Il Conseil d’Etat salva Les Soulèvements de la Terre: nota sul primo test per l’applicazione della recente normativa antiestremista in Francia

Il 21 giugno 2023 il Consiglio dei Ministri francese emanava un decreto di scioglimento di un collettivo ambientalista, Les Soulèvements de la Terre (da ora SLT), collocabile all’estrema sinistra (benché le posizioni al suo interno appaiano eterogenee) che ha portato avanti numerose azioni di contestazione – anche violente – in Francia contro progetti infrastrutturali che hanno un impatto sull’ambiente.
Il decreto di scioglimento (n. 143 del 21 giugno 2023) trova la sua base giuridica nella recente riformulazione dell’art. L 212-1, comma 1 del Code de la sécurité intérieure (CSI). Tale articolo, originariamente, contemplava tra i motivi di scioglimento solo “l’incitamento alla rivolta armata”. Con la loi confortant les principes de la République (2021) – un imponente corpo normativo che ha avuto come obiettivo l’inasprimento delle misure nei confronti delle crescenti espressioni di radicalismo della società francese – la fattispecie è stata estesa fino ad includere quelle associazioni o quei raggruppamenti di fatto che “provochino atti violenti contro le persone o la proprietà”, intendendo così concedere alle autorità pubbliche un controllo fortemente discrezionale sulle attività delle associazioni. Ai sensi dell’art. L 212-1-1, la violenza deve essere poi imputabile all’organizzazione, vale a dire commessa da uno o più dei suoi aderenti che agiscono in quanto tali e con l’approvazione dei dirigenti o quantomeno senza che questi ultimi abbiano preso le misure necessarie per impedirla.
Nel decreto di scioglimento il Governo ricapitola i principali episodi di violenza, sottolineando come le varie forme di azione di SLT (manifestazioni, occupazioni, incontri), fin dalla sua fondazione nel 2021, abbiano assunto costantemente un carattere radicale e violento e siano diventate un punto di riferimento per le frange più estremiste di altre associazioni ambientaliste. Sempre secondo quanto si apprende dal decreto di scioglimento, i sabotaggi, il vandalismo, gli scontri con la polizia (così come il loro incitamento) sarebbero apertamente giustificati dagli ideologi del gruppo (uno dei quali pubblicava un libro il cui titolo in forma interrogativa sperava forse mitigarne la veemenza: “Comment saboter un pipeline?”). Solo a titolo esemplificativo basti ricordare l’episodio da cui prende avvio la decisione del Consiglio dei Ministri: durante i giorni di una manifestazione contro la costruzione di bacini idrici a Sainte-Soline, SLT aveva diramato sui propri account informazioni sugli orari di lavoro degli operai del cantiere e sulla presenza o meno delle forze dell’ordine (così implicitamente spronando e agevolando le azioni di sabotaggio) e poco dopo aveva pubblicato le immagini dei danneggiamenti compiuti esaltandoli come “azioni” o “atti di resistenza”. Secondo il Governo SLT avrebbe ospitato al proprio interno un numero non irrisorio di persone (che le autorità calcolano in circa il 10% del totale) ritenute parte del c.d. movimento dei black blocks, molti dei quali sottoposti a procedimenti penali per danneggiamenti e atti di violenza compiuti con i più vari mezzi di offesa (spade, machete, accette, mazze, mattoni di cemento, mortai per fuochi d’artificio, molotov, smerigliatrici, fiamme ossidriche e bombole di gas), ragion per cui, come si precisa nel decreto di scioglimento, «ces agissements violents résultent clairement des mots d’ordre et des provocations orchestrés par le groupement de fait SLT».
L’11 agosto scorso il Consiglio di Stato, dopo aver attivato il contraddittorio con le parti e con le numerose associazioni intervenute a sostegno di SLT, ha emanato un provvedimento d’urgenza (Conseil d’Etat, decreto n. 476385) che ha sospeso l’efficacia del decreto di scioglimento. Lo stile e il contenuto, come avviene anche per tutti gli altri casi in materia di scioglimento, sono asciutti ed essenziali e richiedono in parte un lavoro interpretativo. In sostanza i giudici hanno accolto solo in parte le argomentazioni dei ricorrenti, i quali avevano fondato la loro difesa, oltre che sul carattere sproporzionato della misura, sulla natura “orizzontale” del movimento (che sarebbe composto da molte anime, in grandissima parte non violente) e sugli obiettivi “meritori” della lotta (la tutela dell’ambiente). E non ci si poteva aspettare altrimenti, dal momento che le ragioni alla base dello scioglimento in Francia – diversamente che in Germania – non danno rilevanza ai motivi, quanto al mezzo. Vale per la Francia quanto è stato scritto con riferimento al pensiero di Loewenstein (cfr. A. Simard): ad essere vietata non è tanto l’ideologia in sé (Zielverbot), quanto le manifestazioni esteriori (Mittelverbot), ossia la violenza, da cui traspare l’incostituzionalità.
Il Consiglio di Stato si concentra piuttosto sulla natura e sul rilievo assunto dalla violenza utilizzata.
Esclude innanzitutto che il collettivo abbia compiuto o avallato alcuna violenza contro le persone.
Per quanto riguarda le violenze contro le proprietà, invece, si limita a sottolineare come dalle prove presentate in udienza emerga che le azioni promosse avessero «natura simbolica» e fossero «in numero limitato». Questo, sebbene riportato en passant nel dispositivo, appare il cuore del ragionamento della Corte e ai nostri fini il passaggio più interessante: i danneggiamenti alle cose, pur auspicati e persino promossi da SLT, non erano né sistematici né in grado di vanificare l’attività produttiva o il corso dei lavori oggetto della protesta, per cui la tutela dell’ordine pubblico si sarebbe potuta garantire senza il ricorso ad una misura così radicale come la limitazione del diritto di associazione. A sostegno di questa tesi il Consiglio di Stato richiama, pur un po’ apoditticamente e senza rinvii espliciti, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con riferimento agli articoli 10 e 11 della Convenzione (libertà di espressione e di associazione). È ragionevole credere che i giudici si riferissero al test di necessità democratica delle restrizioni lì contenuto e, in particolare, ai primi due dei tre parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte: la “natura” della necessità e la proporzionalità della misura. Vale ricordare che se la “necessità” (pressing social need) per la Corte europea si pone tra l’“indispensabile”, da una parte, e l’“ordinario”, il “ragionevole”, il “desiderabile”, dall’altra (v. S. Greer), la proporzionalità richiede che la misura sia appropriata e adeguata allo scopo legittimo che si intende perseguire e al generale bilanciamento tra interessi.
Ciò che appare importante ai fini della decisione è che il Conseil d’Etat non nega l’esistenza di un nesso tra le campagne di SLT e le azioni di sabotaggio (violenza formalmente rivendicata, violenza tollerata, violenza formalmente disconosciuta ma presente di fatto nella condotta di SLT…); non su questo si concentra l’attenzione dei giudici, che si limitano invece a rilevare come il Governo non abbia provato che il pregiudizio all’ordine pubblico fosse talmente grave da giustificare un’interferenza così incisiva nella libertà di associazione.
Si tratta quindi della prima decisione sulla normativa antiestremista dopo le integrazioni della loi confortant les principes de la République e il risultato è una chiara risposta del diritto vivente all’allargamento delle fattispecie di scioglimento; non pare tuttavia opportuno affrettarsi a celebrare il provvedimento (peraltro d’urgenza) come uno smantellamento di tale normativa. I giudici hanno piuttosto proceduto a bilanciarla: alla più ampia indefinitezza dei criteri preordinati allo scioglimento, essi hanno risposto con una maggiore rigidità nella valutazione dei loro requisiti, vale a dire “alzando l’asticella” dell’onere della prova, almeno laddove ad essere oggetto di aggressione sono le cose inanimate. In seconda battuta, l’appoggio del Conseil d’Etat a SLT non deve essere letto in termini assoluti: il tenore della sentenza non pare escludere, almeno implicitamente, la necessità e la legittimità di interventi di diversa natura (benché meno gravosi) contro le azioni di alcune frange che compongono questo collettivo e soprattutto contro i suoi membri che hanno dimostrato di perseguire azioni violente. L’insegnamento pro futuro per l’esecutivo sembra allora essere quello di non abusare dello strumento militante laddove non vi siano attacchi o danni contro le persone, e di perseguire un maggior grado di flessibilità nella scelta di sanzioni più proporzionate.