Brnovich v. Democratic National Committee: la Corte Suprema USA “salva” le limitazioni al diritto di voto previste in Arizona
Con la sentenza Brnovich et al. v. Democratic National Committee et al. (consolidato con Arizona Republican Party et al. v. Democratic National Committee et al.) del 1° luglio 2021 la Corte Suprema ha ritenuto legittime (6-3) le limitazioni al diritto voto introdotte dal parlamento statale dell’Arizona (controllato dai repubblicani), ricorrendo ad un’interpretazione restrittiva della Sez. 2 del Voting Rights Act (VRA), che proibisce agli stati di imporre agli elettori requisiti, standard o procedure in grado di tradursi in una sostanziale negazione o menomazione del diritto di voto, sulla base dell’appartenenza ad una minoranza.
Per i giudici conservatori che hanno espresso l’opinione di maggioranza la parte rilevante della legge può essere invocata per far valere una violazione del diritto di voto solo nei casi in cui le limitazioni si manifestino attraverso l’imposizione di oneri sproporzionati e ingiustificati in capo agli elettori appartenenti alle minoranze, inficiando in concreto la loro capacità di votare. La decisione – la prima che considera questa parte del VRA in relazione alla questione in oggetto – rappresenta un ulteriore colpo inferto all’importante legge del 1965, che va ad aggiungersi alla decisione del 2013 Shelby County v. Holder. La Sez. 2 del VRA ha assunto una grande rilevanza per la protezione del diritto di voto in particolare dopo che la decisione da ultimo citata aveva dichiarato l’incostituzionalità delle Sez. 5 e 4(b) del VRA, che imponevano agli stati con un passato di discriminazione razziale di sottoporre all’approvazione del governo federale le leggi in materia elettorale. Prima della sentenza Shelby County la Sez. 2 era stata infatti invocata per lo più nei casi in cui a venire in oggetto era l’illegale “diluizione” dei gruppi minoritari nei diversi collegi, mentre il suo ruolo nel vaglio delle restrizioni al diritto di voto era stato poco valorizzato. Dopo la sentenza Brnovich sarà ancora più difficile per chi voglia far valere una violazione del diritto di voto richiamandosi alla Sez. 2 veder accolto il proprio ricorso: tale strumento appare ora limitato a contrastare solo le restrizioni che colpiscono in modo manifestamente sproporzionato l’accesso ai seggi degli elettori appartenenti alle minoranze. E tale esito appare ancora più preoccupante dal momento che di recente, in diversi Stati “rossi”, con il pretesto di contrastare le frodi elettorali sull’onda della “Big Lie” trumpiana sono state approvate una serie di misure restrittive del diritto di voto (come accaduto di recente in Georgia).
Brnovich, Attorney general dell’Arizona, e gli altri ricorrenti si sono rivolti alla Corte Suprema con l’intento di ribaltare la sentenza della Corte d’Appello di San Francisco, che aveva ritenuto due misure adottate dalla state legislature contrarie alla Sez. 2 del VRA in quanto discriminavano gli elettori neri, ispanici e nativi americani. La prima misura in particolare imponeva ai funzionari elettorali di scartare le schede votate nel distretto sbagliato, attuando quella che viene definita out of precinct ballot disqualification. La legge dell’Arizona consente infatti ad ogni contea, per il voto espresso di persona, di optare per l’adozione di un centro di voto o di un sistema basato sul distretto. Nelle contee che ricorrono al primo sistema, gli elettori registrati possono votare in qualsiasi luogo della contea; nelle contee che ricorrono al secondo, gli elettori registrati possono invece votare solo nel distretto designato. La seconda misura andava invece a incidere sul voto anticipato. Mentre solo alcune contee permettevano agli elettori di depositare le loro schede di voto anticipato in speciali cassette di raccolta, tutte le contee, per oltre 25 anni (in accordo alla legislazione dello stato) hanno consentito la restituzione delle schede di voto anticipato per posta, o di persona presso un seggio elettorale, un centro di voto, o l’ufficio di un funzionario elettorale autorizzato. Ebbene, molti elettori – in particolare quelli appartenenti alle minoranze – che votano in anticipo hanno fatto ricorso in modo diffuso a soggetti terzi per raccogliere e consegnare le schede. Il parlamento statale a maggioranza repubblicana nel 2016 ha introdotto una legge che ha criminalizzato proprio l’atto di raccolta e consegna della scheda di voto ad una persona diversa da chi abbia votato (ballot collection ban).
La Corte d’Appello di San Francisco aveva dichiarato che entrambe le politiche violavano la Sez. 2, in quanto aventi effetti discriminatori verso gli elettori appartenenti alle minoranze, sottolineando in particolare che il ballot collection ban portava a una violazione sia del VRA che del XV Emendamento. Per la Corte Suprema, come scritto dal giudice Alito, estensore dell’opinione di maggioranza, premesso che “la legge dell’Arizona consente di votare facilmente”, le due misure sono invece da ritenersi legittime. Il divieto di votare fuori dal distretto sarebbe giustificato, dal momento che l’onere di votare nel distretto corretto è minimo, considerando altresì la possibilità per l’elettore di restituire la scheda ad una cassetta di raccolta o ad un ufficio postale e del basso numero di schede scartate. Inoltre non sarebbe stato sufficientemente dimostrano che il ballot collection ban avrebbe colpito in modo sproporzionato gli elettori appartenenti alle minoranze, soffermandosi invece sull’importanza dell’interesse statale a “scoraggiare potenziali frodi elettorali e rafforzare la fiducia degli elettori”, aggiungendo altresì che la corte distrettuale non avesse provato l’intento discriminatorio in capo al legislatore repubblicano.
Alito fa poi un vero e proprio elenco di elementi che, soprattutto se considerati insieme, lasciano supporre che sarà più difficile per i ricorrenti far valere future violazioni del diritto di voto, pur sottolineando che le circostanze enunciate non rappresentano un test, cioè a dire una lista esaustiva di parametri che i tribunali dovranno considerare per determinare se una legge sia in contrasto con la Sez. 2. In primo luogo l’onere imposto dalla restrizione deve essere considerevole, dal momento che “il voto richiede tempo e, quasi per tutti, qualche viaggio” non essendo quindi sufficiente “un mero disagio” per configurare una discriminazione. In secondo luogo i tribunali dovrebbero considerare il grado di scostamento della regola rispetto allo standard previsto quando il VRA è stato emendato nel 1982. In terzo luogo si deve valutare il grado disparità che si crea con l’introduzione di una nuova regola nei confronti degli appartenenti a diversi gruppi etnici. In quarto luogo, i tribunali devono considerare tutte le diverse modalità attraverso le quali gli elettori possono votare e, da ultimo, devono valutare altresì gli interessi statali posti a fondamento delle restrizioni al diritto di voto, sottolineando in particolare l’importanza della prevenzione delle frodi elettorali.
I giudici di area liberal hanno dissentito. Breyer e Sotomayor hanno firmato la dissenting opinion della giudice Kagan, che ha sottolineato come la maggioranza abbia “riscritto” il VRA (cfr. le considerazioni di Nicholas Stephanopoulos). Nell’articolata opinione dissenziente la giudice (che aveva altresì redatto la dissenting opinion in Rucho v. Common Cause, sentenza del 2019 riguardante il partisan gerrymandering), ha definito la sentenza come “tragic”, nonché, in riferimento a quanto espresso dalla maggioranza, una “law-free zone”. Kagan ha affermato che se da una parte il VRA rappresenta il lato migliore dell’America, al contempo rammenta anche quello peggiore, dal momento che era – e resta ancora – così necessario. Quanto alla Sez. 2, ha sottolineato che, contrariamente all’interpretazione restrittiva datane dai giudici conservatori, che ha finito per svuotare la tutela del diritto di voto ivi prevista, questa disposizione deve invece essere letta in senso espansivo, altresì considerando che, a partire dalla sentenza Shelby County, molti stati hanno previsto nuove restrizioni di voto. La giudice si sofferma poi diffusamente sulle ragioni storiche che hanno portato il Congresso ad adottare il VRA nel 1965, rispondendo al giudice Alito, per cui la discriminazione razziale aveva in fondo poca attinenza con le questioni affrontate, che invece non si può comprendere il VRA se non si tiene ben presente la situazione che aveva portato il Congresso ad adottarlo. La giudice fa un parallelismo con quanto accaduto nel 2013, richiamando l’osservazione della giudice Bader Ginsburg nella dissenting opinion a Shelby County, secondo cui abbandonare la regola della preclearance perché le discriminazioni razziali erano diminuite rispetto agli anni ‘60 sarebbe stato come “throwing away your umbrella in a rainstorm because you are not getting wet”.
Anche il Presidente Biden ha preso posizione sulla sentenza Brnovich, in uno statement in cui ha affermato che la Corte Suprema ha inferto gravi danni al VRA ed aggiungendo che le leggi sul diritto di voto dovrebbero essere applicate pienamente, non certo indebolite, e a maggior ragione in un contesto in cui gli attacchi al diritto di voto assumono forme sempre nuove.
Ora che la sentenza Brnovich ha ulteriormente ristretto il campo di applicazione del VRA, limitandolo ai tentativi di disegnare i collegi elettorali in modo da “diluire” l’influenza degli elettori appartenenti alle minoranze, l’attenzione si concentra sul Congresso. I democratici hanno fissato nella protezione del diritto di voto una delle loro priorità legislative, come prova il disegno di legge For the People Act, che consentirebbe di introdurre parametri uniformi per assicurare a tutti i cittadini nei diversi stati le stesse condizioni di accesso al voto, ma che è attualmente bloccato al Senato. Un’altra importante proposta, sebbene di portata più ristretta, è rappresentata inoltre dal John Lewis Voting Rights Advancement Act, diretto a ripristinare la disposizione del VRA colpita da Shelby County nel 2013. Allo stato anche tale proposta non gode però dell’appoggio di un numero sufficiente di repubblicani che possa portare alla sua approvazione in Senato: la strada da percorre per raggiungere la piena effettività del diritto di voto negli USA è ancora lunga e piena di ostacoli.