Orientamento sessuale e diritti umani: a proposito dell’ultimo libro di Chiara Vitucci
Il bel libro di Chiara Vitucci su La tutela internazionale dell’orientamento sessuale (Napoli, Jovene, 2012) si inserisce, in una prospettiva senz’altro originale, nell’ormai vivace dibattito che, anche in Italia, investe il problema del riconoscimento (e della protezione) dell’orientamento sessuale.
L’originalità dell’approccio del volume risulta da un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, non è usuale, almeno in Italia, che l’esame della questione avvenga dall’angolo visuale del diritto internazionale, considerato nella sua dimensione globale (e non, come avviene più di frequente, nella prospettiva del diritto sovranazionale dell’area regionale europea).
In secondo luogo, degno di nota appare l’inquadramento del “problema dell’orientamento sessuale” nell’ambito del c.d. diritto internazionale dei diritti umani: tanto più se tale inquadramento prelude al coraggioso (e assai ben documentato) tentativo di ricostruire – e, in qualche misura, giuridicamente fondare – l’esistenza di un diritto umano all’orientamento sessuale.
Ciascuno dei profili evocati rinvia, peraltro, a problemi complessi e divisioni assai marcate, che vengono affrontate dall’Autrice attraverso una ricca analisi comparativa.
Proprio il rilievo della comparazione (costituzionale) nell’itinerario del volume merita di essere sottolineato e approfondito. Il primo degli strumenti cui Chiara Vitucci ricorre nel tentativo di accertare l’emersione di un diritto umano all’orientamento sessuale è infatti proprio la comparazione tra esperienze costituzionali situate in un orizzonte geografico (e soprattutto culturale) assai vasto. L’incursione nel metodo comparativo, seppur funzionale alla ricostruzione della prassi internazionale in materia, peraltro, non è legata solo all’atteggiamento tenuto dagli stati considerati nell’ambito delle relazioni con altri stati o con le organizzazioni internazionali di cui sono parti. Tutto al contrario, la comparazione si spinge decisamente all’interno delle diverse esperienze costituzionali considerate, dando notevole risalto alle decisioni delle Corti costituzionali in materia e, più in generale, all’analisi del dato normativo (anche subcostituzionale), con particolare riferimento al trattamento penalistico dell’attività sessuale tra adulti, anche consenzienti, dello stesso sesso (maschile, nella quasi totalità dei casi).
Attraverso il ricorso al metodo comparativo, peraltro, il tema trattato acquista uno spessore del tutto nuovo, attraverso un’importante contestualizzazione dell’esperienza giuridica nel quadro dell’esperienza sociale e culturale. Da un lato, simile operazione accentua i profili di tensione e le distanze tra i diversi contesti regionali; d’altro canto, essa contribuisce a relativizzarne la portata, svelandone i condizionamenti storico-culturali e religiosi e, soprattutto, inserendoli in un processo evolutivo che faticosamente si dipana, così articolando quel “lento cammino verso la riduzione delle discriminazioni a motivo dell’orientamento sessuale” (p. XIII) che, secondo l’Autrice, rappresenta uno degli aspetti centrali della “lotta per i diritti” nel XXI secolo. Non si tratta, pertanto, di un ricorso occasionale alla comparazione, né dell’uso di essa quale mero ausilio compilativo: tutto al contrario, il metodo comparativo è maneggiato con la piena consapevolezza di chi vuole illuminare lo spessore storico e culturale delle questioni trattate, nell’ottica della sostenibilità della differenza (parafrasando il titolo di un noto volume di Glenn).
In questo senso, l’analisi comparativa svolta nella prima parte del volume descrive lo sfondo e il contesto adeguato della seconda parte del volume, dedicata – secondo canoni più classicamente internazionalistici – alla rilevanza della prassi interna alle organizzazioni internazionali (in tema di riconoscimento dello status dei partners omosessuali dei dipendenti, con il progressivo superamento del rinvio alla legislazione nazionale di ciascuno). Gli echi della sensibilità comparatistica dell’Autrice si avvertono poi molto nettamente nel capitolo dedicato alla protezione indiretta dell’orientamento sessuale nel sistema di concessione dell’asilo secondo la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato: l’emersione della persecuzione personale in ragione del proprio orientamento sessuale come ragione sufficiente alla concessione dell’asilo sembra rappresentare, infatti, un importante profilo di tensione (nell’ottica, se si concede, di uno “smascheramento” degli stati omofobi) funzionale al progressivo approfondimento delle tutele. Molto interessante, in questo senso, l’attenzione dell’Autrice per l’evoluzione degli orientamenti della giurisprudenza e della prassi internazionale in materia, specie con riferimento all’ampliamento dei margini di concessione dell’asilo, conseguente ad un approccio all’esperienza personale particolarmente sensibile a declinazioni della dignità umana come diritto alla libera autodeterminazione (anche) affettiva, o, se si preferisce, come diritto ad essere se stessi senza dover subire condizionamenti (siano essi fisici, psichici, o morali, con particolare attenzione all’incidenza dispiegata sul godimento dei diritti umani fondamentali dalla necessità di nascondere il proprio orientamento sessuale, o dal viverlo con senso di colpa e marginalità sociale).
Il ricorso alla comparazione, come ovvio, non pregiudica la solida vocazione internazionalistica del volume (nei limiti in cui abbia ancora senso l’erezione di paratìe stagne tra materie e settori scientifici), ed anzi conferma una lunga tradizione che riconosce la vicinanza tra metodo internazionalistico e ricorso alla comparazione, tanto nella storia del diritto internazionale pubblico (e viene in mente tutta la tradizione groziana), quanto in quella del diritto internazionale privato.
Allo stesso tempo, la vocazione internazionalistica del volume convive con una sensibilità profonda per il tono costituzionale dei temi trattati, specie con riferimento al rapporto tra protezione del diritto umano all’orientamento sessuale e dimensione costituzionale della convivenza.
In particolare, vi è un tema, che percorre il volume come un filo rosso e che si pone all’attenzione del costituzionalista come stimolo all’approfondimento del problema del “trattamento costituzionale” dell’orientamento sessuale, vale a dire il rapporto – controverso e affascinante – tra eguaglianza, riconoscimento della differenza e ragionevolezza della discriminazione.
Si tratta, come mostra l’indagine comparativa che percorre la prima parte del volume, di una questione che presenta profonde implicazioni di carattere storico, religioso e culturale, affrontate con lucidità e spirito critico. Il rapporto tra diritto all’orientamento sessuale e principio di uguaglianza, infatti, pone problemi in parte inediti, e si articola secondo canoni autonomi a seconda del concreto “problema di vita” preso in esame. Da un lato, infatti, questioni come la repressione penale del comportamento omosessuale possono essere ricondotte agevolmente agli schemi argomentativi tipici del giudizio di uguaglianza (e dello scrutinio di ragionevolezza della discriminazione): in questo caso, il riconoscimento della differenza impone, sul piano costituzionale, l’uguale trattamento del comportamento sessuale tra persone di sesso diverso e dello stesso sesso, e la protezione della dignità impone – come meglio vedremo – che tale trattamento non possa consistere nell’introduzione di dispositivi di repressione.
D’altro canto, il ricorso ai canoni classici del giudizio di uguaglianza pone problemi peculiari nel caso dell’estensione agli omosessuali dei diritti in ambito familiare, come il diritto a vedere riconosciuta l’unione affettiva tra persone dello stesso sesso anche nelle forme del matrimonio. Con riferimento a tale diritto, in particolare, vi è ancora chi si chiede – e, di nuovo, tale aspetto del dibattito è illuminato nelle sue più profonde radici culturali proprio dall’analisi comparativa che “guida” l’itinerario di tutto il volume – se, in questo caso, il riconoscimento costituzionale della differenza imponga – secondo canoni di ragionevolezza – un diverso trattamento delle coppie omosessuali e di quelle eterosessuali. Si tratta, come evidente, di un problema aperto, ed il relativo dibattito assume diversa intensità nelle varie esperienze costituzionali. Si pensi, solo per fare alcuni esempi, alla recente – importantissima – sentenza del Tribunale costituzionale spagnolo (la n. 196/12) che ha riconosciuto la legittimità costituzionale dell’estensione legislativa dell’accesso all’istituto matrimoniale per le coppie formate da persone dello stesso sesso, combinando in un modo per più aspetti originale giudizio di uguaglianza, interpretazione evolutiva delle garanzie di istituto e garanzia costituzionale della dignità della persona; o si pensi ancora alla recente decisione della Corte suprema degli Stati Uniti, che ha deciso di prendere in esame due casi (Hollingsworth v. Perry e United States v. Edith Windsor, su cui si veda il post dell’11 dicembre scorso) relativi alla legittimità costituzionale del divieto di estensione – anche a livello federale – dell’istituto matrimoniale alle persone dello stesso sesso.
La posizione dell’Autrice sul rapporto tra orientamento sessuale e principio di uguaglianza si sviluppa, con lucida consapevolezza, lungo tutto il corso del volume, con un ancoraggio forte dell’analisi alla protezione della dignità umana. Se non andiamo errati, infatti, il punto di incontro tra eguaglianza, riconoscimento della differenza e “trattamento costituzionale” dell’orientamento sessuale è rappresentato proprio dalla protezione della dignità della persona, intesa come libertà di autodeterminazione, garanzia dell’autonomo perseguimento dei propri piani di vita (p. 65), diritto di essere se stessi e di costruire la propria esistenza senza essere per questo assoggettati a dispositivi di oppressione e discriminazione che, generando timore e perdita di autostima, impediscono la piena realizzazione di quegli stessi percorsi di libertà. L’individuazione e la stessa costruzione giuridica di un diritto umano all’orientamento sessuale appaiono dunque strettamente legate alla protezione della dignità umana, nella misura in cui l’orientamento sessuale venga riconosciuto quale componente fondamentale ed irrinunciabile della stessa identità della persona, e assunto dalla Costituzione come oggetto e compito di protezione: in tale ottica, il riferimento alla dignità illumina in profondità lo stesso scrutinio di ragionevolezza delle discriminazioni, rappresentando un punto di equilibrio e uno snodo fondamentale del bilanciamento tra uguaglianza e riconoscimento della differenza.
Proprio per questo, il volume di Chiara Vitucci si impone ai costituzionalisti-comparatisti come occasione di riflessione ed ulteriore approfondimento di questioni che si pongono al crocevia del rapporto tra costituzionalismo, gestione del pluralismo, protezione dei diritti fondamentali e costruzione della convivenza attraverso il superamento e l’inclusione di ogni area di marginalità.