La sovraesposizione digitale dei minori ed i suoi effetti. Note comparative sul fenomeno del cd. sharenting negli ordinamenti francese e italiano

The last decades have seen a significant increase in the adoption of digital media within the family unit with the incorporation of different everyday practices such as the use of forums, sites, and apps, as well as the excessive sharing by parents of identifying information of their underage children.
The latter practice - known as 'sharenting' (from the crasis of 'to share' and 'parenting') - gives rise to the pre-constitution of a 'social-digital' image of the child destined to remain indefinitely on the web, and violates the child's privacy by exposing him or her to multiple risks, such as deep-fake scams, online identity theft, grooming, child pornography, etc.
To curb a phenomenon of such pervasive scope - which, even if it is explicative of parents' freedom of expression, integrates an illegitimate interference in the child's right to build his or her own identity protected from third party incursions - requires, first of all, to examine, at national and supranational level the adequacy of the current legal instruments protecting the child's privacy in the digital context and also implies looking at other legal experiences such as the French one, where the legislator has recently intervened (by modifying the relevant codified notion of parental authority) in order to contain this pervasive phenomenon.


Profili storico-comparativi del diritto alla privacy

Sommario: 1. Premessa.  2. Le origini del diritto alla privacy. 3. Linee evolutive del diritto alla privacy nell’esperienza giuridica statunitense ed europea. 3.1 (Segue) L’esperienza statunitense. Il diritto alla privacy come diritto del consumatore. 3.2. (Segue) L’esperienza europea. Il diritto alla privacy come diritto fondamentale dell’individuo. 3.3 Il diritto alla riservatezza nell’ordinamento italiano. Il contributo della dottrina e della giurisprudenza al suo riconoscimento come diritto fondamentale della persona. L’approdo normativo: la legge 675/96 e il D.lgs. 196/2003 ‘Codice in materia di protezione dei dati personali.’ 4. Note conclusive.
 

1.      Premessa. 

Il processo di globalizzazione, l’incessante evoluzione dei mezzi tecnologici, la sottile ma incisiva invadenza della rete internet e gli attuali problemi di sicurezza nazionale e di ordine pubblico sono soltanto alcuni tra i tanti fattori che hanno portato la questione privacy al centro del dibattito politico, sociale e giuridico degli ultimi decenni[1]. Nell’odierna società dell’informazione, inaugurata dall’avvento e dalla diffusione dei calcolatori elettronici[2], il concetto di privacy è inscindibilmente legato a quello di diritto alla protezione dei dati personali, il quale, negli ultimi anni, ha trovato piena consacrazione all’interno di testi normativi di livello nazionale ed internazionale. L’identificazione del diritto alla privacy con il diritto alla protezione dei dati personali è il punto di approdo di una lunga evoluzione concettuale che, nelle sue varie tappe, ha arricchito di implicazioni e significati nuovi e ulteriori un concetto – quello della privacy – che si è caratterizzato e che si caratterizza ancora oggi per la sua incessante mutevolezza contenutistica e per la capacità di racchiudere in sé una serie di esigenze multiformi[3]. L’attuale nozione di privacy, intesa come information privacy, è quindi l’ultima accezione che la privacy ha assunto dopo che lo sviluppo sociale e tecnologico ha sollecitato, nonché imposto, una rivisitazione dell’antico concetto. Precedentemente, infatti, prima che la creazione e la diffusione degli elaboratori elettronici permettesse di raccogliere, organizzare e trasmettere una serie indistinta di informazioni personali in modo velocissimo e per i fini più disparati, il diritto alla privacy andava a coincidere con il the right to be let alone di statunitense memoria, il quale attribuiva all’individuo il diritto di essere lasciato solo, in pace, indisturbato, di godere, così, di una sfera riservata e intima al riparo dall’altrui intrusione. Questa concezione, figlia di un contesto storico[4] e culturale di matrice statunitense, ha trovato piena cittadinanza all’interno del mondo giuridico europeo ed ha dominato fino a quando le esigenze di una società tecnologicamente avanzata non hanno richiesto una sua ridefinizione[5]. Nel lungo iter evolutivo del diritto alla privacy un ruolo cruciale ha avuto l’opera della giurisprudenza, la quale, dinnanzi all’incertezza della dottrina e al silenzio del legislatore, ha saputo riconoscere la valenza giuridica delle esigenze di tutela della vita privata, sollecitando così il legislatore italiano ad abbandonare il suo stato di inerzia ed attivarsi al fine di garantire piena ed effettiva tutela al diritto alla privacy. Dopo un lungo e travagliato processo di riconoscimento e di affermazione, l’iniziale diritto ad essere lasciati soli si è trasformato, quindi, nel diritto alla protezione dei dati personali, il quale, oramai, assurge a diritto fondamentale della persona sia all’interno del sistema giuridico nazionale che all’interno di quello comunitario[6]. Il legislatore europeo, infatti, con la direttiva 95/46/CE relativa al trattamento dei dati personali, ha previsto una espressa disciplina al fine di tutelare le informazioni personali di ciascun individuo, fissando uno standard comune di tutela che gli Stati europei sono obbligati a rispettare. I principi della direttiva sono poi stati acquisiti e fatti propri dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cd. Carta di Nizza) che è stata il primo documento internazionale di tutela dei diritti umani a contenere una disposizione ad hoc. La Carta, infatti, oltre a riconoscere il più generico diritto alla vita privata, tutela in modo specifico ed espresso, all’art. 8, il diritto alla protezione dei dati personali, conferendogli così piena autonomia giuridica[7]. Oggigiorno, quindi, la privacy, nelle sue molteplici sfaccettature, è pienamente tutelata sia a livello nazionale che sovranazionale. Preme ancora una volta rammentare, però, che la privacy è un concetto che risente fortemente dei mutamenti sociali, culturali e soprattutto tecnologici; è un concetto, quindi, sempre in corso di evoluzione e di definizione. L’ innata mutevolezza della privacy spinge così ad una cauta ‘schematizzazione’[8] giuridica dell’istituto, il quale potrebbe in futuro richiedere una differente tutela e qualificazione giuridica[9] che non ne limiti la sua portata e i suoi multiformi profili applicativi .

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