La nuova architettura del rinvio pregiudiziale: brevi note alla riforma dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea
1. Il 19 marzo 2024 il Consiglio ha approvato in via definitiva un Regolamento che modifica lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Tale passaggio conclude un procedimento avviato nel 2022 su proposta della Corte stessa, allo scopo principale – ma non esclusivo – di attribuire al Tribunale dell’Unione europea parte della propria competenza in sede di rinvio pregiudiziale.
2. Quest’ultima possibilità era contemplata, sin dal Trattato di Nizza, dalla disposizione oggi confluita nell’art. 256, par. 3, TFUE, la quale dispone che il Tribunale sia competente a conoscere delle questioni pregiudiziali in “materie specifiche” definite dallo Statuto della Corte. Tuttavia, la Corte stessa aveva finora ritenuto non opportuna tale opzione (v. le relazioni della Corte presentate nel 2017 e nel 2020).
3. Il contesto in cui opera oggi il giudice dell’Unione ha condotto quest’ultimo a mutare il proprio indirizzo. Infatti, il completamento del processo di raddoppio dei giudici del Tribunale (passati da 27 a 54) pone in dubbio l’attuale ripartizione del contenzioso tra i due organi giudicanti (Amalfitano; Bobek, p. 1517). Inoltre, l’aumento del contenzioso ha comportato un aumento dei tempi di trattazione delle questioni pregiudiziali, passati dalla media di 15 mesi nel 2016 a 17,3 mesi nel 2022 (v. la proposta della Corte, p. 3, nota n. 6). Infine, il recente contenzioso ha visto un sempre maggiore coinvolgimento della Corte di giustizia in “questioni di natura costituzionale” (considerando n. 4 del Regolamento). Per rispondere a tali mutamenti, la riforma si propone di sgravare la Corte di parte del suo carico di lavoro, al fine non solo di ridurre i tempi di trattazione delle cause, ma anche di permettere ad essa di concentrarsi sulle questioni di maggior rilievo per l’ordinamento dell’Unione.
4. Il cuore delle modifiche risiede nell’introduzione dell’art. 50 ter nello Statuto della Corte, il quale attribuisce al Tribunale la competenza sulle questioni pregiudiziali che rientrano esclusivamente nelle seguenti materie: “(a) il sistema comune di imposta sul valore aggiunto; (b) i diritti di accisa; (c) il codice doganale; (d) la classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata; (e) la compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri in caso di negato imbarco o di ritardo o cancellazione di servizi di trasporto; (f) il sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra”.
5. La scelta di tali materie discende dal loro carattere circoscritto, che permetterebbe di distinguere le domande pregiudiziali rientranti in tali settori al momento della loro attribuzione. Inoltre, esse si caratterizzano per un novero limitato di atti di diritto derivato e da consolidati indirizzi giurisprudenziali, tali da poter guidare la cognizione del Tribunale (v. Carbini, p. 2). Infine, le materie oggetto di devoluzione rappresentano una fetta considerevole – circa il 20 % – del contenzioso pregiudiziale, permettendo così una riduzione del 13-14% del carico di lavoro complessivo della Corte di giustizia (Alberti, p. 17). Nel merito, va osservato come tali materie non rientrino nei settori che hanno finora costituito la fetta maggiore del contenzioso davanti al Tribunale, come, ad esempio, il diritto della proprietà intellettuale (Iglesias Sánchez, p. 7; Forster, p. 20). La scelta è probabilmente dovuta alla volontà di non escludere la Corte dalla trattazione di profili che, nell’ambito dei ricorsi diretti, già rientrano primariamente nella cognizione del Tribunale.
6.Il novero delle questioni pregiudiziali attribuite al Tribunale è ulteriormente limitato dal comma 2 dell’art. 50 ter. Secondo tale disposizione, restano nella competenza della Corte di giustizia quelle domande pregiudiziali che, seppur rientranti nelle materie già richiamate, “sollevano questioni indipendenti di interpretazione del diritto primario, del diritto internazionale pubblico, dei principi generali del diritto o della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Guardando al recente passato, in uno scenario ipotetico ove la riforma fosse già stata in vigore, è plausibile ritenere che cause di natura “costituzionale” o di rilievo per lo sviluppo dell’ordinamento UE – quali le celeberrime Taricco e Åkerberg Fransson, entrambe in materia IVA – sarebbero rimaste con ogni probabilità nella cognizione della Corte, grazie al meccanismo di attribuzione di cui si dirà infra.
7. Il concetto di “materia” alla base della futura ripartizione non sempre permette di tracciare confini predefiniti tra la sfera di competenza della Corte e del Tribunale (v. Conti; Petrić, p. 33). Tuttavia, le criticità potenzialmente derivanti da tale problematica appaiono superate sul piano procedurale dal comma 3 dell’art. 50 ter, il quale prevede che ogni questione pregiudiziale debba essere presentata unicamente alla Corte di giustizia (c.d. “guichet unique”). Il sistema è meglio definito dall’art. 93 bis della proposta di riforma del Regolamento di procedura della Corte di giustizia: l’attribuzione delle questioni pregiudiziali alla Corte o al Tribunale verrà effettuata dal Presidente della Corte, che deciderà dopo aver consultato il Vicepresidente e il Primo avvocato generale (v. art. 93 bis). Il meccanismo permette così di evitare che il giudice rimettente si ritrovi nella scomoda situazione di dover valutare in autonomia se il proprio quesito rientri nella cognizione della Corte o del Tribunale.
8. L’attribuzione da parte del guichet unique non osta ad un successivo trasferimento della causa. Infatti, l’art. 54, comma 2, dello Statuto novellato prevede che il Tribunale possa rinviare la questione alla Corte qualora constati la propria incompetenza. Allo stesso modo, la Corte potrà riattribuire una causa pregiudiziale al Tribunale, il quale non potrà dichiararsi incompetente a sua volta.
9. Una volta assegnate al Tribunale, le questioni pregiudiziali saranno esaminate da una delle sezioni designate a tal scopo. La riforma prevede che il Tribunale possa giudicare in “sezione intermedia tra la sezione a cinque giudici e la Grande sezione”, composta da nove giudici e presieduta dal Vicepresidente del Tribunale (art. 15 bis della proposta di riforma del Regolamento di procedura del Tribunale. È a questa formazione che saranno attribuite le cause pregiudiziali di maggior rilievo e quelle nelle quali uno Stato membro o un’istituzione parte del procedimento abbiano presentato richiesta in tal senso, escludendo invece che simili cause possano essere trattate dalla Grande sezione. La ragione della scelta risiede nella volontà di evitare che questioni pregiudiziali siano trattate da giudici non appartenenti alle sezioni ad esse dedicate (proposta di riforma del Regolamento di procedura del Tribunale, p. 6; in dottrina, v. Iglesias Sánchez, pp. 11-12). Se il Tribunale non statuisce in sezione intermedia, l’art. 26, par.1, risultante dal progetto di riforma del Regolamento di procedura del Tribunale prevede che le questioni pregiudiziali siano trattate da una sezione di cinque giudici, “a motivo dell’importanza che il Tribunale accorda a tale nuova competenza”.
10. In via analoga al procedimento dinanzi alla Corte, il Tribunale sarà assistito in sede pregiudiziale da un avvocato generale che presenterà conclusioni motivate. Diversamente dalla Corte di giustizia, gli avvocati generali del Tribunale saranno eletti tra i giudici di quest’ultimo per un mandato triennale, rinnovabile una sola volta. In pendenza del mandato, essi non prenderanno parte ai collegi giudicanti in cause pregiudiziali e potranno svolgere la propria funzione solamente nelle cause non attribuite alla propria sezione di appartenenza (art. 49 bis dello Statuto riformato).
11. Una volta che il Tribunale ha statuito in via pregiudiziale, il procedimento è in via di principio definito. Residua tuttavia la possibilità che il Primo avvocato generale della Corte di giustizia avvii il meccanismo di riesame previsto dagli artt. 256, par. 3, TFUE e 62-62 bis dello Statuto vigente qualora ritenga che la pronuncia presenti un “grave rischio per l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione”. Si tratta di un procedimento eccezionale e caratterizzato da particolare celerità, allo scopo di non dilazionare eccessivamente la definizione della causa. La richiesta è presentata entro un mese dalla pronuncia e la sezione competente della Corte è tenuta ad esprimersi entro il successivo mese. Qualora la domanda di riesame sia accolta, la Corte statuisce con una procedura d’urgenza in base alle informazioni contenute nel fascicolo del Tribunale. Tuttavia, l’art. 62 bis, commi 2-3, dello Statuto prevede che le parti del procedimento e gli interessati sono ammessi a presentare osservazioni scritte e la Corte può decidere di tenere l’udienza di discussione.
12. Oltre al parziale trasferimento della competenza pregiudiziale, la riforma introduce tre ulteriori novità. Con riguardo alle impugnazioni delle sentenze del Tribunale in materia di ricorsi diretti, il nuovo art. 58 bis dello Statuto estende l’applicazione del meccanismo di ammissione preventiva a tutti i casi in cui il Tribunale abbia giudicato in base a una clausola compromissoria ai sensi dell’art. 272 TFUE, così come ai casi in cui il giudizio verta sulla decisione di una commissione indipendente di ricorso istituita dopo il 1° maggio 2019 nell’ambito di una istituzione, organo od organismo dell’Unione. Seguendo un’evidente logica deflattiva, le impugnazioni davanti alla Corte saranno ammesse qualora sollevino “una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione”.
13. Le altre due modifiche riguardano nuovamente il meccanismo pregiudiziale. In primo luogo, la nuova formulazione dell’art. 23 dello Statuto estende la possibilità di presentare osservazioni – finora riservata alle parti, agli Stati membri, alla Commissione e alle istituzioni, organi od organismi che hanno adottato l’atto oggetto del procedimento – al Parlamento, al Consiglio e alla BCE “qualora ritengano di avere un interesse particolare nelle questioni sollevate”.
14. In secondo luogo, il giudice dell’Unione sarà tenuto a pubblicare le memorie presentate nei procedimenti pregiudiziali entro un termine ragionevole successivo alla definizione della causa, salvo che la parte interessata si opponga. Come chiarito dall’art. 96, par. 3, della proposta di riforma del Regolamento di procedura del Regolamento di procedura della Corte, quest’ultima obiezione sarà immotivata, revocabile e non soggetta ad impugnazione. Tale regime di pubblicità costituisce una soluzione di compromesso rispetto alla posizione assunta dal Parlamento, il quale – rispondendo anche a sollecitazioni della società civile (v. l’iniziativa di ARTICLE 19) – aveva proposto di prevedere un regime di accesso ai documenti processuali su domanda degli interessati (v. risoluzione della commissione giuridica del Parlamento). Tuttavia, permangono profili critici rispetto alla futura applicazione del regime di pubblicazione. In particolare, una dichiarazione congiunta di sei Stati membri (tra cui l’Italia) ha sottolineato l’opportunità che il futuro Regolamento di procedura della Corte lasci al giudice dell’Unione un margine di discrezionalità per definire caso per caso il momento della disclosure, eventualmente attendendo la definizione del giudizio a quo.
15. Nonostante la riforma porti la Corte a condividere con il Tribunale parte del “gioiello della corona” del diritto dell’Unione, la nuova architettura del rinvio pregiudiziale restituisce una relazione fortemente gerarchica tra i due organi giudicanti (Forster, p. 13). Infatti, le materie oggetto di devoluzione sono piuttosto limitate e il meccanismo del “guichet unique” favorirà con ogni probabilità il trattenimento presso la Corte delle questioni pregiudiziali più rilevanti (Alberti, p. 28). Tuttavia, tale circostanza appare comprensibile alla luce della rilevante portata innovativa delle modifiche introdotte per l’architettura giurisdizionale dell’Unione. La riforma dello Statuto della Corte può dunque essere letta come un esperimento che, in caso di esito positivo, aprirà con ogni probabilità la strada ad ulteriori devoluzioni di competenza pregiudiziale al Tribunale. Qualora invece la riforma non offrisse i risultati sperati, resta aperta la possibilità di un più profondo ripensamento del sistema (in tal senso, Tizzano, p. 4). Solo la futura prassi potrà dunque offrire indicazioni sulla successiva evoluzione del sistema. Guardando al presente, è possibile ritenere che il sistema giurisdizionale dell’Unione abbia appena compiuto un primo importante passo verso una sua significativa riforma.