Da chi “dipende” l’interesse del minore? La CGUE definisce (ancora) la portata della “clausola Zambrano”.
Per stabilire quali siano i diritti dei cittadini extra-europei all’interno del territorio dell’Unione, è necessario fare riferimento alla legislazione sovrannazionale in materia di immigrazione e asilo, allargando lo spazio di analisi anche a tutti i Trattati sottoscritti dagli Stati membri e, infine, alle direttive in materia di libera circolazione. Quest’ultima, come è noto, è garantita a tutti i cittadini dell’UE, unitamente ai loro familiari, anche se provenienti da Stati terzi. Il godimento di questo diritto è ormai esteso sia nel caso in cui il nucleo decida di spostarsi in un altro Paese membro, sia in virtù di un’eventuale rientro del nazionale europeo e dei suoi familiari nel territorio d’origine (v. Cause C-370/90; C‑291/05 e, più recentemente, nel caso C‑456/12).
Tuttavia, la situazione è ben diversa qualora nessuno dei soggetti abbia esercitato il proprio diritto alla libera circolazione: in tal caso, è evidente che sarebbe prevalente la legislazione nazionale in materia di immigrazione. In alcune situazioni, invece, la semplice tutela dei diritti di cittadinanza europea, in capo ad un minore di età, può generare un diritto derivato al soggiorno nello Stato membro d’origine del soggetto anche per coloro che, essendone tutori o genitori, posseggono una nazionalità extra-UE (v. la nota Causa C-34/09). Tali ipotesi possono essere qualificate come peculiari e specifiche, allontanando persino il pericolo dell’espulsione (v. la più recente decisione nel caso C-304/14). Tuttavia, esse portano concretamente al riconoscimento di un titolo di soggiorno per lo straniero, anche se quest’ultimo interrompe la relazione coniugale con il cittadino dell’Unione, sempre che il suo allontanamento nuocerebbe alla delicata sfera di taluni diritti supremi (es. unità familiare o interesse del minore) e comporterebbe l’abbandono del territorio anche da parte del minore-cittadino. A fronte di questa eventualità, è possibile qualificare la cd. «relazione di dipendenza» che sussiste tra il nazionale di un Paese extra-UE, genitore o tutore di un cittadino di uno Stato membro?
Questo è il tema centrale che riguarda la decisione presa dalla CGUE nel caso Chavez-Vilchez e altri (C-133/15), avente come ricorrenti un gruppo di genitori extra-europei, coniugi di cittadini dell’UE e tutori di bambini con nazionalità olandese, residenti nei Paesi Bassi. Seppur con qualche distinzione di merito, i suddetti soggetti hanno invocato un diritto di soggiorno basandosi sul rapporto di primaria dipendenza con i minori di cui sono responsabili, in conformità con quanto sancito dalla già citata sentenza nel caso Ruiz Zambrano. Per le autorità olandesi, il semplice fatto che una madre, nazionale di un Paese terzo, si occupi quotidianamente del minore, non consente di stabilire che quest’ultimo sarebbe obbligato a lasciare il territorio dell’Unione europea a causa di un diniego del permesso di soggiorno per il soggetto extra-europeo. Inoltre, la presenza nel territorio dello Stato dell’altro genitore, che è anch’egli cittadino dell’Unione, per il governo olandese sarebbe un fattore ben determinante nell’applicazione della cd. “clausola Zambrano”. Per queste ragioni, sono state rigettate anche le istanze di sussidio sociale e di assegni familiari presentate dai ricorrenti. La Corte d’Appello olandese in materia di sicurezza sociale, quindi, ha deciso di adire la CGUE chiedendo se tali soggetti, in quanto madri di figli minorenni e cittadini UE, potessero far valere il loro diritto al soggiorno ex art. 20 TFUE e, eventualmente, beneficiare di un aiuto sociale previsto della normativa olandese, considerando che il padre, cittadino dell’Unione, è soggiornante nei confini nazionali o in un altro Stato membro.
Relativamente alla causa principale, i giudici di Lussemburgo determinano che la situazione della sig.ra Chavez-Vilchez e di suo figlio deve essere esaminata alla luce dell’articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38/CE, poiché entrambi hanno esercitato il diritto alla libera circolazione; a tale proposito, è compito del giudice nazionale stabilire se i ricorrenti possano avvalersi di un diritto di soggiorno derivato. Nell’ipotesi in cui non si verificassero determinati presupposti, sarebbe comunque ammissibile l’esame delle istanze secondo quanto previsto dall’art. 20 TFUE. la Corte di Giustizia, da un lato, concorda sul fatto che i soggetti extra-UE non possono essere considerati automaticamente come “tutori primari” del minore-cittadino UE ma, in virtù della giurisprudenza sopracitata, la decisione in commento mantiene un approccio abbastanza aperto su altre questioni. Servendosi proprio dei casi precedenti, i giudici fanno riferimento alla necessità concreta per le autorità nazionali di determinare se esista un rapporto di dipendenza tra il figlio e il genitore proveniente da un Paese terzo. A tal fine, le autorità preposte hanno l’obbligo di appurare e valutare tutte le circostanze, tenendo conto del diritto al rispetto della vita familiare (art. 7 della Carta dei diritti fondamentali UE) e adottando la misura che tuteli maggiormente l’interesse superiore del fanciullo, ex art. 24, par. 2, della stessa Carta.
Per ciò che concerne, poi, la questione relativa all’altro genitore, nella sua condizione di cittadino dell’Unione, l’Alto Tribunale afferma che, sebbene egli sia nelle condizioni di assumere la tutela quotidiana del fanciullo, questo è di per sé un elemento determinante ma non sufficiente per poter asserire che non sussista una relazione di dipendenza tra il minore e l’altro coniuge, tale per cui quest’ultimo sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione. Per sondare la portata di questo rapporto – qui l’elemento di novità – è necessario tenere conto di ulteriori circostanze specifiche: l’età del bambino, il suo sviluppo fisico, la natura dei suoi legami emotivi con entrambe i genitori, nonché i rischi che la separazione da questi potrebbe comportare per l’equilibrio generale del soggetto. Infine, per ciò che attiene l’onere della prova (applicabile nei cd. “casi Zambrano”) la CGUE coglie l’occasione per chiarire alcuni punti controversi: nonostante tale giustificazione ricada sul soggetto extraeuropeo, è compito del giudice nazionale – afferma la Corte – garantire che l’applicazione della legislazione in materia non comprometta in nessun caso l’efficacia dei diritti di cittadinanza dell’Unione europea.
La presente sentenza, quindi, va a sanare alcune questioni che, in realtà, erano state solamente accennate in altre decisioni (v. la causa C-165/14), sebbene la casistica in questione sia lievemente distinta e apparentemente circoscritta. Senza dubbio, la giurisprudenza in materia di stranieri extra-UE e cittadinanza stavolta viene arricchita di termini come «sviluppo fisico», «legami emotivi» e attraverso un chiaro riferimento agli effetti che queste situazioni potrebbero avere sul fanciullo; per di più, come dimostra il caso di specie, queste considerazioni sono in grado, inevitabilmente, di influenzare anche la situazione del genitore. Nonostante quest’ultimo sia in grado di acquisire una posizione maggiormente tutelata, non vi è dubbio che essa possa avvenire in modo differenziato, sia per questioni puramente economiche, sia per possibili considerazioni di genere. Il rinvio al giudice nazionale, relativamente al giudizio di merito, potrebbe portare ad una condizione del tutore non sempre equilibrata, sia esso cittadino dell’UE o extra-europeo. A tale riguardo, si pensi ai casi di affidamento condiviso o, per assurdo, al bilanciamento del rapporto tra il minore e uno dei genitori, non beneficiari della tutela stabilita dalla presente sentenza. Un impianto sufficientemente giustificato ma che lascia, a nostro modesto avviso, ancora tanti interrogativi.