ESSERI ANIMALI O ‘PERSONE NON UMANE’

Lo scorso maggio il governo indiano ha deciso di vietare la cattività e l’utilizzo dei delfini a fini di intrattenimento.

Per prima cosa è doveroso sottolineare come il rispetto degli esseri animali sia da sempre uno dei tratti essenziali del pensiero non solo religioso ma anche politico indiano, emblematiche al riguardo appaiono le parole del Mahatma Gandhi che affermava come “la grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali“. La preoccupazione rispetto al benessere animale non va considerata una stravaganza indiana in quanto molti sono i Paesi che hanno cominciato ad avvicinarsi alla questione animale non più nell’ottica della semplice preservazione quale interesse indiretto dell’essere umano, bensì quale riconoscimento della dignità animale. Confrontarsi con il problema della dignità animale e del possibile riconoscimento di diritti agli esseri animali dal punto di vista giuridico presenta diverse criticità, il diritto infatti ha a lungo ignorato gli esseri animali e i sistemi giuridici sono sostanzialmente autoreferenziali, cioè elaborati dagli esseri umani per tutelare la propria convivenza in società sempre più complesse (sull’antropocentrismo giuridico cfr. A. Valastro, La tutela giuridica degli animali e i suoi livelli, in Quaderni costituzionali, 2006, p. 67; F. Rescigno,  I diritti degli animali. Da res a soggetti, Torino, 2005; ID., Animali (diritti degli), voce Dizionario di Diritto Pubblico, a cura di S. Cassese, Milano 2006, vol. I, 321; ID., Diritti degli animali, voce Dizionario Diritti umani. Cultura e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione, a cura di M. Flores, Torino, 2007,vol. I, p. 320). In quest’ottica gli animali hanno trovato ben poco spazio per affermare la propria soggettività dal punto di vista giuridico, essendo stati considerati quali ‘cose’ a completa disposizione del genere umano. La condizione animale sta però lentamente evolvendosi e proprio il diritto potrebbe divenire lo strumento cardine per la costruzione di un modello nuovo di rapporto uomo-animale e per l’elaborazione di ordinamenti giuridici non più meramente antropocentrici ma biocentrici (cfr. L. Battaglia, Etica e diritti degli animali, Roma-Bari 1999. ID., Alle origini dell’etica ambientale, Bari 2002).

La non peregrinità di questo approccio biocentrico è dimostrata anche dalla seppur tenue apertura dell’Unione Europea  che con il  Trattato di Lisbona ha previsto all’articolo 13 l’obbligo per gli Stati membri di tenere conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, sancendo in tal modo il valore intrinseco degli animali, non in quanto specie, ma in quanto individui. Il riconoscimento degli esseri animali quali esseri senzienti costituisce l’evoluzione di un trend europeo risalente nel tempo e di grande importanza; tuttavia un’attenta lettura dell’intera previsione dimostra ancora lo spirito di compromesso sotteso a tale previsione, per cui l’innovazione europea non va ad incidere su fenomeni problematici, come le macellazioni rituali religiose o le attività folkloristiche e di costume, rimessi alla discrezionalità dei singoli Stati membri.

E’ invece tempo che la considerazione degli esseri animali si modifichi radicalmente anche dal punto di vista giuridico così come già avvenuto sul piano scientifico dove, superata la pregiudiziale cartesiana, è ormai pacifico il riconoscimento negli animali di livelli differenziati di soggettività (sulla soggettività animale cfr. P. Cavalieri – P. Singer (a cura di), Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, Milano 1994). L’impegno del giurista moderno deve quindi indirizzarsi verso l’ampliamento della categoria dei diritti oltre la specie verificando preliminarmente se esistano condizioni che ostino a tale espansione o se la mancata soggettività animale sia solo frutto di un atteggiamento antropocentrico e specista degli ordinamenti giuridici (sullo ‘specismo’ cfr. R. Ryder, The Struggle against Speciesism, in D. Paterson – R. Ryder, Animal Rights. A Symposium, London-New York 1979; ID., Animal Revolution: Changing Attitudes Towards Speciesism, Oxford 1989).  Il giurista ha dunque il compito di costruire un sistema in cui alla giuridicità umana si affianchi quella animale, poiché è solo all’idea di diritto soggettivo che si collega una reale tutela da parte dell’ordinamento e dei suoi organi. Gli esseri animali devono dunque venire considerati quali soggetti del diritto e accedere ad uno status giuridico. Tale ‘rivoluzione giuridica’ non comporta il godimento per gli esseri animali di qualsiasi diritto ascritto agli esseri umani e non ‘svilisce’ i diritti umani: solo alcuni diritti, infatti potranno essere riconducibili agli esseri animali e cioè quelle situazioni giuridiche immediatamente collegabili con gli interessi primari di cui anche gli animali sono portatori. Infine, i nuovi ‘diritti animali’avranno quale connotato essenziale  una sostanziale relatività in quanto,in alcuni casi, un loro bilanciamento con alcuni interessi umani potrà comportare la loro soggezione (sulla costituzionalizzazione della dignità animale cfr. G. Gemma,  Costituzione e tutela degli animali, in Quaderni costituzionali, 2004, p. 615; F. Rescigno, I diritti degli animali. Da res a soggetti, Torino, 2005).

L’unico sistema per uscire dall’antropocentrismo giuridico è quindi  modificare l’approccio dei sistemi giuridici e riconoscere rango costituzionale alla dignità animale. E’ questo il percorso più convincente per ‘elevare’ gli animali da res a soggetti contraddistinti da una propria dignità senza compromettere la specificità dei diritti umani. In tal modo il sistema costituzionale, da sempre antropocentrico (ed autoreferenziale), sorto per garantire all’uomo un bagaglio di specificità intoccabili dallo stesso potere di governo, potrà aprirsi alla specificità animale senza condurre a temute situazioni di parità tra lo status costituzionale umano e quello animale. La costituzionalizzazione della soggettività animale è già stata intrapresa da  Paesi a noi culturalmente e giuridicamente più vicini dell’India come ad esempio Svizzera e Germania.

Con la revisione costituzionale si aprirebbe dunque una nuova fase nel rapporto uomo-animale: passando dalle politiche di tutela e di preservazione nell’interesse delle generazioni future, alla condivisione di un destino comune ontologicamente e giuridicamente parlando, poichè la soggettività animale potrebbe completare e realizzare il principio di eguaglianza da sempre arenato sulla barriera della specie (cfr. F. Rescigno,  Nota alla Sentenza 7 luglio 2006, n. 173, del Giudice di Pace di Rovereto dal titolo: Una nuova frontiera per i diritti esistenziali: gli esseri animali, in Giurisprudenza Costituzionale, 2006, p. 3181).

In conclusione, la decisione indiana di vietare qualsiasi tipo di cattività per i delfini va certamente accolta con favore; si resta invece perplessi rispetto alla definizione dei delfini quali ‘persone non umane’: si rischia infatti di rimanere nell’ambito dell’approccio antropocentrico se si considerano meritevoli di protezione solo coloro che ci somigliano pur non essendo propriamente umani; il passo da compiere invece è più grande e riguarda il riconoscimento della dignità animale al di là delle somiglianze con il genere umano. Solo in questo modo potrà realmente realizzarsi il principio di eguaglianza anche al di là della barriera della specie.