“Gli irriducibili diritti”, ovvero dello straniero come persona. In merito alla pronuncia n. 269 del 2010 della Corte costituzionale italiana e alla definizione di una cittadinanza materiale

Nella pronuncia n. 269 del 7 luglio 2010 la Corte costituzionale italiana ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso dal Presidente del Consiglio contro la legge della Regione Toscana n. 29 del 8 giugno 2009 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana) sanzionando tutto quell’orientamento politico rivolto ad associare il godimento dei diritti sociali da parte degli stranieri al possesso dei regolari documenti di soggiorno. La Corte ha ribadito con fermezza un principio, che appare consolidato nell’ordinamento italiano, ossia il fatto che lo straniero, anche quando non è titolare del permesso di soggiorno, è titolare di tutti i diritti che la Costituzione attribuisce alla persona umana. Così facendo, la Corte ha collegato l’interpretazione dei diritti sociali in modo indissolubile alla dignità umana, confermando l’esistenza di un “nucleo irriducibile” del diritto alla salute.

Per quanto la legge in oggetto sia complessa e articolata, ci si soffermerà in particolare sugli aspetti relativi alla definizione del diritto alla salute, tenendo a margine gli strumenti e ambiti di protezione dei diritti sociali e di altri diritti. I punti controversi della legge si muovono sul crinale della definizione dell’ambito soggettivo delle misure indicate. La legge regionale, negli articoli impugnati, prevede che “specifici interventi sono previsti anche a favore di cittadini stranieri comunque dimoranti sul territorio nazionale, nei limiti indicati dalla presente legge” (art. 2.2). Un ulteriore comma portato di fronte al giudice costituzionale stabilisce che “La Regione (…) garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale per i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3 (ndr “cittadini stranieri titolari del permesso di soggiorno per richiesta di asilo, “status” di rifugiato, protezione sussidiaria o ragioni umanitarie”)”. La peculiarità della legge in oggetto, dunque, si trova nella codificazione dell’estensione del diritto alla salute anche a favore degli immigrati non in regola con le disposizioni di ingresso e di soggiorno vigenti. Un’ulteriore peculiarità delle legge in oggetto è da ritrovare nell’intenzione del legislatore, espressa nel lungo Preambolo. Oltre che fonte normativa, difatti, il Preambolo si presenta come un vero e proprio manifesto politico sul valore e sulla necessità di regolamentare il variegato fenomeno dell’immigrazione. Un insieme di considerazioni enumerate in quindici punti contribuiscono a stimolare, anche nell’universo culturale italiano, un profondo dibattito sul ripensamento della nozione di popolo e della definizione degli appartenenti alla comunità politica, non solo secondo lo ius sangunis e lo ius soli, ma anche secondo la linea delle relazioni lavorative-contrattuali, della produzione di reddito e dunque di imposte, del contributo materiale portato in termini di sviluppo economico-sociale e culturale, anche nella logica delle c.d. “politiche di attrazione di talenti”.

La sentenza in oggetto si pone in continuità con la linea già espressa in precedenza dalla Corte, riprendendo il dispositivo della sentenza n. 148 del 2008 secondo cui “lo straniero è […] titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona” e della sentenza n. 252 del 2001 secondo la quale “esiste un nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana”. Ad ampliare lo spettro di riflessione arriva la recentissima sentenza n. 299 del 18 ottobre 2010, sulla Legge regionale della Puglia n. 32 del 2009. La continuità dell’indirizzo giurisprudenziale, nella definizione dell’ambito soggettivo e materiale del diritto alla salute, è espressa al punto 2.2.1 del considerato in diritto, in cui la Corte fa esplicito riferimento ai dispositivi citati. E tuttavia, quest’ultima sentenza sembra spostare qualcosa sul piano dell’estensione del diritto alla tutela legale e alla difesa, in mancanza dei regolari titoli di soggiorno, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1.3.h della legge regionale.

Gli argomenti utilizzati dalla Corte nella sent. n. 269 sono condivisibili, nella misura in cui certificano la complessità delle fonti normative sulla materia della “condizione giuridica dello straniero” e interpretano il disegno regionale come tassello dell’attuazione delle disposizioni comunitarie e internazionali. La Corte, inoltre, al punto 7.1 del considerato in diritto, manifesta apprezzamento della “governance” promossa dalla Regione Toscana in materia di immigrazione, e dell’attività di raccordo dei molteplici livelli di protezione dei diritti. La possibilità di individuare una significativa divergenza tra l’indirizzo politico nazionale e l’indirizzo politico regionale, introdotta con la riforma del Titolo V, tuttavia, potrebbe portare ad un paradosso intrinseco di uno straniero “cittadino” sul territorio regionale, per taluni diritti, e straniero “non-cittadino” sul territorio nazionale per tal’altri. Tale aspetto è solo velatamente manifestato dal ricorrente nel punto della sentenza in cui sostiene che la previsione dell’articolo 6 comma 35 darebbe vita ad un “sistema socio-assistenziale parallelo per gli stranieri non presenti regolarmente nel territorio dello Stato”. La stessa sentenza contribuisce a consolidare la definizione del “nucleo irriducibile” del diritto alla salute destinato anche agli stranieri privi di regolare permesso di soggiorno, perfezionando la definizione di una vera e propria cittadinanza materiale per i non-cittadini dimoranti sul territorio nazionale italiano. L’ampliarsi dell’intervento normativo regionale, inoltre, dimostra della cogenza sociale del fenomeno immigratorio e della vulnerabilità della condizione materiale dello straniero. Da mero problema di ordine pubblico, l’immigrazione costringe anche l’ordinamento italiano a confrontarsi e aprirsi alle problematiche giuridiche del pluralismo sociale e culturale. E ancora, una simile tendenza in relazione alla tutela dei diritti sociali contribuisce ad aumentare l’asimmettria con il godimento dei diritti di partecipazione politica. Chissà che non arrivi proprio dalla Toscana, che già promuove nuove forme di partecipazione e rappresentanza, come si trova nel Preambolo della suddetta legge, una fonte di regolazione della rappresentanza politica degli stranieri attraverso il tradizionale ma mai desueto meccanismo del voto? Com’è nello spirito del blog, affaire à suivre