La Costituzione della Corsica nella prospettiva del costituzionalismo italiano del Settecento. Intorno a un recente libro di Antonio Trampus
Negli ultimi anni l’idea di costituzione ha trovato nuova centralità e ha destato nuovi interessi storiografici nella prospettiva del diritto pubblico e della storia costituzionale. Giuristi e storici, seppure da prospettive diverse, hanno manifestato l’esigenza di ripensare le classiche definizioni, schematizzazioni e contrapposizioni circa l’idea di costituzione e il suo divenire storico. Alcuni hanno cercato di ridimensionare le contrapposizioni nette tra epoche e concezioni, valorizzando la prospettiva di lungo periodo, altri hanno attenuato la classica distinzione tra costituzione formale e materiale e hanno ridotto la differenziazione dicotomica tra assolutismo e costituzionalismo; anche la divisione tra costituzionalismo antico e moderno, descrittivo e prescrittivo, che risale alla prospettiva di McIlwain, è stata contestata; inoltre è stata criticata l’idea della mancanza di un ordinamento costituzionale nel medioevo ed è stato messo in discussione il postulato di una costituzione tipica dell’età moderna. L’opera di Antonio Trampus (Storia del costituzionalismo italiano nell’età dei Lumi, Roma-Bari, Laterza, 2009), che si inserisce in una tradizione storiografica che risale al magistero di Franco Venturi e arriva fino ai lavori più innovativi degli ultimi anni, si colloca a pieno titolo in questa nuova riflessione critica sull’idea di costituzione.
L’originalità e l’importanza del libro risiede in almeno due aspetti: da un lato mette al centro della riflessione storica sul costituzionalismo italiano il Settecento, il secolo che in Europa, e in particolare in Italia, ha rappresentato il laboratorio politico dove si verificò il superamento dell’ancien régime, che la storiografia ha paradossalmente trascurato; dall’altro affronta, attraverso un’attenta comparazione istituzionale e culturale, il costituzionalismo anglo-americano e quello continentale, valorizzando il cosiddetto costituzionalismo del Mediterraneo. In questa prospettiva, tra i numerosi aspetti trattati, l’autore si sofferma sulla rivoluzione di Corsica, una vicenda che ha svolto un ruolo fondamentale nel percorso del costituzionalismo europeo e che, tranne rare eccezioni, è stata sottovalutata dalla storiografia.
Dalle pagine del volume emerge l’importanza di questo episodio apparentemente marginale della storia costituzionale dell’età dei lumi, che nel corso della metà del Settecento era divenuto argomento di ogni conversazione dotta e che rappresentava un percorso originale del costituzionalismo repubblicano. Il caso della rivoluzione corsa, iniziata nel 1729 con la ribellione da parte del popolo alla dominazione genovese, mise in evidenza una svolta nel paradigma dominante dell’epoca che negli anni successivi avrebbe contraddistinto le esperienze americane e francesi: la svolta, anche lessicale, e il passaggio dalla rivolta al diritto di resistenza. Pasquale Paoli, che si ispirava esplicitamente all’esempio olandese della lotta contro il dominio spagnolo, era consapevole che la “tradizionale costituzione” corsa era stata violata dai genovesi e che il diritto di esercitare la resistenza contro la tirannia era non solo un diritto dei singoli, ma dell’intera nazione corsa. Nel documento elaborato da Paoli nel 1755 emergevano alcuni degli aspetti più significativi del costituzionalismo settecentesco, tra i quali la struttura del testo in forma di dichiarazione, il ricorso al potere costituente, la separazione dei poteri, il potere legislativo esercitato dal popolo riunito in assemblea e la consapevolezza di una fase di radicale discontinuità con il passato. Il lessico utilizzato, al quale Trampus dedica un’acuta e originale attenzione, è particolarmente significativo e segna il passaggio da un’idea di costituzione tradizionale a quella di un testo simbolo di un momento rivoluzionario e costituente: la contrapposizione dunque, percepita dallo stesso Paoli, tra la costituzione tradizionale di natura “convenzionata” all’atto costituente prodotto di un’Assemblea (la Dieta generale) espressione della nazione. Il testo costituzionale, uno dei primi tentativi di eversione dall’ancien régime e di reazione al dispotismo nell’Europa moderna, rappresentava un tentativo di instaurare un sistema democratico e repubblicano, caratterizzato da un’ispirazione dei diritti di tipo comunitaristico.
L’attenzione europea verso le vicende corse era tale che Jean-Jacques Rousseau vi dedicò un passo del Contratto sociale del 1762, dove segnalava l’esistenza di un popolo che stava riscoprendo e riacquistando la libertà: «In Europa – scriveva il ginevrino – vi è ancora un paese che può ricevere una legislazione: è l’isola di Corsica. Il valore e la costanza con cui questo valoroso popolo ha saputo ricuperare e difendere la sua libertà meriterebbero che qualche uomo saggio gli insegnasse a conservarla. Ho il vago presentimento che un giorno questa piccola isala meraviglierà l’Europa».
Proprio Rousseau nel 1764 fu invitato da Matteo Buttafuoco, un collaboratore di Paoli, a svolgere il ruolo di legislatore per l’isola. Egli probabilmente non conosceva il testo costituzionale di Paoli mentre ricevette un progetto di Buttafuoco. Nel programma politico costituzionale di Buttafuovo emergevano due prospettive di intendere il costituzionalismo: da un lato la costituzione consuetudinaria sul modello delle leggi fondamentali del regno francesi, dall’altro la creazione da parte di una volontà costituente di un nuovo assetto politico. Le differenze tra il progetto di Buttafuoco e quello di Paoli erano tuttavia considerevoli: il primo prevedeva un modello costituzionale di tipo cetuale ispirato a Montesquieu che si riduceva a un criterio di moderazione e di equilibrio basato sul ruolo della nobiltà, il secondo invece manteneva al centro della sua prospettiva la sovranità della Dieta, ovvero dei rappresentanti delle comunità locali. Dopo un primo diniego, Rousseau nel 1765 accole l’invito dei rivoluzionari corsi e iniziò la stesura del suo piano istituzionale per la Corsica, Projet de constitution pour la Corse, che però ricalcava lo schema di Buttafuoco di un governo misto dove il popolo si riuniva per ceti.
Con la cessione dell’isola alla Francia nel 1768 e l’esilio in Inghilterra di Paoli, il quale si ripiegò su posizioni moderate, si verificò l’eclissi dell’esperienza costituzionale corsa, la quale tuttavia ritrovò la sua attualità nella rivoluzione americana che vedeva nelle vicende rivoluzionarie e costituzionali di Corsica, seppure in una dimensione utopica, un modello radicale di libertà e di democrazia.