo piano è stato assunto da Chat GPT, il noto  modello di intelligenza artificiale sviluppato da OpenAI. Dopo significativi aggiornamenti nel 2024, Chat GPT ha consolidato la sua posizione di leadership nel panorama dell’IA generativa. Nato dalla collaborazione tra Sam Altman ed Elon Musk, il progetto ha attirato l’attenzione mondiale grazie alla sua capacità di adattarsi alle esigenze degli utenti e alla velocità con cui ha superato i suoi concorrenti. La Silicon Valley si è confermata  epicentro dell’innovazione, con altre Big Tech – tra cui Apple e Google – impegnate nello sviluppo di propri modelli, come Apple Intelligence e Google Gemini. Questi progetti, seppur ambiziosi, devono ancora affermarsi come alternative competitive rispetto alla soluzione di OpenAI.
La Cina, invece, si è trovata nel breve termine a inseguire il comparto imprenditoriale statunitense, non riuscendo a rispondere prontamente con propri modelli di Intelligenza artificiale. Questo stato di cose ha rappresentato nell’immediato un forte danno nei confronti del Paese del Dragone, complici anche le limitazioni imposte da OpenAI nei confronti degli accessi ai propri servizi da parte degli utenti cinesi.
Tuttavia, nel corso dell’anno appena concluso il governo di Pechino ha risposto ai dubbi dell’opinione pubblica, cercando di infondere fiducia, in quanto, secondo fonti interne, il divario sarebbe stato colmato in breve termine (anche grazie ad enormi risorse immesse dallo Stato per l’innovazione nel settore). È così che in poco tempo sono iniziati a proliferare nuovi sistemi di IA, predisposti principalmente dai colossi Alibaba e Tencent, ognuno con le sue funzioni e caratteristiche. Ad ogni buon conto, a tenere banco nel dibattito odierno è la diffusione di DeepSeek 3, ossia quella che dovrebbe rappresentare la risposta diretta cinese a Chat GPT.

2. Con l’arrivo sul mercato internazionale di DeepSeek 3, il confronto con Chat GPT si è fatto inevitabile. Entrambi rappresentano modelli di intelligenza artificiale generativa all’avanguardia, ma con approcci tecnici e giuridici profondamente diversi.
In prima battuta, il modello cinese si distinguerebbe dal suo corrispettivo statunitense per una struttura più agile: secondo i suoi sviluppatori, esso utilizzerebbe molta meno energia per le operazioni di calcolo rispetto a Chat GPT. Questo risultato sarebbe stato ottenuto grazie a un’architettura interamente sviluppata in Cina, che di fatto ridurrebbe la dipendenza da tecnologie occidentali (secondo la politica del derisking impressa negli anni da Xi Jinping).
Ma, venendo all’ambito giuridico, è proprio qui che vengono in evidenza le differenze strutturali con Chat GPT. A questo riguardo, DeepSeek 3 ha adottato un approccio open source, consentendo agli sviluppatori di accedere al codice sorgente e di adattarlo alle proprie esigenze. Questo modello, che contrasta con la strategia commerciale di OpenAI basata su abbonamenti e licenze, potrebbe aprire a nuove possibilità di sviluppo condiviso. Tuttavia, solleva anche dubbi sul controllo della proprietà intellettuale e sulla sicurezza, soprattutto in contesti regolamentati come quello europeo.
Un’altra differenza, infine, sta nel metodo di apprendimento – ancora avvolto da molti dubbi – di DeepSeek 3: secondo le voci dei vertici dell’azienda di Hangzhou la nuova IA necessiterebbe di minori informazioni e di minor training per giungere alle stesse prestazioni del suo corrispondente americano, ottimizzando i dati presenti sulla Rete e le risorse per lo sviluppo tecnologico.
Comunque, molti aspetti restano ancora poco chiari per i potenziali utenti occidentali di questi nuovi servizi; ed è proprio questa incertezza a rappresentare la base delle possibili criticità che, in futuro, potrebbero sorgere tra DeepSeek e l’UE.

3. L’arrivo di DeepSeek 3 apre nuovi scenari per l’intelligenza artificiale generativa in Europa, ma il suo successo nel contesto dell’Unione Europea resta incerto. Ostacoli normativi, preoccupazioni sulla gestione dei dati e potenziali conflitti geopolitici potrebbero rallentarne l’adozione, nonostante le sue ambizioni tecnologiche.
Il 2024 è stato un anno cruciale e complesso per i provider di IA in Europa. L’entrata in vigore dell’AI Act ha imposto regole rigorose per garantire trasparenza, sicurezza e protezione dei dati personali, obbligando i giganti tecnologici a conformarsi a standard elevati. Ad esempio, OpenAI, con il suo Chat GPT, ha dovuto firmare un accordo con l’Unione Europea per adattarsi alla nuova normativa, evitando ulteriori restrizioni. Tuttavia, il percorso non è stato privo di difficoltà: in alcuni Paesi membri sono state comminate sanzioni significative anche per violazioni del GDPR. Ad esempio, guardando al contesto italiano, il caso di OpenAI ha acceso un fitto dibattito: dopo un primo ban temporaneo nel marzo 2023, nel dicembre 2024 il Garante per la protezione dei dati personali ha inflitto una multa di 15 milioni di euro per violazioni legate alla mancata ottemperanza del principio di trasparenza e dei relativi obblighi informativi nei confronti degli utenti. Questo scenario dimostra come le istituzioni europee siano ben decise a regolare e gestire l’IA, creando un contesto giuridico che non lascia spazio a compromessi sulla protezione dei diritti fondamentali.
Così dicendo, si capisce che l’ingresso di DeepSeek 3 nel mercato europeo non sarà privo di ostacoli. Due grandi sfide sembrano profilarsi all’orizzonte: la gestione dei dati personali e il controllo politico cinese.
Uno dei principali interrogativi riguarda il rispetto delle rigide normative europee sulla protezione dei dati, in particolare del già citato GDPR. DeepSeek dovrà dimostrare di poter garantire che i dati dei cittadini europei non vengano trasferiti né trattati in modo improprio al di fuori del territorio dell’UE, specialmente in territorio cinese. Al momento, non è chiaro se il modello adotterà una strategia simile a quella di ByteDance con TikTok – la quale negli ultimi tempi si trova in una situazione di stallo con la leadership statunitense, complice la clamorosa sentenza della Corte Suprema del 17 gennaio 2025 – attraverso la creazione di server localizzati per il mercato europeo e una differenziazione dei servizi per rispettare le norme locali. Senza tali misure, DeepSeek rischia di subire restrizioni o persino blocchi completi in alcuni Stati membri.
Un’altra questione decisiva riguarda il possibile controllo politico del governo cinese sulle operazioni di DeepSeek. La percezione di una forte influenza statale potrebbe sollevare dubbi sul rispetto della privacy, della libertà di espressione e dei diritti fondamentali degli utenti. Le clausole dell’AI Act, come quelle inserite agli articoli 5 e 7, prevedono infatti misure severe, compreso il blocco totale dei sistemi, nel caso di minacce alla sicurezza nazionale o ai diritti dei cittadini. Solo il tempo ci dirà se il colosso cinese deciderà di accordarsi con l’Unione Europea o vi entrerà in conflitto, così come accaduto con ByteDance stessa, con i conseguenti oscuramenti da parte di alcuni governi (come in Belgio, Danimarca e Paesi Bassi).
In definitiva, il futuro dell’IA non si giocherà solo sul terreno dell’innovazione tecnologica, ma anche su quello della trasparenza, della governance e della fiducia. In questa nuova corsa allo spazio digitale, l’Europa potrà ritagliarsi un ruolo significativo, garantendo ai propri cittadini la tutela dei diritti fondamentali e la protezione delle loro libertà digitali.