Cinque nuovi giudici alla Corte costituzionale ungherese
La nuova Costituzione ungherese aumenta il numero dei giudici costituzionali da undici a quindici che continueranno ad essere eletti tutti dal Parlamento a maggioranza dei due terzi. La nuova Costituzione entra in vigore all’inizio del 2012, ma l’aumento del numero dei giudici costituzionali è stato anticipato da un emendamento costituzionale, approvato nel maggio 2011. Così il Parlamento ungherese si è potuto avvalere del nuovo sistema di nomina, e lo scorso 27 giugno ha eletto cinque nuovi giudici costituzionali che sono entrati in carica il 1 settembre. Sono stati eletti cinque nuovi membri e non soltanto quattro, perché c’era anche un posto vacante da ricoprire. I nuovi giudici costituzionali sono: Béla Pokol, professore universitario di teoria del diritto e tra il 1998 e il 2002 deputato parlamentare (del FKGP – Partito Indipendente dei Piccoli Proprietari, attualmente non presente in Parlamento); Egon Dienes-Oehm, un giurista con esperienza nel settore privato, nella pubblica amministrazione, in ambito comunitario e in quello universitario; István Balsai, deputato parlamentare (del partito Fidesz attualmente al Governo) e nei primi anni Novanta Ministro della Giustizia; Péter Szalay, avvocato, consigliere politico nel periodo della transizione democratica; e l’unica donna, non solo tra le nomine ma tra i quindici membri della Corte costituzionale, Mária Szívós, giudice penale della Corte suprema.
Tra i nuovi giudici ha destato critiche accese da parte di molti osservatori uno in particolare: István Balsai. La sua figura è controversa dato che fino al momento della sua elezione era deputato parlamentare del partito leader dell’attuale Governo in carica e, anche se esercitò la professione di avvocato fino al 1990, dopo la transizione democratica ha scelto di perseguire una carriera politica e ha abbandonato la professione legale. L’art. 5, co. 3, della Legge sulla Corte costituzionale (il testo in vigore in inglese vedi qui) stabilisce l’ineleggibilità delle persone che hanno ricoperto una carica politica nei quattro anni precedenti, ma la disposizione non sembra sufficientemente larga per prevenire la nomina di una persona che è stato semplicemente deputato parlamentare. La norma attualmente in vigore recita: “Non può essere giudice costituzionale colui che, nei quattro anni precedenti alla nomina, è stato membro del Governo, dipendente di un partito o ha ricoperto un’alta carica nella pubblica amministrazione.” István Balsai negli ultimi quattro anni non è stato ministro e non ha ricoperto alcuna carica nella pubblica amministrazione, ed è dubbia l’interpretazione dell’essere „dipendente di un partito” (la formulazione risale alle tavole rotonde del cambio di regime). In ogni caso a tale regola di incompatibilità si aggiunge un altro requisito che Balsai non sembra soddisfare, previsto dalla Legge sulla Corte costituzionale, il quale richiede un’esperienza professionale di almeno vent’anni in campo giuridico (art. 5, co. 2).
La scelta di aumentare il numero dei giudici costituzionali a quindici è stata criticata per l’opportunità che ha offerto all’attuale Governo, che possiede i due terzi dei seggi in Parlamento, di scegliere i nuovi membri della Corte. E’ però da tenere presente che una Corte composta di quindici giudici era anche l’idea originale al momento della creazione della Corte costituzionale ungherese. Secondo il testo originale del nuovo articolo 32/A, inserito nella Costituzione nel 1989, i giudici costituzionali dovevano essere quindici. I primi cinque furono eletti dal Parlamento nell’autunno del 1989, ancora prima delle prime elezioni democratiche del paese, pertanto da un Parlamento non liberamente eletto, e la scelta dei candidati fu il risultato di un compromesso tra il partito comunista e l’opposizione extraparlamentare come molti altri elementi del nuovo assetto costituzionale. In conformità all’accordo raggiunto alle tavole rotonde, altri cinque giudici furono eletti dal primo Parlamento eletto democraticamente, il 2 luglio 1990, questa volta come il risultato di un consenso tra i cinque partiti parlamentari. L’ultimo terzo dei giudici doveva essere eletto dal secondo Parlamento democratico nel 1994, che però ha preferito modificare la Costituzione e ridurre il numero dei giudici da quindici a undici. Così nel 1994 venivano eletti soltanto due nuovi giudici (uno per il posto vacante causato dalla nomina del giudice Herczegh alla Corte Internazionale dell’Aja), e il numero fino all’adozione della nuova Costituzione è rimasto inalterato. Bisogna però aggiungere che non sempre la Corte ha potuto lavorare con la composizione completa. Anzi, in certi periodi si è rischiata l’inoperabilità dell’organo a causa del mancato raggiungimento del quorum richiesto dalla legge (la presenza di almeno otto membri). Accadde così nel 2005, quando per un lungo periodo la Corte operava con otto giudici, il che significava che la malattia o l’impedimento di un solo giudice poteva paralizzare il funzionamento dell’organo. La nuova proposta di legge cardinale sulla Corte costituzionale considera il cambiamento avvenuto nel numero dei giudici, e fissa il quorum a due terzi dei membri (art. 48, co. 4, della proposta di legge n. T/4424 ancora in discussione davanti al Parlamento), aggiungendo il requisito della presenza del Presidente o del suo vice. Pertanto adesso è necessaria la presenza di dieci giudici affinché possa essere presa una decisione in sessione plenaria.