A che punto è la notte (in tema di riforma sanitaria USA)?
In materia di welfare state e, in particolare, di servizi sanitari erogati dall’autorità pubblica, le due sponde dell’Atlantico sembrano avviate verso orizzonti opposti: nell’ultimo scorcio del 2013, in occasione della sua prima apparizione annuale davanti al Parlamento, Re Guglielmo Alessandro d’Olanda ha annunciato che, a causa di cambiamenti epocali quali la globalizzazione e l’invecchiamento della popolazione, il tradizionale Stato sociale dovrà evolversi – lentamente ma inesorabilmente – verso una forma non meglio specificata di «società partecipata», nella quale i cittadini dovranno prendersi cura di se stessi e individuare soluzioni per l’intera società civile. Nel suo discorso, il sovrano ha anche specificato che gli attuali livelli di spesa per le indennità di disoccupazione e per il sovvenzionamento dell’assistenza sanitaria sono insostenibili, tenendo conto del malessere economico dell’Europa. Con il rating di Moody’s che minacciava di declassare il debito olandese, il re ha anticipato la creazione di un sistema di sicurezza sociale a carico dei cittadini stessi, con una partecipazione molto inferiore da parte dello Stato. La nuova tendenza non è stata presentata come una risposta temporanea e congiunturale alle misure restrittive imposte dalle regole di budget dell’Unione europea, ma come un cambiamento permanente verso un ruolo pubblico più limitato. Dure reazioni sono seguite al discorso, definito un «racconto degli orrori»; qualcun altro si è invece limitato ad evidenziare più maliziosamente che la parola «anziano» non è mai stata pronunciata dal re con riferimento alle misure sociali indirizzate ai più deboli, ma solo in occasione del tributo che egli ha espresso verso la regina sua madre. A quanto pare, l’Olanda si appresta ad avviare un serio processo di ripensamento di uno dei sistemi di welfare da sempre fra i più capillari d’Europa.
Negli Stati Uniti, la vicenda è – come noto – di tutt’altro segno: per la prima volta nella storia, infatti, sarà raggiunta la soglia del 19% del PIL destinata allo Stato sociale (secondo la letteratura economica, il minimo per poter accertare la presenza di uno Stato sociale) in ragione di una riforma sanitaria che il Presidente Obama ha strenuamente voluto sin dalla campagna elettorale del 2008 per tentare di avvicinare – mutatis mutandis – il sistema americano alla scuola di pensiero europea: per l’approvazione e l’attuazione del Patient Protection and Affordable Care Act (ACA), l’amministrazione democratica ha dovuto schivare gli strali di un ostruzionismo radicale, in qualche caso dentro il suo partito, certamente tra le fila di quello repubblicano, dando luogo ad una delle contrapposizioni più ideologiche che abbiano minacciato la paralisi nei rapporti fra Casa Bianca e Congresso. La legge che ne è scaturita è, così, troppo blanda per gli intendimenti che Obama coltivava in origine, essendo venuta meno l’opzione di un’assicurazione pubblica che avrebbe dovuto calmierare il mercato di quelle private (ragion per cui Nancy Pelosi, allora Speaker della Camera dei Rappresentanti, leader dell’anima liberal del partito democratico, fu molto riluttante ad appoggiarla); troppo socialista per i repubblicani; troppo anti-americana per il Tea Party e troppo lesiva di quell’autonomia personale su cui si fonda l’individualismo storico di quel paese – autonomia che si estrinseca anche scegliendo di non dotarsi di una assicurazione sanitaria, seppur a rischio di restare senza alcuna assistenza, specie nelle circostanze in cui la salute è più gravemente pregiudicata.
Come si sa, in mezzo a questa trincea che si è snodata a cavallo fra i due mandati presidenziali e che per molti avrebbe dovuto tradursi nella principale causa per la mancata rielezione di Obama, c’è stata anche la pronuncia della Corte Suprema nel giugno 2012, con la quale la maggioranza dei giudici ha deciso per la legittimità costituzionale delle sanzioni pecuniarie progressive previste a carico di chi manchi di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria (National Federation of Independent Business v. Sebelius). La sensibilità di un lettore medio europeo non può rimanere indifferente di fronte ad una sentenza che, in più di un passaggio, ricorda i milioni di americani privi di qualsiasi copertura sanitaria – donne, bambini, anziani – senza che mai ricorra una menzione alla lesione della dignità di questi individui: ma la dignità, nella tradizione costituzionale statunitense così come nella sua cultura media, coincide con il rispetto di quell’autonomia individuale di cui ciascuno gode e di cui nessuno può essere privato, neppure per imporgli di curarsi quando ne abbia bisogno.
Persino in fase di attuazione, l’ACA ha generato più di qualche spiacevole, ingombrante imbarazzo all’amministrazione Obama per via di un avvio che definire accidentato e infelice sarebbe eufemistico delle attività del sito Healthcare.gov, la piattaforma con cui fornire informative ed orientare l’acquisto delle assicurazioni sanitarie da parte di singoli, famiglie e datori di lavoro all’interno del nuovo assetto normativo. Ricordando la domanda che, alla vigilia della rielezione, The Economist rivolse in copertina ad Obama («One question, Mr. President… just what would you do with another four years?»), la riforma sanitaria rischia di assurgere a simbolo di una presidenza promettente e vagheggiata come nessun’altra e, nondimeno, fallace e persino anodina: a partire dalla rinuncia compiuta all’inizio del suo primo mandato di proseguire il progetto di costruzione dello scudo spaziale in funzione antirussa nella Repubblica ceca e in Polonia, drammaticamente tornata alla ribalta in ragione degli eventi di queste settimane in Ucraina, non è ancora chiaro il posto nella storia che l’inquilino della Casa Bianca avrà meritato dopo otto anni, pur trattandosi di un Presidente che, insignito del Premio Nobel per la pace nel dicembre 2008, è passato per Oslo prima ancora di fare il suo ingresso nelle stanze del potere.
Per chi abbia voglia di ripercorrere le tappe della battaglia politica ed istituzionale accesasi intorno all’approvazione ed attuazione di questa riforma, tornando ai tentativi per l’avvio di un sistema sanitario pubblico e le conquiste raggiunte, segnalo la visualizzazione del sito http://www.lastampa.it/medialab/data-journalism/obamacare che li ripercorre tutti.