La parodia fa il suo (non ancora trionfale) ingresso a Lussemburgo
Con le conclusioni rese lo scorso 22 maggio 2014 nella causa C-201/13 (Johan Deckmyn e Vrijheidsfonds VZW c. Helena Vandersteen, Christiane Vandersteen, Liliana Vandersteen, Isabelle Vandersteen, Rita Dupont, Amoras II CVOH e WPG Uitgevers België) l’Avvocato generale della Corte di Giustizia Cruz Villalón si è pronunciato in relazione alla natura e al significato della nozione di “parodia” quale eccezione ai diritti esclusivi di riproduzione, distribuzione, comunicazione al pubblico di opere protette, che gli Stati membri hanno facoltà di disporre conformemente all’articolo 5, par. 3, lett. k), della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (“Direttiva InfoSoc”).
La controversia trae origine da un calendario distribuito durante un evento pubblico da un membro di un partito politico di estrema destra della Comunità fiamminga del Belgio (il Vlaams Belang), la cui copertina riproduceva quella di un episodio di un noto fumetto al quale erano state apportate talune modifiche al fine di trasmettere un messaggio riconducibile all’ideologia di tale partito (il “benefattore” raffigurato nella copertina del fumetto era stato sostituito con una personalità politica, mentre i “beneficiari” della sua generosità, originariamente privi di caratteri specifici, erano stati trasformati in immigrati o residenti stranieri, per trasmettere il messaggio del partito).
Gli eredi del creatore del fumetto in questione e le società che avevano acquistato i diritti sul medesimo hanno convenuto in giudizio per violazione del diritto d’autore tanto il membro del partito politico che aveva distribuito il calendario quanto l’associazione che supportava tale partito attraverso la stampa e la diffusione di pubblicazioni. In particolare, gli attori sostenevano che l’immagine complessiva dell’opera originale, i caratteri, il titolo e il tipico colore delle copertine del fumetto erano chiaramente riconoscibili nella copertina controversa, e che alcune persone a cui i calendari erano stati distribuiti credevano inizialmente che si trattasse di un omaggio della casa editrice del fumetto in questione. Solo aprendo il calendario ed esaminandolo con attenzione si poteva constatare che si trattava in realtà di una promozione del partito politico fiammingo. Pertanto, il pubblico sarebbe stato indotto a credere che attori avessero approvato la campagna del partito. Secondo gli attori, il disegno in questione non era idoneo a soddisfare i requisiti della parodia, vale a dire adempiere una funzione di critica, testimoniare originalità, avere uno scopo umoristico, avere l’intenzione di farsi beffa dell’opera originale, non creare confusione con l’opera originale e non riprendere un numero di elementi di forma dell’opera principale superiore a quanto strettamente necessario per creare la parodia.
Il Tribunale di primo grado ha accolto le istanze degli attori, dichiarando che la distribuzione non autorizzata del calendario costituiva una violazione dei diritti d’autore, e ha condannato i convenuti a cessare l’uso, in qualsiasi forma, dei calendari e della copertina modificata, nonché ad una penale per ogni eventuale violazione del provvedimento inibitorio.
A fronte di tale decisione i convenuti proponevano appello, sostenendo, in particolare, che la copertina controversa fosse una creazione artistica del suo disegnatore e che, infine, detta copertina costituiva una parodia, un pastiche o una caricatura ai sensi della legge belga sul diritto d’autore, che espressamente prevede che l’autore di un’opera protetta non possa opporsi a “una caricatura, parodia o pastiche, tenendo conto delle pratiche leali”. Nell’ambito di tale controversia la corte di secondo grado decideva di sospendere il giudizio rivolgendo alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se la nozione di “parodia” sia una nozione autonoma di diritto dell’Unione.
2. In caso di risposta affermativa, se una parodia debba soddisfare le seguenti condizioni e rispondere ai seguenti requisiti:
– mostrare un proprio carattere originale (originalità);
– in modo tale che la parodia non possa essere ragionevolmente attribuita all’autore dell’opera originale;
– avere un senso umoristico o di beffa, senza riguardo al fatto se la critica in tal modo eventualmente espressa colpisca l’opera originale o qualcosa o qualcun altro;
– indicare la fonte dell’opera oggetto di parodia.
3. Se un’opera debba soddisfare altre condizioni o rispondere ad altri requisiti per poter essere definita una parodia”.
L’Avvocato generale Villalón chiarisce, in primo luogo, che la Corte di Giustizia non è chiamata a pronunciarsi su aspetti relativi ai “diritti morali” dell’autore, essendo questi ultimi espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della Direttiva InfoSoc, né a verificare se la parodia rispetti i criteri del cd. “three-step test” di cui dall’articolo 5, par. 5, della medesima Direttiva (il quale richiede che le eccezioni al diritto d’autore di cui alla Direttiva siano applicate esclusivamente in determinati casi speciali, che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare). Spetterà pertanto al giudice nazionale accertare, da un lato, se nel caso di specie vi sia stata o meno una violazione dei diritti morali dell’autore dei disegni del fumetto e, dall’altro, la sussistenza delle condizioni del cd. “three-step test”.
Con riferimento alla prima questione pregiudiziale, l’Avvocato generale Villalón osserva che la necessità di assicurare l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione e di conseguire l’obiettivo dell’armonizzazione delle normative degli Stati membri in materia di diritto d’autore impone di considerare la nozione di “parodia” di cui all’articolo 5, par. 3, lett. k), della Direttiva InfoSoc una nozione autonoma di diritto dell’Unione.
Venendo ai requisiti necessari che una determinata opera dovrebbe possedere per poter essere riconosciuta come “parodia”, di cui alla seconda questione pregiudiziale, l’Avvocato generale, aderendo all’opinione espressa dalla Commissione europea, ritiene che nessuno dei criteri proposti dal giudice del rinvio costituisca un elemento necessario o imprescindibile della definizione della nozione di “parodia” dal punto di vista del diritto dell’Unione.
Ciò chiarito, l’Avvocato generale afferma che, in conformità alla giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, la nozione di parodia, al pari di qualsiasi nozione di diritto dell’Unione, deve essere interpretata conformemente al senso abituale nel linguaggio corrente del termine che appare nella disposizione, tenendo conto al contempo del contesto in cui esso viene utilizzato e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui esso fa parte. All’esito di un esame del significato che i dizionari delle principali lingue europee attribuiscono al termine “parodia”, l’Avvocato generale conclude che “La “parodia” ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29 è un’opera che, con intento burlesco, combina elementi di un’opera anteriore chiaramente riconoscibile con elementi sufficientemente originali da escludere che possa essere ragionevolmente confusa con l’opera originale”.
Più in particolare, si osserva come, da un punto di vista “strutturale”, la parodia deve offrire un certo equilibrio tra gli elementi di imitazione e gli elementi di originalità, in base all’idea secondo cui l’inclusione di elementi non originali deve effettivamente perseguire l’effetto cercato con la parodia. Da un punto di vista “funzionale”, si nota come, nonostante la modalità di parodia più tradizionale sia quella il cui intento principale è proiettarsi, con un determinato scopo, sull’opera originale (cd. “parodia di”), “non si può negare che la critica dei costumi, la critica sociale e la critica politica si avvalgono da molto tempo, e per ovvi motivi di chiarezza del messaggio, dello strumento privilegiato consistente nell’alterazione di un’opera preesistente e sufficientemente riconoscibile dal pubblico cui è diretta la critica” (cd. “parodia con”, quale quella messa in pratica attraverso la copertina controversa).
Con riferimento ad un altro aspetto della nozione di parodia, quello relativo al suo “contenuto”, è interessante soffermarsi sulle affermazioni dell’Avvocato generale relative alla possibile incidenza di taluni diritti previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sull’interpretazione dell’eccezione della parodia (articoli 1 – dignità umana; 11, par. 1 – libertà di espressione e d’informazione; 13 – libertà delle arti e delle scienze; 17 – diritto di proprietà; 21, par. 1 – non discriminazione; e 22 – diversità culturale, religiosa e linguistica).
Sul punto, l’Avvocato generale rileva che il primo dei valori tratti dalla Carta di cui il giudice del rinvio deve tenere conto è la libertà di espressione, la quale, secondo giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, riveste una posizione preminente in una società democratica, quale la società civile europea, in particolare quando essa appaia come uno strumento al servizio dello spazio pubblico europeo, sia a livello dell’UE che a livello dei singoli Stati membri (es. Corte europea dei diritti dell’uomoin Handyside c. Regno Unito del 7 dicembre 1976). Se ciò è vero, l’Avvocato generale ricorda però che la libertà di espressione non è illimitata, ma può incontrare taluni limiti (si vedano ad es. i limiti posti dall’articolo 10, par. 2, della Convenzione europea sui diritti dell’uomo), tra cui il rispetto delle “convinzioni più radicate nella società europea”.
All’esito di tali considerazioni l’Avvocato generale, con riferimento alla nozione di “parodia”, al punto 85 delle sue conclusioni rileva come “non si possa escludere da tale nozione una determinata immagine solo perché il messaggio non è condiviso dall’autore dell’opera originale o può sembrare deplorevole a gran parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, non dovrebbero essere ammesse come parodia, e gli autori dell’opera con il cui ausilio si dà forma alla parodia sono legittimati ad eccepirlo, le alterazioni dell’opera originale che, nella forma o nella sostanza, trasmettano un messaggio radicalmente contrario alle convinzioni più profonde della società, sulle quali in definitiva si costruisce, e in definitiva vive, lo spazio pubblico europeo”.
Spetta al giudice nazionale stabilire se, nel caso di specie, le alterazioni apportate all’opera originale rispettino “le convinzioni più profondamente radicate nella società europea”.
In conclusione, secondo l’Avvocato generale, al fine di interpretare la nozione di “parodia” il giudice civile deve ispirarsi ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, procedendo alla dovuta ponderazione tra gli stessi ove lo richiedano le circostanze del caso di specie.
Si attende ora la pronuncia della Corte di Giustizia. Le conclusioni dell’Avvocato generale sopra analizzate presentano un elemento di assoluta novità, ovvero la circostanza per cui, per la prima volta, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sui caratteri e i limiti della parodia di opere protette dal diritto d’autore (finora oggetto di numerose pronunce delle corti nazionali), e sull’incidenza che diritti fondamentali, quali la libertà di espressione, possono avere sulla sua interpretazione.
E’ interessante notare come l’Italia (a differenza del Belgio) non ha recepito l’eccezione della parodia di cui all’articolo 5, par. 3, lett. k), della Direttiva InfoSoc, sopra richiamato, ma nonostante ciò la liceità della parodia è stata talvolta riconosciuta, a determinate condizioni, dalla giurisprudenza che ha avuto modo di pronunciarsi sul tema e dalla dottrina ora richiamando norme costituzionali quali l’articolo 21, che riconosce la libertà di espressione, e l’articolo 33, che sancisce la libertà dell’arte e della scienza, ora invocando l’articolo 70, che dà rilievo alle finalità di critica perseguite dall’utilizzatore.
Le conclusioni in commento si pongono nel solco della consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea in data 5 dicembre 2013, e conclusasi lo scorso 5 marzo 2014, con l’obiettivo di rivedere e aggiornare le norme dell’Unione europea sul diritto d’autore.