Laura Alessandra Nocera
La Corte costituzionale dell’Ecuador si pronuncia sulla lesione dei diritti della natura del Bosque Protector Los Cedros
Con la sentenza n. 1149-19-JP/21 del 10 novembre 2021, la Corte costituzionale dell’Ecuador ha revisionato la decisione n. 10332-2018-00640 emessa il 19 giugno 2019 dalla Sala Multicompetente della Corte Provincial de Justicia de Imbabura. La decisione della Corte costituzionale ha ribadito il ruolo centrale della Natura nell’ordinamento ecuadoriano, sancendo la possibile alterazione dell’ecosistema e della biodiversità di un luogo naturale protetto e, quindi, la violazione dei diritti della natura del Bosque Protector Los Cedros, oltre alla violazione del diritto all’acqua, ad un ambiente sano e alla consulta preventiva delle comunità ivi abitanti.
Il 3 marzo 2017, il Ministerio de Minería ha concesso a privati di costruire infrastrutture e impianti di trivellazione per la successiva estrazione mineraria presso il Río Magdalena (concessioni minerarie Magdalena 01 e Magdalena 02, approvate con Resolución nr. MMSZM-N-2017-0041-RM e Resolución nr. MMSZM-N-2017-0042-RM). Il 12 dicembre 2017, il Ministerio del Ambiente, Agua y Transición Ecológica ha iscritto nel Registro Ambiental le due concessioni (Resolución nr. 225741; MAERA 2017-3159921 Proyecto Minero Río Magdalena). Esse riguardano un’area di 9.909 ettari, corrispondente ad oltre il 60% del Bosque Protector Los Cedros, un’ampia foresta pluviale situata nella provincia di Imbabura alla confluenza tra il Río Magdalena e il Río Guayllabamba e adiacente alla Reserva Ecológica Cotacachi-Cayapas, dichiarata dall’Instituto Ecuatoriano Forestal y de Áreas Naturales y Vida Silvestre (INEFAN) riserva naturale nel 1989 e area protetta nel 1994 (Acuerdo Ministerial nr.57) per le sue caratteristiche chimiche, biologiche e agronome (ospita numerose specie protette di animali e vegetali, di cui 226 a rischio) e per il suo microclima che lo rendono un unicum nel mondo (bosque nublado o bosque lluvioso montaño bajo).
Il 5 novembre 2018, l’alcalde di Cotacachi ha presentato una prima acción de protección avverso il Ministero dell’Ambiente, perché gli atti amministrativi relativi alle concessioni minerarie e idriche violassero i diritti costituzionali della natura, in quanto avrebbero modificato in modo sensibile le caratteristiche naturali ed ecologiche dell’area, incrementando la deforestazione, destabilizzando l’ambiente e compromettendo la realtà sociale e sanitaria delle comunità abitanti. A fronte del rigetto dell’acción da parte dell’Unidad Judicial Multicompetente de Cotacachi (13 novembre 2018), per non aver riscontrato alcuna violazione dei diritti costituzionali della natura, i rappresentanti del Gobierno Autónomo Descentralizado Municipal de Cotacachi (GAD) hanno promosso un appello della sentenza di prima istanza innanzi alla Sala Multicompetente de la Corte Provincial de Justicia de Imbabura, che ha accolto il ricorso parzialmente, riconoscendo la violazione del diritto alla partecipazione e alla consulta previa, libera e informata delle comunità abitanti, senza, tuttavia, pronunciarsi in merito alla violazione dei diritti della natura. Pertanto, è stata sollevata acción de protección del 18 luglio 2020 innanzi alla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale, dopo aver premesso una disamina sul valore ecologico del Bosque Protector Los Cedros, ricorrendo alle definizioni di “ecosistema”, di “biodiversità” e di “endemismo” approvate dalla comunità scientifica internazionale, ha ricostruito la tutela costituzionale dei diritti della natura. Secondo la Costituzione, la natura gode del diritto «a que se respete integralmente su existencia y el mantenimiento y regeneración de sus ciclos vitales, estructura, funciones y procesos evolutivos» (art.71, inc.1). Ogni cittadino, comunità, popolo o nazione può esigere l’intervento dell’autorità pubblica per tutelare e promuovere i diritti della natura (art.71, inc.2). I diritti della natura, come affermato dalla stessa Corte (sentenza n. 22-18-IN/21), non sono dei meri principi ideali, ma hanno piena valenza applicativa e normativa nell’ordinamento ecuadoriano, costituendo un mandato giuridico specifico per l’autorità amministrativa (artt. 73, 277, 84-85). La Corte si richiama al principio in dubio pro natura, per cui la legislazione deve essere interpretata nel modo più favorevole alla tutela della natura, e al principio ecologico di tolleranza sulla valorizzazione intrinseca della natura, parametro già usato dalla Corte interamericana (opinione consultiva 23-17). È sufficiente che esista la consapevolezza di un danno potenziale all’ambiente e all’ecosistema, pur se non scientificamente provato, perché possano essere adottate tutte le misure di tutela necessarie. Per preservare l’ecosistema naturale del Bosque Protector Los Cedros, la Corte costituzionale, dunque, ha applicato il principio di precauzione, che, diversamente dal principio di prevenzione, non necessita di una certezza scientifica sul nesso di causa-effetto. L’esistenza stessa di un dubbio sull’ipotetico danno all’ecosistema naturale, causato dalle concessioni minerarie e dalle trasformazioni indotte da esse, costituisce violazione dei diritti costituzionali della natura. Pertanto, gli atti del Ministerio de Minería e del Ministerio del Ambiente violano i diritti della natura che spettano al Bosque Protector Los Cedros, in base all’assunto costituzionale.
Accertata la violazione dei diritti della natura, la Corte ha analizzato la lesione del diritto all’acqua e ad un ambiente salubre delle comunità abitanti. Le concessioni favorite dalle autorità amministrative, infatti, implicavano la conseguente privatizzazione delle fonti idriche che avrebbe reso difficoltoso l’accesso della popolazione all’acqua potabile. Secondo una giurisprudenza costituzionale già consolidata (sentenza n. 232-15-JP/21), tale atteggiamento integra una chiara lesione dei diritti costituzionali all’acqua e ad un ambiente sano (art. 313) e, quindi, anche una violazione del parametro indigeno del buen vivir (o della vida digna), oltre ad una violazione degli artt. 11-12 della Ley Orgánica de Recursos Hídricos, Usos y Aprovechamiento de Agua e dei principi sanciti dal Patto internazionale per i diritti economici, sociali e culturali.
Per quanto riguarda la violazione del diritto di consultazione delle comunità, la Corte ha premesso che il testo costituzionale contempla due tipi di consultazione, quella prelegislativa, ai fini della formazione di progetti di legge, e quella preventiva, libera e informata, diritto specifico dei popoli e delle comunità indigene relativamente a modificazioni del proprio ambiente antropico e naturale. Tale consulta relativa alle questioni di carattere ambientale (cd. consulta ambiental) è tutelata sia dalle disposizioni costituzionali (artt. 57, 61 e 398), sia dalla legge (art. 82 della Ley Orgánica de Participación Ciudadana, art. 184 del Código del Ambiente, art. 87 della Ley de Minería), sia, infine, dal diritto internazionale (Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni). È compito e responsabilità dello Stato garantire il suo regolare svolgimento, per cui non può essere delegata ad altri enti. La Corte sottolinea come la consulta ambiental debba essere preventiva a qualsiasi atto/fatto che comporta una modificazione dell’ambiente, debba informare apertamente la comunità coinvolta e debba essere condotta secondo i criteri di libertà e buona fede, come previsto anche dalla legge (art. 28 della Ley de Gestión Ambiental). Infine, perché la consulta ambiental sia legittima, deve informare ampiamente la comunità e, pertanto, deve essere accessibile, chiara, obiettiva e completa, secondo i parametri introdotti dall’Acuerdo de Escazú. Nel caso in questione, non risultando che le autorità statali abbiano condotto regolarmente il procedimento di consultazione preventivo, gli atti di concessione mineraria e idrica sono da considerare illegittimi e devono essere annullati ex tunc.
In conclusione, secondo la Corte, il Ministerio de Minería e il Ministerio del Ambiente hanno violato i diritti della natura del Bosque Protector Los Cedros e il diritto all’acqua, ad un ambiente sano e alla consultazione preventiva delle comunità abitanti e, quindi, sono condannati a ripristinare lo status quo ante, secondo il principio della restitutio in integrum, sancito dall’art.11, n.9, della Costituzione. Di conseguenza, non sono consentite le attività che minacciano l’integrità dei diritti della natura del Bosque Los Cedros - e, quindi, pure qualsiasi attività di ricerca e di estrazione mineraria. Pertanto, non solo tutti i permessi e le concessioni minerarie ottenute precedentemente e iscritte nel registro ambientale non hanno alcun effetto, ma tutte le infrastrutture e le opere già costruite in seguito alle predette concessioni devono essere smantellate e la zona disboscata deve essere ripristinata e recuperata. Inoltre, il Ministro e il GAD di Cotacachi devono adottare tutte le misure necessarie per la preservazione ambientale, promuovendo la costruzione di un piano partecipativo e mezzi adeguati a contrastare le estrazioni minerarie illegali, incentivando la riqualificazione ambientale dell’area.
La sentenza costituzionale, che ha ricevuto sette voti favorevoli e due voti contrari da parte dei giudici della Corte, si inserisce perfettamente nel quadro della giurisprudenza costituzionale ecologica (già inaugurata nel 2016 dalla sentenza T-622 della Corte costituzionale colombiana), che ha acclarato la personalità giuridica della Natura come soggetto di diritto, in grado di ricorrere in giudizio per tutelare i diritti specifici di cui è titolare, ed è destinata a ricoprire un ruolo rivoluzionario nella costruzione di un parametro costituzionale univoco per i diritti della natura.
17 Gennaio 2022