Costituzionalismo brasiliano (impressioni di viaggio)
Attraverso il viaggio – di lavoro, ricerca, studio o anche, semplicemente, di svago – lo sguardo del comparatista si allarga e il gesto metodologico di apertura all’alterità – che, secondo un orientamento (Legrand), è alla base della comparazione stessa – si arricchisce. Allo stesso tempo, lo sforzo di “intendere” l’altro si articola in una complessa esperienza di ricerca, nella quale si intrecciano sollecitazioni profonde.
Da questa esperienza nasce l’esigenza di confronto e l’apertura ripiega – talora inconsapevolmente – sulla comparazione, dotandola di senso e prospettiva.
Non avevo mai fatto, finora, esperienza del Brasile, né a livello storico-sociale, né a livello politico-economico e i contatti con la produzione dei costituzionalisti brasiliani erano stati per lo più occasionali e ben inferiori a quelli avuti e coltivati da altri, in Italia. Eppure, forse anche per questo, le impressioni raccolte in un viaggio breve e scientificamente intenso possono articolare – pur con i loro limiti intrinseci – un’esperienza di comparazione efficace. Esse sono, appunto, nient’altro che immagini impresse nello sguardo di un osservatore che – sospeso il giudizio e allontanato ogni pregiudizio (e pur tuttavia ancorato, più o meno saldamente, nel suo patrimonio “di partenza”) – ha cercato di lasciar emergere l’alterità come fenomeno capace di racconto autonomo e “ingresso” in una dimensione di confronto aperto.
L’alterità brasiliana appare, all’osservatore, intrisa – con tutta la ricchezza e le contraddizioni di un momento di forte crescita economica – degli echi di lotte antiche per l’integrazione sociale, che rinviano ad una fase della storia europea che invano si vorrebbe ritenere chiusa. Le lotte presenti lasciano risuonare nella mente domande ancora scottanti di inclusione, e le contraddizioni profonde – in ordine sparso: iniqua distribuzione della ricchezza, problemi legati all’istruzione (con una significativa incidenza di analfabetismo funzionale), problemi abitativi – aprono nuove possibilità di percezione del contesto europeo (“di partenza”).
Nell’elaborazione scientifica dei costituzionalisti brasiliani, le tracce di ciò sono evidenti: in modo particolare, la necessità di conciliare crescita economica e integrazione sociale si è tradotta in una riflessione sui diritti sociali profondamente sensibile al valore progressivo liberato da quelle lotte e altrettanto strettamente intrecciata con una riconsiderazione radicale dell’effettività dei diritti e della stessa forza normativa della Costituzione. In uno sforzo di sintesi, le suggestioni appaiono raccolte attorno a due fondamentali linee di influenza, rielaborate con decisione e originalità alla luce del contesto brasiliano nel segno di un affascinante eclettismo metodologico: l’esperienza costituzionale portoghese, ed in modo particolare, la riflessione di Gomes Canotilho sul “costituzionalismo dirigente” e, negli ultimi anni, il pensiero di Peter Häberle sull’apertura della Costituzione attraverso dinamiche interpretative partecipate e condivise. In aggiunta, l’osservatore italiano appare particolarmente colpito dalla presenza significativa dei lavori di Crisafulli sull’efficacia delle disposizioni programmatiche e sull’interpretazione della Costituzione, così come dalla centralità della dimensione giurisdizionale, profondamente arricchita dall’influenza dei nostri processualisti (in modo particolare, come noto, Liebman).
L’attenzione ai diritti sociali e l’affermazione del loro stretto legame con la dignità umana – penso in modo particolare, ai lavori di Ingo Sarlet – si intreccia pertanto con la dimensione della loro applicazione giurisdizionale. Tale intreccio si rispecchia, peraltro, in un tratto tipico della comunità scientifica brasiliana, vale a dire la comunicazione profonda – e molto spesso l’identificazione – tra giudici e studiosi: il corpo docente delle università, specie private, è infatti reclutato in larghissima misura tra magistrati e pubblici ministeri (per fare solo un esempio, il caso più noto è forse quello di Gilmar Ferreira Mendes, fino a pochi giorni fa presidente del Supremo Tribunal Federal e autore, con Inocencio Màrtires Coelho e Paulo Branco di un fortunato e ricchissimo Curso de Direito Constitucional). Al tempo stesso, esso si proietta – sul piano metodologico – in un profondo ripensamento dell’effettività e della forza normativa della Costituzione (penso, tra gli altri, ai lavori di Luis Roberto Barroso). Questa, sganciata ormai da premesse formaliste, è decisamente ancorata all’impegno e all’opera di attuazione continua sviluppata nella “società aperta degli interpreti”, secondo un concetto di costituzione sensibile alle interdipendenze con la realtà storica e fortemente caratterizzato in senso processuale (e qui, l’influenza häberliana è senza dubbio notevole).
La Costituzione federale del 1988 – attorno alla quale si raduna una comunità assai sensibile al valore pedagogico del diritto costituzionale ed animata da un profondo “patriottismo costituzionale” – delinea un progetto di sviluppo molto chiaro, orientato all’effettività dei diritti sociali e alla protezione della dignità umana. La comunità scientifica e giudiziaria – profondamente consapevole del carattere sempre incompiuto delle conquiste e del lavoro da svolgere – dota di forza normativa questo progetto attraverso la propria riflessione e il proprio impegno, anche strettamente operativo (vale a dire in sede di applicazione giurisdizionale).
Il fascino di simili posizioni per l’esperienza europea è significativo, e su questo vorrei stimolare il dibattito. Mi limito a segnalare l’importanza della riflessione sull’effettività dei diritti sociali per l’ordinamento comunitario – in questo ambito ancora refrattario ad apprestare garanzie efficaci – come anche per l’esperienza degli Stati membri, interessati da nuovi fenomeni di dolorosa marginalità. Altrettanto importante, per l’Unione europea così come per gli Stati membri, la sottolineatura del legame tra impegno degli interpreti e costruzione dell’identità e dell’effettività costituzionale come processo aperto.