Lo stato dell’arte della comparazione giuridica in materia di diritti di proprietà (recensione a ‘Comparative Property Law. Global Perspectives’, a cura di M. Graziadei e L. Smith)
La fortunata serie ‘Research Handbooks in Comparative Law’ (curata dagli editors Francesco Parisi e Tom Ginsburg) si è recentemente arricchita del volume ‘Comparative Property Law. Global Perspectives’, Edward Elgar Publishing, 2017, 478 pagine, che – sotto la guida di Michele Graziadei e Lionel Smith – raccoglie i contributi in materia di diritti di proprietà di ventuno autori di diversa estrazione disciplinare e formazione giuridica, con il dichiarato scopo «to facilitate the research and the study of property law from a comparative standpoint» (Preface, x) e di colmare, almeno parzialmente (poiché alcuni importanti temi, segnatamente la proprietà intellettuale e le garanzie reali, pur inerenti i diritti di proprietà, non trovano spazio nel volume) una assunta minore attenzione degli studi comparatistici rispetto ai diritti di proprietà.
Il volume si caratterizza per un triplice approccio al tema dei diritti di proprietà, nella misura in cui si confronta con prospettive sui diritti di proprietà fornite da altre discipline, riconsidera e dà nuova luce alle linee tradizionali di indagine del modello di proprietà privata e pubblica, nonché indaga nello specifico alcuni profili dei diritti di proprietà di più recente emersione, caratterizzati – in misura maggiore o minore – da una collocazione dei diritti di proprietà nel contesto dei diritti fondamentali delle collettività.
Nell’ambito della prima linea di indagine si collocano i contributi di T. Earle (Property in prehistory), teso a dimostrare come i solidi reperti archeologici oggi a disposizione dei ricercatori consentano di compiere ragionevoli valutazioni sulle origini dei modelli proprietari, di B. Turner (The anthropology of property), il quale focalizza la propria attenzione sullo stato dell’arte della social anthropology (pur non trascurando l’antropologia economica ed ecologica) e le sue ripercussioni sulle analisi giuridiche e, sebbene inserito in una differente parte del volume, il saggio di R. Aluffi e D. Francavilla (Property and the religious sphere), i quali analizzano e illustrano l’impatto del fenomeno religioso (Hindu, buddista, ebraico, cristiano, sharaitico) sulle concezioni di proprietà.
Nel secondo più classico filone di indagine, con finalità e risultati soprattutto ricostruttivi degli ultimi risultati della ricerca comparata, si situano – sotto un versante pubblicistico – il saggio di A. van der Walt e R. Walsh (Comparative constitutional property law) e quello di G. Resta (Systems of public owernship), quest’ultimo segnalandosi in quanto, oltre a fornire una lineare ricostruzione dei modelli di proprietà pubblica utilizzati nell’ambito della tradizione giuridica occidentale, procede all’analisi dei rapporti esistenti fra i sistemi di proprietà pubblica e il diritto coloniale. Sui modelli di proprietà privata e la consolidata “grammatica” di quest’area della comparazione giuridica – su tutti si consideri il saggio di M. Graziadei (The structure of property ownership and the common law/civil law divide), il quale affronta i fondamenti della distinzione del modello proprietario di civil law da quello di common law, offrendo numerosi spunti per attenuare una distinzione che appare andarsi affievolendo – si concentrano i lavori di S. Praduroux (Objects of property rights: old and new), B. Akkermans (The numerus clausus of property rights), L. van Vliet (Transfer of property inter vivos), Y. Emerich (Possession) e A. Braun (The state of the art of comparative research in the area of trusts), alcuni meramente ricostruttivi, altri, maggiormente innovativi, caratterizzati soprattutto da una lettura epistemologica dell’oggetto della ricerca. Sempre in quest’ambito appare corretto inserire il saggio di F. Valguarnera (Access to nature), che affronta sotto una luce nuova il rapporto tra il diritto di escludere gli altri dalla propria proprietà e l’interesse al piacere spirituale del contatto con la natura.
Certamente eterogenei – a partire dal lavoro di F. Francioni (Cultural property in international law) – risultano essere i contributi che compongono (insieme ad altri di cui si è già detto sopra) la terza parte del volume (rubricata Contested Global Dimension of Property Law), muovendosi dall’interessante gruppo di saggi che affronta sotto diversi profili il dibattuto tema dei diritti delle popolazioni meno forti politicamente nel proprio contesto statale al possesso del territorio nativo – F. Lenzerini (The land rights of indigenous peoples under international law), A. Lehavi (Land law in the age of globalization and land grabbing), K. McNeil (Indigenous territorial rights in the common law), A.M. Larson, I. Monterroso, M. Ram Banjade e E. Mwangi (Community rights to forests in the tropics) e L. Alden Wily (Customary tenure: remaking property for the 21th century) – all’esiguo scritto di D.B. Schorr (Water rights), il cui tema di indagine avrebbe ben meritato un maggiore approfondimento posta la centralità politica del bene acqua.
Il volume è completato da alcuni saggi che affrontano discipline giuridiche delle proprietà in cui il modello proprietario non appare ancora del tutto stabilizzato, dal lavoro di S. Qiao e F.K. Upham (China’s changing property law landscape), i quali analizzano il regime proprietario cinese nel passaggio dal socialismo a un’economia c.d. mista, a quello di J.L. Esquirol (Formalizing property in Latin America), attento agli sviluppi occorsi nel contesto giuridico informale dei paesi latinoamericani.