Libertà di informazione e diritto ad essere informati via web: quale “governo del potere pubblico in pubblico”?
Il problema dell’informazione sui media desta sempre notevole interesse, che si connota di un fascino particolare ogniqualvolta il canale informativo si presti ad essere luogo di dialogo del potere. Un potere che – per dirsi democratico – deve essere «visibile», come insegna Norberto Bobbio nel suo famoso Il futuro della democrazia: la democrazia andrebbe difatti intesa come «governo del potere pubblico in pubblico». A questo proposito, come ci ricorda la nostra Corte costituzionale, «l’informazione, nei suoi risvolti attivi e passivi (libertà di informare e diritto di essere informati) esprime (…) una condizione preliminare (o, se vogliamo, un presupposto insopprimibile) per l’attuazione, a ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico».
Non di rado, invece, si avvertono inquietanti segnali di pericolo, i quali indurrebbero a pensare che la libertà di informare e il diritto di essere informati siano messi a repentaglio proprio nel mezzo informativo che si presterebbe, data la sua connotazione strutturale, a una maggiore democraticità: il web.
Un caso meritevole di attenzione riguarda le alterne vicende che hanno caratterizzato l’attività informativa del sito istituzionale della Direzione provinciale del Lavoro di Modena. Va premesso che il sito in questione, frequentato nei suoi dieci anni di vita da quasi 18 milioni di utenti registrati, può essere considerato uno strumento di prim’ordine nel panorama dell’informazione giuslavoristica, fornendo notizie su una miriade di aspetti del settore: dalla presentazione telematica delle domande di congedo straordinario per l’assistenza al disabile al contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, dalla riforma del sistema pensionistico alle indicazioni alla P.A. per il contenimento della spesa pubblica.
Eppure, in data 6 aprile 2011, chi visitasse il sito Dplmodena.it poteva apprenderne dalla home page la cessazione dell’attività di informazione. Sul portale compariva una nota del Segretario generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con cui si chiedeva l’immediata chiusura del sito Internet www.dplmodena.it. Curiosa risultava la motivazione, giacché il provvedimento veniva disposto «al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo». Nei giorni successivi, il ministro Fornero, nel corso di un’ intervista rilasciata a un quotidiano nazionale (reperibile on line all’indirizzohttp://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=2&ID_articolo=1329), dichiarava di non avere contezza della chiusura del sito, di essere ignara dei motivi per cui era stata disposta e che avrebbe preso contatti col segretario generale del Ministero per essere edotta della situazione. Da un colloquio intercorso tra il ministro e il direttore della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena, Eufranio Massi, sarebbe emerso che la causa scatenante la richiesta di oscuramento del sito sarebbe stata la pubblicazione del testo sulla riforma del lavoro prima che questo fosse stato reso ufficiale (il testo era stato scaricato da Il Sole 24 ore). Poco più tardi il ministro stesso si preoccupava di definire il provvedimento intrapreso dalla sua segreteria come «una punizione eccessiva per un eccesso di intraprendenza, che va bene nei giornali ma un po’ meno nelle Istituzioni».
Al di là degli esiti della vicenda, conclusasi poco dopo con la riapertura del sito che oggi continua, con beneficio degli utenti, a prestare la sua preziosa attività di informazione, il dato inquietante che stimola la riflessione riguarda proprio la motivazione che sosteneva il provvedimento in questione.
«Garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali» è infatti un’espressione che rischia di essere interpretata come un diktat dei tempi più bui. Non è certamente da mettere in dubbio l’esigenza di oggettività che sottende all’informazione istituzionale, così come non sembra fuori luogo rilevare che le Dpl siano suscettibili di un controllo in via gerarchica, stante la loro natura di organi periferici dipendenti dal Ministero. Non è parimenti difficile, tuttavia, osservare come la chiusura di un sito possa sembrare un mezzo sproporzionato rispetto a un’esigenza di monitoraggio che avrebbe potuto essere soddisfatta in ben altre forme.
Torna di grande attualità una considerazione di Ralf Dahrendorf, secondo cui «i mezzi di comunicazione sono importanti di fatto, e forse dovrebbero assumere più importanza anche nella teoria costituzionale». Ex facto ius oritur: nonostante l’estrema ‘liquidità’ che lo connota, Internet postula regole, perché – insieme agli altri – il diritto all’informazione possa dirsi effettivo. Regole che disciplinino anche il comportamento dei pubblici poteri che, sul web come in ogni altro canale informativo, sono chiamati a costruire democrazia rendendo ‘visibile’ il potere.