La Corte costituzionale ritorna su legislazione regionale e diritti dei cittadini comunitari ed extracomunitari
20 Settembre 2010
|di Redazione
SENTENZA N. 269
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, commi 2 e 4; 6, commi 11, 35, 43, 51 e 55, lettera d), della legge della Regione Toscana 9 giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30 luglio/3 agosto 2009, depositato in cancelleria il 6 agosto 2009 ed iscritto al n. 52 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2010 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana.
(Omissis…)
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2010 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana.
(Omissis…)
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale degli articoli 2, commi 2 e 4, e 6, commi 11, 35, 43, 51 e 55, lettera d), della legge della Regione Toscana 9 giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana). Il ricorrente assume che le citate disposizioni esorbiterebbero dalla sfera di competenza regionale, incidendo su materie quali la «condizione giuridica dello straniero», l’«immigrazione», i «rapporti dello Stato con l’Unione europea», di competenza esclusiva del legislatore statale, in violazione dell’articolo 117, commi secondo, lettere a) e b), e nono, della Costituzione.
2.– In particolare, è impugnato l’art. 2, comma 2, della legge regionale citata, nella parte in cui, prevedendo specifici interventi in favore degli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno, inciderebbe sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati, di competenza esclusiva del legislatore statale.
2.1.– La questione è inammissibile.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la delibera governativa di impugnazione della legge e l’allegata relazione ministeriale, alla quale si rinvia, devono contenere l’indicazione delle disposizioni impugnate a pena di inammissibilità delle relative censure. Nella specie, di tale disposizione non si fa alcuna menzione nella delibera del Consiglio dei ministri (ed in specie nell’allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni) che dispone l’impugnazione della legge regionale, cosicché deve essere dichiarata inammissibile la relativa questione.
3.– È, poi, impugnato l’art. 2, comma 4, della medesima legge regionale, nella parte in cui, disponendo che «gli interventi previsti dalla presente legge sono estesi anche a cittadini neocomunitari compatibilmente con le previsioni normative vigenti, fatte salve norme più favorevoli», violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. Tale norma, ad avviso del ricorrente, introdurrebbe una misura concernente i cittadini comunitari, riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di disciplina dei rapporti con l’Unione europea, oltre che in contrasto con i principi posti in tema di «diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea» di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo modificato dall’art. 37 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
3.1.– La questione non è fondata.
La norma regionale censurata si inserisce in un quadro normativo volto a favorire la piena integrazione anche dei cittadini neocomunitari, presupposto imprescindibile per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di cittadinanza europea. Con il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), il legislatore statale delegato ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE), concernente il diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari. Con il predetto decreto sono stati stabiliti precisi criteri inerenti al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea, volti a disciplinare il riconoscimento in favore dei medesimi di una serie di prestazioni relative a diritti civili e sociali. Le indicazioni contenute nel citato decreto, tuttavia, devono essere armonizzate con le norme dell’ordinamento costituzionale italiano che sanciscono la tutela della salute, assicurano cure gratuite agli indigenti, l’esercizio del diritto all’istruzione, e, comunque, attengono a prestazioni concernenti la tutela di diritti fondamentali, spettanti ai cittadini neocomunitari in base all’art. 12 del Trattato, che impone sia garantita, ai cittadini comunitari che si trovino in una situazione disciplinata dal diritto dell’Unione europea, la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro.
In questa prospettiva, la norma regionale in esame non determina alcuna lesione delle competenze legislative statali in tema di rapporti con l’Unione europea, limitandosi ad assicurare anche ai cittadini neocomunitari quelle prestazioni ad essi dovute nell’osservanza di obblighi comunitari e riguardanti settori di propria competenza, concorrente o residuale, riconducibili al settore sanitario, dell’istruzione, dell’accesso al lavoro ed all’edilizia abitativa e della formazione professionale.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre, l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 35, della legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui dispone che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), «tutte le persone dimoranti nel territorio regionale, anche se prive di titolo di soggiorno, possono fruire degli interventi socio assistenziali urgenti ed indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti ad ogni persona in base alla Costituzione ed alle norme internazionali». Detta norma, infatti, riconoscerebbe allo straniero irregolarmente presente in Italia una serie di prestazioni non individuate puntualmente, riservando alla Regione la fissazione dei criteri per identificare i caratteri dell’urgenza e dell’indifferibilità, quindi, lo stesso contenuto di tali prestazioni, e dando vita così ad un sistema socio-assistenziale parallelo per gli stranieri non presenti regolarmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., oltre che dell’art. 35, comma 3, e dell’art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998.
4.1.– La questione non è fondata.
Questa Corte ha già più volte affermato che «lo straniero è […] titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona» (sentenza n. 148 del 2008) ed in particolare, con riferimento al diritto all’assistenza sanitaria, ha precisato che esiste «un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto». Quest’ultimo deve perciò essere riconosciuto «anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato, pur potendo il legislatore prevedere diverse modalità di esercizio dello stesso» (sentenza n. 252 del 2001). Il legislatore statale, con il d.lgs. n. 286 del 1998, ha recepito tale impostazione, statuendo, in specie all’art. 35, comma 3, che «ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva», assicurando altresì la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
In questo quadro si colloca la norma regionale censurata, la quale, in attuazione dei principi fondamentali posti dal legislatore statale in tema di tutela della salute, provvede ad assicurare anche agli stranieri irregolari le fondamentali prestazioni sanitarie ed assistenziali atte a garantire il diritto all’assistenza sanitaria, nell’esercizio della propria competenza legislativa, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in tema di ingresso e soggiorno in Italia dello straniero, anche con riguardo allo straniero dimorante privo di un valido titolo di ingresso.
5.– Viene, inoltre, impugnato l’art. 6, comma 51, della citata legge regionale, nella parte in cui stabilisce che «la rete regionale di sportelli informativi supporta i comuni nella sperimentazione, avvio ed esercizio delle funzioni relative al rilascio dei titoli di soggiorno; promuove inoltre il coordinamento tra gli enti locali per lo sviluppo dei servizi volti a facilitare e semplificare i rapporti tra i cittadini stranieri e la pubblica amministrazione». Così disponendo, essa inciderebbe sulle materie «condizione giuridica dello straniero» ed «immigrazione», in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost. poiché non si limiterebbe a garantire un supporto nell’informazione relativa agli adempimenti per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno, ma estenderebbe i compiti di detta rete regionale a funzioni che le norme statali non attribuiscono ai Comuni, in contrasto con quanto statuito dall’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, che demanda alle Questure le funzioni di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno.
5.1.– Anche tale questione non è fondata.
La norma impugnata disciplina una mera attività di supporto alla rete informativa già presente ed avviata, tra l’altro, sulla base del Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ed il Ministero dell’Interno, con il quale si è dato inizio ad una sperimentazione volta ad attribuire progressivamente competenze ai Comuni per quanto riguarda l’istruttoria relativa al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno.
Essa, pertanto, lungi dal regolare aspetti propriamente incidenti sulla materia dell’immigrazione, si limita a prevedere una forma di assistenza in favore degli stranieri presenti sul territorio regionale che si sostanzia nel mero affidamento agli enti locali di quegli adempimenti che, nell’ambito dei procedimenti di richiesta e rinnovo di permesso di soggiorno e di carta di soggiorno, diversamente sarebbero stati svolti direttamente dagli stessi richiedenti (sentenza n. 156 del 2006), nel pieno rispetto delle competenze statali di cui all’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del 1998 .
La Regione, peraltro, già dal 5 marzo 2008 ha provveduto a regolare forme di assistenza ed implementazione della rete di sportelli informativi per gli stranieri, avviando un progetto delineato nel Protocollo d’intesa stipulato con l’ANCI e poi ampliato con il successivo Protocollo stipulato tra Regione Toscana e ANCI Toscana in data 8 febbraio 2010, in vista dell’obiettivo di fornire un’attività di mero supporto e sostegno alla già esistente rete di assistenza ai cittadini stranieri, in armonia con quanto stabilito, peraltro, nel citato Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra l’ANCI ed il Ministero dell’Interno.
6.– È, poi, censurato l’art. 6, comma 55, lettera d), della legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale anche agli stranieri che abbiano proposto ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per riconoscimento dello status di rifugiato, richiesta di asilo, protezione sussidiaria o per ragioni umanitarie. Così disponendo, la Regione – ad avviso del ricorrente – avrebbe inciso sulla posizione dei soggetti sopra indicati, la cui regolamentazione spetterebbe alla competenza dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., senza, peraltro, operare alcun richiamo o rinvio alle pertinenti norme statali.
6.1.– La questione non è fondata.
Tale norma, al pari dell’art. 6, comma 55, si inserisce in un contesto normativo caratterizzato dal riconoscimento in favore dello straniero, anche privo di un valido titolo di soggiorno, di un nucleo irriducibile di tutela del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Al di là delle indicazioni generali contenute nel citato art. 35, comma 3, del d. lgs., n. 286 del 1998, in tema di assistenza sanitaria, occorre ricordare che, con particolare riferimento alla categoria di soggetti presi in considerazione dalla norma regionale in esame, l’art. 34, comma 1, lettera b), del medesimo decreto prescrive l’iscrizione al servizio sanitario nazionale degli stranieri che abbiano richiesto il rinnovo del titolo di soggiorno anche per asilo politico, per asilo umanitario o per richiesta di asilo. A chiarificazione dell’esatta portata della norma appena richiamata il Ministero della Sanità, con una circolare del 24 marzo 2000, n. 5, al punto I.A.6., ha precisato che l’iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale di coloro che abbiano presentato richiesta di asilo sia politico che umanitario è prescritta per tutto il «periodo che va dalla richiesta all’emanazione del provvedimento, incluso il periodo dell’eventuale ricorso contro il provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno».
In considerazione di tali prescrizioni, appare evidente che la norma regionale impugnata si limita a disciplinare la materia della tutela della salute, per la parte di propria competenza, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in ordine alla posizione dei soggetti sopra indicati, alle cui norme implicitamente fa rinvio.
7.– Sono, infine, censurati i commi 11 e 43 dell’art. 6, nella parte in cui, il primo stabilisce che «La Regione promuove intese e azioni congiunte con gli enti locali, con le altre regioni, con gli uffici centrali e periferici delle amministrazioni statali, con le istituzioni europee, le agenzie delle Nazioni Unite competenti nella materia delle migrazioni»; il secondo dispone che «La Regione, in conformità alla legislazione statale, promuove intese volte a facilitare l’ingresso in Italia di cittadini stranieri per la frequenza di corsi di formazione professionale o tirocini formativi».
Secondo la difesa dello Stato, entrambe le disposizioni sarebbero illegittime: la prima perché in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), e nono comma, Cost. e con l’art. 6, commi 2 e 3, della legge n. 131 del 2003, il quale non include gli organismi internazionali tra i soggetti con i quali le Regioni possono instaurare rapporti; entrambe poiché assegnerebbero alle Regioni, in contrasto con quanto stabilito dal predetto art. 117, secondo comma, lettere a) e b), e nono comma, Cost., compiti internazionali in una materia, quella delle politiche migratorie, che non appartiene alla competenza regionale e che attiene alla disciplina dei flussi migratori.
7.1.– Anche le predette questioni non sono fondate.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, quanto al potere estero delle Regioni, che esso si risolve in «attività di mero rilievo internazionale», che corrispondono a quelle attività compiute con omologhi organismi esteri «aventi per oggetto finalità di studio o di informazione (in materie tecniche) oppure la previsione di partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine, l’enunciazione di propositi intesi ad armonizzare unilateralmente le rispettive condotte» (sentenza n. 454 del 2007), nelle materie di competenza regionale, ovvero in quelle azioni finalizzate al raccordo delle proprie attività – sempre nelle materie di propria competenza – con iniziative dell’amministrazione statale, dell’Unione europea o anche degli organismi internazionali (sentenza n. 131 del 2008), che siano ovviamente adottate nel rispetto dei principi della politica estera fissati dallo Stato.
Sulla base di tali premesse, risulta evidente che le censure sollevate nei confronti delle citate disposizioni regionali sono prive di fondamento.
Infatti, quanto al comma 11 dell’art. 6, esso non fa altro che raccordare l’attività della Regione, nelle materie di propria competenza, con quella delle altre Regioni, delle amministrazioni statali, delle istituzioni europee e degli organismi internazionali, in vista del più efficace perseguimento, in via puramente indiretta ed accessoria, delle finalità delineate dal legislatore statale in tema di politiche migratorie.
Quanto, poi, al comma 43 del medesimo art. 6, l’obiettivo della norma è chiaramente quello di consentire alla Regione di promuovere intese (al fine di agevolare la frequenza degli stranieri ai corsi di formazione professionale o tirocini formativi), che si riferiscono ad un ambito di competenza legislativa regionale residuale, corrispondente appunto alla formazione professionale, peraltro espressamente da realizzare «in conformità alla legislazione statale» e cioè nel pieno rispetto dei principi della politica estera fissati dallo Stato.
2.– In particolare, è impugnato l’art. 2, comma 2, della legge regionale citata, nella parte in cui, prevedendo specifici interventi in favore degli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno, inciderebbe sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati, di competenza esclusiva del legislatore statale.
2.1.– La questione è inammissibile.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la delibera governativa di impugnazione della legge e l’allegata relazione ministeriale, alla quale si rinvia, devono contenere l’indicazione delle disposizioni impugnate a pena di inammissibilità delle relative censure. Nella specie, di tale disposizione non si fa alcuna menzione nella delibera del Consiglio dei ministri (ed in specie nell’allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni) che dispone l’impugnazione della legge regionale, cosicché deve essere dichiarata inammissibile la relativa questione.
3.– È, poi, impugnato l’art. 2, comma 4, della medesima legge regionale, nella parte in cui, disponendo che «gli interventi previsti dalla presente legge sono estesi anche a cittadini neocomunitari compatibilmente con le previsioni normative vigenti, fatte salve norme più favorevoli», violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. Tale norma, ad avviso del ricorrente, introdurrebbe una misura concernente i cittadini comunitari, riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di disciplina dei rapporti con l’Unione europea, oltre che in contrasto con i principi posti in tema di «diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea» di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo modificato dall’art. 37 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
3.1.– La questione non è fondata.
La norma regionale censurata si inserisce in un quadro normativo volto a favorire la piena integrazione anche dei cittadini neocomunitari, presupposto imprescindibile per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di cittadinanza europea. Con il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), il legislatore statale delegato ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE), concernente il diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari. Con il predetto decreto sono stati stabiliti precisi criteri inerenti al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea, volti a disciplinare il riconoscimento in favore dei medesimi di una serie di prestazioni relative a diritti civili e sociali. Le indicazioni contenute nel citato decreto, tuttavia, devono essere armonizzate con le norme dell’ordinamento costituzionale italiano che sanciscono la tutela della salute, assicurano cure gratuite agli indigenti, l’esercizio del diritto all’istruzione, e, comunque, attengono a prestazioni concernenti la tutela di diritti fondamentali, spettanti ai cittadini neocomunitari in base all’art. 12 del Trattato, che impone sia garantita, ai cittadini comunitari che si trovino in una situazione disciplinata dal diritto dell’Unione europea, la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro.
In questa prospettiva, la norma regionale in esame non determina alcuna lesione delle competenze legislative statali in tema di rapporti con l’Unione europea, limitandosi ad assicurare anche ai cittadini neocomunitari quelle prestazioni ad essi dovute nell’osservanza di obblighi comunitari e riguardanti settori di propria competenza, concorrente o residuale, riconducibili al settore sanitario, dell’istruzione, dell’accesso al lavoro ed all’edilizia abitativa e della formazione professionale.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre, l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 35, della legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui dispone che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), «tutte le persone dimoranti nel territorio regionale, anche se prive di titolo di soggiorno, possono fruire degli interventi socio assistenziali urgenti ed indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti ad ogni persona in base alla Costituzione ed alle norme internazionali». Detta norma, infatti, riconoscerebbe allo straniero irregolarmente presente in Italia una serie di prestazioni non individuate puntualmente, riservando alla Regione la fissazione dei criteri per identificare i caratteri dell’urgenza e dell’indifferibilità, quindi, lo stesso contenuto di tali prestazioni, e dando vita così ad un sistema socio-assistenziale parallelo per gli stranieri non presenti regolarmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., oltre che dell’art. 35, comma 3, e dell’art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998.
4.1.– La questione non è fondata.
Questa Corte ha già più volte affermato che «lo straniero è […] titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona» (sentenza n. 148 del 2008) ed in particolare, con riferimento al diritto all’assistenza sanitaria, ha precisato che esiste «un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto». Quest’ultimo deve perciò essere riconosciuto «anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato, pur potendo il legislatore prevedere diverse modalità di esercizio dello stesso» (sentenza n. 252 del 2001). Il legislatore statale, con il d.lgs. n. 286 del 1998, ha recepito tale impostazione, statuendo, in specie all’art. 35, comma 3, che «ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva», assicurando altresì la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
In questo quadro si colloca la norma regionale censurata, la quale, in attuazione dei principi fondamentali posti dal legislatore statale in tema di tutela della salute, provvede ad assicurare anche agli stranieri irregolari le fondamentali prestazioni sanitarie ed assistenziali atte a garantire il diritto all’assistenza sanitaria, nell’esercizio della propria competenza legislativa, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in tema di ingresso e soggiorno in Italia dello straniero, anche con riguardo allo straniero dimorante privo di un valido titolo di ingresso.
5.– Viene, inoltre, impugnato l’art. 6, comma 51, della citata legge regionale, nella parte in cui stabilisce che «la rete regionale di sportelli informativi supporta i comuni nella sperimentazione, avvio ed esercizio delle funzioni relative al rilascio dei titoli di soggiorno; promuove inoltre il coordinamento tra gli enti locali per lo sviluppo dei servizi volti a facilitare e semplificare i rapporti tra i cittadini stranieri e la pubblica amministrazione». Così disponendo, essa inciderebbe sulle materie «condizione giuridica dello straniero» ed «immigrazione», in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost. poiché non si limiterebbe a garantire un supporto nell’informazione relativa agli adempimenti per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno, ma estenderebbe i compiti di detta rete regionale a funzioni che le norme statali non attribuiscono ai Comuni, in contrasto con quanto statuito dall’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, che demanda alle Questure le funzioni di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno.
5.1.– Anche tale questione non è fondata.
La norma impugnata disciplina una mera attività di supporto alla rete informativa già presente ed avviata, tra l’altro, sulla base del Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ed il Ministero dell’Interno, con il quale si è dato inizio ad una sperimentazione volta ad attribuire progressivamente competenze ai Comuni per quanto riguarda l’istruttoria relativa al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno.
Essa, pertanto, lungi dal regolare aspetti propriamente incidenti sulla materia dell’immigrazione, si limita a prevedere una forma di assistenza in favore degli stranieri presenti sul territorio regionale che si sostanzia nel mero affidamento agli enti locali di quegli adempimenti che, nell’ambito dei procedimenti di richiesta e rinnovo di permesso di soggiorno e di carta di soggiorno, diversamente sarebbero stati svolti direttamente dagli stessi richiedenti (sentenza n. 156 del 2006), nel pieno rispetto delle competenze statali di cui all’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del 1998 .
La Regione, peraltro, già dal 5 marzo 2008 ha provveduto a regolare forme di assistenza ed implementazione della rete di sportelli informativi per gli stranieri, avviando un progetto delineato nel Protocollo d’intesa stipulato con l’ANCI e poi ampliato con il successivo Protocollo stipulato tra Regione Toscana e ANCI Toscana in data 8 febbraio 2010, in vista dell’obiettivo di fornire un’attività di mero supporto e sostegno alla già esistente rete di assistenza ai cittadini stranieri, in armonia con quanto stabilito, peraltro, nel citato Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra l’ANCI ed il Ministero dell’Interno.
6.– È, poi, censurato l’art. 6, comma 55, lettera d), della legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale anche agli stranieri che abbiano proposto ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per riconoscimento dello status di rifugiato, richiesta di asilo, protezione sussidiaria o per ragioni umanitarie. Così disponendo, la Regione – ad avviso del ricorrente – avrebbe inciso sulla posizione dei soggetti sopra indicati, la cui regolamentazione spetterebbe alla competenza dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., senza, peraltro, operare alcun richiamo o rinvio alle pertinenti norme statali.
6.1.– La questione non è fondata.
Tale norma, al pari dell’art. 6, comma 55, si inserisce in un contesto normativo caratterizzato dal riconoscimento in favore dello straniero, anche privo di un valido titolo di soggiorno, di un nucleo irriducibile di tutela del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Al di là delle indicazioni generali contenute nel citato art. 35, comma 3, del d. lgs., n. 286 del 1998, in tema di assistenza sanitaria, occorre ricordare che, con particolare riferimento alla categoria di soggetti presi in considerazione dalla norma regionale in esame, l’art. 34, comma 1, lettera b), del medesimo decreto prescrive l’iscrizione al servizio sanitario nazionale degli stranieri che abbiano richiesto il rinnovo del titolo di soggiorno anche per asilo politico, per asilo umanitario o per richiesta di asilo. A chiarificazione dell’esatta portata della norma appena richiamata il Ministero della Sanità, con una circolare del 24 marzo 2000, n. 5, al punto I.A.6., ha precisato che l’iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale di coloro che abbiano presentato richiesta di asilo sia politico che umanitario è prescritta per tutto il «periodo che va dalla richiesta all’emanazione del provvedimento, incluso il periodo dell’eventuale ricorso contro il provvedimento di diniego del rilascio del permesso di soggiorno».
In considerazione di tali prescrizioni, appare evidente che la norma regionale impugnata si limita a disciplinare la materia della tutela della salute, per la parte di propria competenza, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in ordine alla posizione dei soggetti sopra indicati, alle cui norme implicitamente fa rinvio.
7.– Sono, infine, censurati i commi 11 e 43 dell’art. 6, nella parte in cui, il primo stabilisce che «La Regione promuove intese e azioni congiunte con gli enti locali, con le altre regioni, con gli uffici centrali e periferici delle amministrazioni statali, con le istituzioni europee, le agenzie delle Nazioni Unite competenti nella materia delle migrazioni»; il secondo dispone che «La Regione, in conformità alla legislazione statale, promuove intese volte a facilitare l’ingresso in Italia di cittadini stranieri per la frequenza di corsi di formazione professionale o tirocini formativi».
Secondo la difesa dello Stato, entrambe le disposizioni sarebbero illegittime: la prima perché in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), e nono comma, Cost. e con l’art. 6, commi 2 e 3, della legge n. 131 del 2003, il quale non include gli organismi internazionali tra i soggetti con i quali le Regioni possono instaurare rapporti; entrambe poiché assegnerebbero alle Regioni, in contrasto con quanto stabilito dal predetto art. 117, secondo comma, lettere a) e b), e nono comma, Cost., compiti internazionali in una materia, quella delle politiche migratorie, che non appartiene alla competenza regionale e che attiene alla disciplina dei flussi migratori.
7.1.– Anche le predette questioni non sono fondate.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, quanto al potere estero delle Regioni, che esso si risolve in «attività di mero rilievo internazionale», che corrispondono a quelle attività compiute con omologhi organismi esteri «aventi per oggetto finalità di studio o di informazione (in materie tecniche) oppure la previsione di partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine, l’enunciazione di propositi intesi ad armonizzare unilateralmente le rispettive condotte» (sentenza n. 454 del 2007), nelle materie di competenza regionale, ovvero in quelle azioni finalizzate al raccordo delle proprie attività – sempre nelle materie di propria competenza – con iniziative dell’amministrazione statale, dell’Unione europea o anche degli organismi internazionali (sentenza n. 131 del 2008), che siano ovviamente adottate nel rispetto dei principi della politica estera fissati dallo Stato.
Sulla base di tali premesse, risulta evidente che le censure sollevate nei confronti delle citate disposizioni regionali sono prive di fondamento.
Infatti, quanto al comma 11 dell’art. 6, esso non fa altro che raccordare l’attività della Regione, nelle materie di propria competenza, con quella delle altre Regioni, delle amministrazioni statali, delle istituzioni europee e degli organismi internazionali, in vista del più efficace perseguimento, in via puramente indiretta ed accessoria, delle finalità delineate dal legislatore statale in tema di politiche migratorie.
Quanto, poi, al comma 43 del medesimo art. 6, l’obiettivo della norma è chiaramente quello di consentire alla Regione di promuovere intese (al fine di agevolare la frequenza degli stranieri ai corsi di formazione professionale o tirocini formativi), che si riferiscono ad un ambito di competenza legislativa regionale residuale, corrispondente appunto alla formazione professionale, peraltro espressamente da realizzare «in conformità alla legislazione statale» e cioè nel pieno rispetto dei principi della politica estera fissati dallo Stato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, legge della Regione Toscana 9 giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 4, e 6, commi 11, 35, 43, 51 e 55, lettera d), della medesima legge della Regione Toscana n. 29 del 2009, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere a) e b), e nono comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 luglio
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 luglio
2010.