Penser solidairement la fin de vie”: brevi osservazioni in margine ai lavori della Commissione Sicard
Al termine di un breve ma approfondito percorso di ricerca e di indagine sociale, il 18 dicembre 2012 è stato pubblicato il dossier della “Commission de reflexion sur la fin de vie en France” presieduta dal Prof. Didier Sicard, Professore di medicina all’Università “Paris Descartes”, primario di medicina interna all’Ospedale Cochin di Parigi e già Presidente della Commissione Nazionale di Bioetica dal 1999 al 2008. Il Prof. Sicard ha coordinato i lavori della Commissione in ragione dell’incarico conferitogli direttamente dal Presidente della Repubblica, François Hollande, incarico finalizzato ad accertare in che modo, sino ad oggi, fosse stata applicata nella prassi la normativa in materia di cure palliative e quale fosse il livello di conoscenza della legge a tutela dei diritti del malato.
Il quadro normativo transalpino in materia, infatti, risulta assai articolato. Innanzitutto, con la legge del 9 giugno 1999, il legislatore aveva avuto modo di garantire il diritto all’accesso alle cure palliative, fissando due principi generali, ossia: a) il diritto alle cure palliative sotto controllo medico a favore di tutti i richiedenti e b) il diritto per i malati di rifiutare i suddetti trattamenti sanitari in qualsiasi momento. La successiva legge del 4 marzo 2002 (la c. d. “Loi Kouchner”), relativa più specificamente ai diritti del malato, tendeva a rafforzare il diritto di ogni paziente a non essere sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori senza il proprio consenso, ferma restando comunque la possibilità del medico curante di convincere il paziente a revocare il proprio rifiuto, nell’ipotesi in cui il medico stesso fosse stato convinto che l’accettazione del trattamento risultasse indispensabile per un miglioramento dello stato di salute psico-fisico del malato.
Infine, la legge del 22 aprile 2005 (meglio nota come “Loi Léonetti”) – finalizzata a rafforzare ulteriormente i diritti del malato in relazione alle questioni del “fin de vie” –, nel colmare una serie di limiti evidenziatesi nella prassi da parte della normativa precedente, consentiva al malato di domandare al proprio medico di sospendere ovvero non intraprendere un trattamento sanitario, giudicato dal malato stesso come una “obstination déraisonnable” ovvero un “acharnement thérapeutique”. Sebbene lo scopo della “Loi Léonetti” sia stato quello di garantire la “primauté à la qualité de vie sur la durée de la vie”, tuttavia, il legislatore francese ha ritenuto opportuno tutelare ulteriormente il malato incosciente, ovvero incapace di esprimere la propria volontà, stabilendo che il proprio medico curante ha comunque la possibilità di prendere una decisione – nell’ipotesi di sospensione di un trattamento sanitario – soltanto a seguito di una procedura consultiva con altri medici della struttura ospedaliera (comunque nel rispetto, qualora ci fossero, delle “direttive anticipate di trattamento” redatte dal malato), con il tutore del paziente ovvero con i suoi parenti prossimi.
In particolare, la rilevanza e la vincolatività per il medico delle “direttive anticipate di trattamento” redatte dal paziente è stata espressamente prevista all’articolo sette della “Loi Léonetti”, articolo in cui il legislatore ha stabilito che ogni persona maggiorenne può redigere e sottoscrivere il suddetto documento “pour le cas où elle serait un jour hors d’état d’exprimer sa volonté”. Le direttive, a loro volta, possono prevedere anche le modalità con cui una persona decide la propria “fin de vie”, stabilendo così le condizioni e i limiti delle modalità di sottoposizione a determinati trattamenti sanitari. Sebbene le direttive siano revocabili dal malato in qualsiasi momento, tuttavia esse sono vincolanti per il medico curante soltanto se sono state redatte nei tre anni antecedenti al sopravvenire dello stato di incoscienza del malato stesso.
E’ alla luce di questo articolato quadro normativo, pertanto, che si sono svolti – tra il mese di luglio e quello di dicembre del 2012 – i lavori della Commissione Sicard. Il dossier conclusivo (pubblicato on-line e reperibile all’URL, http://www.sante.gouv.fr/mission-presidentielle-de-reflexion-sur-la-fin-de-vie,12160.html) si costituisce di sette parti e raccoglie, in particolar modo, i risultati di una serie di incontri e dibattiti pubblici svoltisi nelle più importanti città francesi (Strasburgo, Montpellier, Grenoble, Besançon, Clermont-Ferrand, Lille, Nantes, Lyon e Le Havre), alla presenza di cittadini, medici ed esponenti delle varie comunità religiose, oltre che dei famigliari di persone decedute a seguito di malattie incurabili. Inoltre, i lavori della Commissione si sono focalizzati, da un lato, sullo studio dell’attuazione della “Loi Léonetti” da parte del personale medico e, più in generale, delle strutture ospedaliere del sistema sanitario nazionale e, dall’altro, sul grado di conoscenza della normativa in questione da parte degli stessi cittadini francesi.
Le sintetiche conclusioni a cui è giunta la Commissione fanno particolare rifermento alla “reale inquietudine” e alle “preoccupanti condizioni”, troppo spesso occultate nel dibattito pubblico, delle problematiche legate alle questioni giuridiche del “fine vita”. In particolare, la Commissione ha evidenziato, da un lato, la non soddisfacente applicazione della normativa francese in materia, nonostante i tredici anni intercorsi dall’entrata in vigore della legge che garantiva l’accesso alle cure palliative e nonostante i dieci anni intercorsi dall’entrata in vigore della più dettagliata “Loi Kouchner”; dall’altro, la Commissione ha rilevato il drammatico fenomeno della disuguaglianza nell’accesso alle procedure che garantiscono la “fin de vie” ai malati terminali, nonostante il chiaro e dettagliato testo della “Loi Léonetti”.
Inoltre, la Commissione ha ribadito con forza come sia imprescindibile, per il personale medico-ospedaliero, il rispetto della volontà e dell’autonomia del malato e che, in futuro, sarà assolutamente necessario superare quella distinzione – non prevista dalla normativa, ma che assai spesso invece si è rilevata nella prassi –, tra “soin curatif” e “soin palliatif”. A questo primo monito nei confronti del personale medico-ospedaliero del sistema sanitario nazionale, si deve poi aggiungere un ancor più importante monito nei confronti del legislatore, affinché desista in futuro dal modificare nuovamente la normativa in materia, anche soltanto per finalità di semplificazione e di chiarezza legislativa. L’auspicio della Commissione, infatti, è che l’Assemblea Nazionale si impegni a dare piena ed effettiva attuazione alla normativa vigente, in qualche modo criticando il tradizionale approccio giuridico francese legi-centrico e alla sua correlata “utopie de résoudre par une loi la grande complexité des situations de fin de vie”.
Poiché uno dei temi di maggiore discussione, emerso soprattutto nelle assemblee pubbliche tenutesi nei vari capoluoghi dipartimentali, verteva sull’opportunità, da parte del legislatore, di depenalizzare il reato di “assistance au suicide”, pur senza prendere posizione sul punto, la Commissione Sicard ha evidenziato come la priorità del legislatore dovrebbe essere quella di garantire rigorosamente la libertà di scelta del malato e di ripensare l’organizzazione della pubblica amministrazione sanitaria in funzione di questo superiore interesse.
Per quanto concerne, invece, la possibilità che in futuro il legislatore possa depenalizzare le pratiche eutanasiche, la Commissione, nelle sue conclusioni, ha sottolineato come una simile scelta di politica legislativa assumerebbe un’importanza simbolica considerevole: tuttavia, al riguardo, la Commissione ha rivolto al legislatore un forte invito ad agire con prudenza. Una simile scelta, infatti, potrebbe essere compiuta soltanto dopo un serio ed approfondito dibattito sul ruolo della scienza medica nella società francese contemporanea e dopo aver tenuto in considerazione il fatto che una molteplicità di casi-limite costringerebbe di volta in volta il legislatore a rimettere mano alla normativa vigente, al fine di consentire che ogni specifico caso possa essere ricondotto alle previsioni generali ed astratte di una normativa de iure condendo.
La Commissione, infine, ha concluso i propri lavori sottolineando come soltanto una società solidale sia in grado di affrontare le problematiche legate al “fine vita”, una società cioè che sia capace di prendersi cura degli individui senza lasciarli soli, che riesca ad ascoltarli e a rispettare le loro coscienze ed il proprio vissuto, senza però mai sostituirsi ad essi.
La lettura del dossier conclusivo dei lavori della Commissione Sicard stimola una serie di riflessioni su un tema assai delicato e fortemente sentito, non soltanto dalla pubblica opinione francese, ma anche da quella di altri Paesi europei, inclusa quella italiana.
Innanzitutto, bisogna rilevare come l’approccio della Commissione rispetto a questi temi, in continuità con la tradizione giuridica transalpina, sia caratterizzato da una impostazione fortemente laica, finalizzata cioè a far emergere l’esperienza concreta ed il punto di vista dei cittadini, senza però mai dimenticare l’importante ruolo degli esponenti dei differenti gruppi religiosi presenti sui territori interessati dall’indagine, oltre a quello del personale medico-ospedaliero. Ciò che la Commissione ha poi più volte auspicato, inoltre, è che proprio il personale medico-ospedaliero possa approcciarsi nei confronti del malato e della sua famiglia in maniera “dialettica”, discutendo direttamente con l’interessato e rispettandone le volontà, quando ciò risulta possibile.
Soltanto in un secondo momento, infatti, quando cioè non è fattivamente possibile instaurare questo “dialogo di cura” direttamente tra malato e medico, quest’ultimo dovrà assumersi la responsabilità di decidere sulle terapie a cui sottoporre il paziente. Ma anche in questo caso, la Commissione auspica che si prediliga comunque un metodo decisionale di tipo consultivo e collegiale, in cui cioè si tenga conto innanzitutto (quando ci sono) delle “direttive anticipate di trattamento” del malato, del punto di vista del tutore e dei parenti stretti, oltre che degli altri medici presenti nelle strutture di cura.
Tuttavia, bisogna registrare che, oltre ad un approccio ai temi del “fine vita” di tipo laico (caratteristico della tradizione giuridica francese) e “dialettico” (ossia finalizzato ad esaudire fino in fondo la volontà individuale del malato, senza però isolarla dal contesto famigliare, in una prospettiva che è stata definita di tipo “solidale” o “sociale”), la Commissione Sicard auspica che il legislatore transalpino limiti il più possibile in futuro il proprio intervento su questa materia, disincentivandolo di fatto dal depenalizzare l’aiuto al suicidio e le pratiche eutanasiche.
In questa ottica, quindi, la Commissione sembra valutare in maniera assai scettica la possibilità che normative generali ed astratte, potenzialmente valide per tutti i casi ed in tutte le circostanze, possano garantire la risoluzione delle numerose problematiche e questioni giuridiche legate al “fine vita”. Ad avviso della Commissione, infatti, bisogna riconoscere, da un lato, che la società francese – ma questa considerazione può essere riferita, forse più in generale, a tutti i Paesi europei ed occidentali – considera il tema della morte come un “tabù”, una questione rimossa sia nel dibattito pubblico sia in quello privato; dall’altro, tuttavia, quello della “buona morte” viene considerato dai cittadini francesi – nonostante la legislazione transalpina in questo senso sia molto garantista – come un diritto ancora tutto da conquistare.
Piuttosto che intervenire in via legislativa, quindi, magari giungendo a depenalizzare il suicidio assistito o le pratiche eutanasiche, per la Commissione Sicard sarebbe necessario, invece, incominciare ad aprire un dibattito pubblico su questi temi, anche perché risulta praticamente impossibile pensare di prevedere e di rendere lecite, semplicemente introducendo una normativa ad hoc nell’ordinamento, tutta quella complessa ed articolata fenomenologia di casi che in concreto si possono verificare in questo ambito. Viceversa, il compito delle istituzioni dovrebbe essere quello di dare il via ad una discussione pubblica senza reticenze, non soltanto sull’idea della morte in una società post-moderna e secolarizzata, ma anche sul tema della vita e, soprattutto, sul ruolo della scienza medica.
In effetti, la possibilità che la medicina possa garantire, in futuro, una durata maggiore e una qualità della vita migliore rispetto al passato, non significa che essa possa garantire anche la possibilità, per gli uomini e le donne, di concludere la propria vita senza inutili sofferenze e sempre nel pieno rispetto della loro dignità individuale e “sociale”. Aprire un dibattito lungo e meditato su questi temi, ad avviso della Commissione Sicard, sarebbe molto più utile che procedere in tempi brevi e con approssimazione, anche mediante una legge, ad ampliare (forse solo in astratto) la sfera di libertà degli individui.