Dichiarato nullo il decreto del Tribunale di Grosseto sulla trascrizione del matrimonio contratto all’estero
29 Settembre 2014
|di Redazione
Alleghiamo la decisione della Corte d’Appello di Firenze che, per motivi procedurali legati alla corretta individuazione della controparte, ha dichiarato nullo il decreto del Tribunale di Grosseto che aveva ordinato la trascrizione del matrimonio contratto all’estero lo scorso 3 aprile (per un commento: https://www.diritticomparati.it/2014/04/questo-matrimonio-si-ha-da-fare.html).
La Corte d’appello ha anche condannato al pagamento della somma di 3.900 euro, oltre accessori di legge, la coppia e ha dichiarato inammissibile l’intervento della Rete Lenford
La decisione, in punto di diritto, non mi sembra corretta. Rimettendo la causa al giudice di primo grado, in ragione dell’errore della notifica nei confronti del Sindaco, il giudice di appello si limita a rilevare un vizio processuale del giudizio di primo grado che rende la decisione del Tribunale di Grosseto, nei fatti, inutiliter data in mancanza della corretta costituzione del convenuto.
Il dispositivo della Corte d’appello è però viziato, in quanto la Corte dichiara nullo il provvedimento impugnato. Ciò non è corretto, in quanto
1) la decisione ex art. 354 non può entrare nel merito della questione e, quindi, non può valutare nel merito il provvedimento oggetto di controversia, per definizione (in quanto a monte c’è un giudizio di primo grado di fatto inesistente);
2) quand’anche si volesse ammettere la possibilità, ex art.354 cpc, per la Corte di valutare nel merito il provvedimento impugnato, il giudice di appello tuttavia non fornisce alcun argomento per motivare questa nullità.
Sarebbe quindi auspicabile un ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 cpc – questa decisione è nulla, perché radicalmente priva di motivazione, con riferimento alla declaratoria di nullità del provvedimento oggetto di giudizio.
L’errore della Corte è evidente e il rischio è che la questione si ingarbugli ulteriormente dal punto di vista processuale. Siamo, insomma, di fronte, ad una “decisione capestro” con un chiaro intento dilatorio, finalizzata forse anche ad evitare che si ritorni a valutare nel merito il provvedimento oggetto di giudizio in tempi brevi.