Sui crediti ipotecari la CGUE cambia idea e la Lexitor torna a far parlare di sé. Brevi riflessioni a margine della sentenza Unicredit Bank Austria
Con la sentenza del 9 febbraio 2023 (causa C-555/21, Unicredit Bank Austria) i Giudici di Lussemburgo hanno dichiarato che: “L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010, deve essere interpretato nel senso che: esso non osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del medesimo, includa soltanto gli interessi e i costi dipendenti dalla durata del credito”.
Si tratta di una pronuncia molto discussa, poiché avrebbe determinato (apparentemente) un’inversione di rotta rispetto a quanto la stessa Corte di Giustizia dell’UE ha affermato nella dibattutissima sentenza Lexitor (causa C-383/18, 1/9/2019).
Si ritiene utile, pertanto, analizzare il percorso motivazionale della Corte di Giustizia dell’Unione europea che, nella sentenza in esame, ha portato ad escludere l’applicabilità della soluzione prospettata nella sentenza Lexitor, evidenziando gli elementi in comune con detta sentenza e quelli che invece vi si pongono in contrasto; per infine chiarire se la posizione assunta dalla Corte nella causa Unicredit Bank Austria possa o meno essere definita una smentita della pronuncia Lexitor (per un approfondimento sulla Lexitor e su come questa abbia condotto la Corte costituzionale, con la sent. 263/2022, a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 11-octies, comma 2, del Dl n. 73/2021 si veda il commento di B. Sboro).
La materia oggetto di esame nella causa Unicredit Bank Austria è quella dei “contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali”, disciplinati dalla direttiva 2014/17, che si configura come una sorta di variante della direttiva 2008/48 (oggetto della sentenza Lexitor e relativa al credito al consumo) e si caratterizza per il suo carattere generale, poiché, come specificano alcuni suoi considerando, deve tener conto della struttura e dei principi della direttiva 2008/48 (si veda al riguardo il commento del Prof. B. Nascimbene in merito alle conclusioni dell’avvocato generale nella causa Unicredit Bank Austria).
Nella fattispecie in esame la controversia si instaurava fra un istituto bancario (Unicredit Bank Austria) e un’associazione per la tutela degli interessi dei consumatori (VKI), in dipendenza del fatto che l’istituto bancario utilizzava dei moduli da sottoporre al consumatore caratterizzati da una clausola contrattuale standard, secondo la quale in caso di rimborso anticipato del credito da parte del consumatore, gli interessi, nonché i costi dipendenti dalla durata del credito, venivano ridotti proporzionalmente, senza rimborsare (neppure proporzionalmente) le spese di gestione indipendenti dalla durata del contratto. La questione pregiudiziale sorge, pertanto, da un possibile contrasto tra il diritto UE e la norma austriaca e si articola nei seguenti termini “se l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che prevede che il diritto del consumatore a una riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del medesimo, includa soltanto gli interessi e i costi dipendenti dalla durata del credito”.
Ebbene, i consumatori chiedevano la cessazione dell’utilizzo della clausola citata poiché in contrasto con la direttiva 2014/17, il cui art. 25 (che di fatto riprende il contenuto dell’art. 16 della direttiva 2008/48) prevede il diritto, per il consumatore che intende adempiere (in tutto o in parte) prima della scadenza del contratto, ad una riduzione del costo totale del credito riguardante sia “gli interessi” che i “costi dovuti per la restante durata del contratto”.
La Corte di Giustizia viene quindi qui chiamata a pronunciarsi sull’eventuale applicabilità al caso della sentenza Lexitor, dovendosi stabilire se nella fattispecie si possa applicare o no la stessa soluzione, tenuto conto che le tematiche, pur non essendo propriamente uguali, si pongono in un rapporto di stratta colleganza.
I Giudici di Lussemburgo, chiamati ad interpretare l’articolo 25 paragrafo 2 della direttiva 2014/17, mettono in chiaro la quasi identicità nel merito tra questa direttiva e la 2008/48, riconoscendo infatti che: “L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 è formulato in termini quasi identici a quelli dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, sicché occorre ritenere che la sua formulazione non consenta di determinare, da sola, la portata esatta dalla riduzione di cui a tale disposizione. Si deve quindi interpretare quest’ultima alla luce del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” (par. 27).
Si veda, pertanto, che la differenza tra le direttive è di contesto e si coglierebbe nel carattere specifico della disciplina del credito immobiliare ai consumatori. Su tale punto l’avvocato generale, nelle sue conclusioni, afferma infatti: “il diritto alla riduzione di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 non è volto a porre il consumatore nella situazione in cui si troverebbe qualora il contratto di credito fosse stato concluso per un periodo più breve, un importo inferiore o, più generalmente, a condizioni diverse. Esso mira, invece, ad adattare tale contratto in funzione delle circostanze del rimborso anticipato” (par. 69).
Ebbene, la Corte, in virtù di tali considerazioni, afferma che il diritto di cui all’art. 25 della direttiva 2014/17 non può includere i costi che, indipendentemente dalla durata del contratto, siano posti a carico del consumatore (e a favore sia del creditore sia di terzi) per prestazioni eseguite integralmente prima del rimborso anticipato del credito.
La Corte, quindi, ripercorrendo le proprie argomentazioni articolate nella sentenza Lexitor e richiamando alcuni punti di tale sentenza, si sofferma sulla portata del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale. Ribadisce, infatti, la validità della propria posizione assunta in Lexitor, sostenendo che la portata del diritto del consumatore nel contesto della direttiva 2008/48 risulterebbe sminuita qualora la riduzione si limitasse ai soli costi dipendenti dalla durata del contratto, stante il fatto che i costi e la loro durata sono determinati unilateralmente dalla banca e la fatturazione dei medesimi può includere un certo margine di profitto (par. 32).
A questo punto, la Corte analizza la propria ratio ispiratrice della sentenza Lexitor e cerca di difendere l’orientamento assunto con questa pronuncia evidenziando le differenze con il caso Unicredit Bank Austria. Se nella direttiva 2008/48 (oggetto del caso Lexitor e relativa ai crediti al consumo) la riduzione di “tutti i costi” (sia i costi recurring che i costi up-front), in caso di rimborso anticipato del credito, trova giustificazione nella difficoltà che incontrerebbero i consumatori o i giudici nella determinazione dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto, a fronte dell’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono gli istituti creditizi nella fatturazione ed organizzazione interna (par. 33), nella direttiva 2014/17 (oggetto del caso Unicredit Bank Austria e relativa ai crediti immobiliari) questo problema non si pone, poiché la finalità di tutala del consumatore sarebbe garantita dal c.d. modulo “PIES”, il quale permetterebbe al consumatore di distinguere i costi oggettivamente connessi alla durata del contratto (par. 34).
Quindi, secondo la Corte di Giustizia, la direttiva 2014/17 prevede a favore del consumatore una tutela più ampia di quella prevista dalla direttiva 2008/48, essendo l’istituto creditizio tenuto a fornire allo stesso informazioni precontrattuali mediante il c.d. modulo “PIES”.
La Corte infatti, con riferimento alla direttiva che ha ad oggetto i crediti immobiliari, afferma che “il creditore o, se del caso, l’intermediario del credito o il rappresentante designato sono tenuti a fornire al consumatore informazioni precontrattuali mediante il PIES di cui all’allegato II a tale direttiva . Tale prospetto prevede una ripartizione delle spese che il consumatore deve pagare in funzione del loro carattere ricorrente o meno” (par. 34); “Orbene, una siffatta ripartizione regolamentata dei costi posti a carico del consumatore riduce sensibilmente il margine di manovra di cui dispongono gli enti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna e consente, sia al consumatore che al giudice nazionale, di verificare se un tipo di costo è oggettivamente connesso alla durata del contratto” (par. 35).
A parere della Corte, dunque, l’elemento differenziale tra le due direttive sarebbe il presidio di trasparenza “PIES” previsto per il credito immobiliare.
Tale elemento differenziale darebbe luogo ad una distanza normativa tra le due direttive che, secondo la Corte, giustificherebbe nel caso Unicredit Bank Austria un approccio difforme rispetto al caso Lexitor. Se infatti in quest’ultimo la riduzione del costo totale, in caso di estinzione antecedente alla scadenza dei prestiti ai consumatori, includerebbe tutti i costi, e quindi anche quelli non legati alla restante durata del contratto (estendendo quindi il diritto alla riduzione ai costi up-front), nella più recente pronuncia la riduzione del costo totale, in caso di rimborso anticipato del credito avente ad oggetto contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili, includerebbe solo gli interessi e i costi legati alla restante durata del contratto.
Si può a questo punto affermare che la pronuncia Unicredit Bank Austria non costituisce una smentita della Lexitor, trattandosi di due sentenze che hanno ad oggetto l’interpretazione di due differenti direttive. Ne deriva l’impossibilità di considerare il nuovo principio estensibile ai contratti di credito al consumo.
Si ritiene, tuttavia, che il nuovo assetto dei Giudici di Lussemburgo potrà fungere da monito per una “correzione” della pronuncia Lexitor e, di conseguenza, avere una certa influenza anche nel comparto del credito “mobiliare” ai consumatori.
Se quanto sin qui analizzato è corretto, si può allora ritenere che il problema della non applicabilità del principio affermato nella Unicredit Bank Austria all’ambito della concessione dei crediti al consumo sia la carenza di clausole sufficientemente garantistiche a tutela dei consumatori. Il punto vero sarebbe allora mettere il consumatore nella condizione di compiere scelte finanziarie consapevoli ex ante, sia per quanto riguarda il costo totale del credito sopportato, sia per quanto riguarda la capacità di adempiere alle obbligazioni assunte.
A tal proposito, sembra utile accennare brevemente ai lavori legislativi in corso per la riforma della direttiva 2008/48.
Il 30 giugno 2021, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai crediti al consumo (COM(2021)0347), che abroga e sostituisce la direttiva 2008/48. La proposta si basa sull’articolo 114 del TFUE e mira a garantire un livello più elevato di protezione dei consumatori nella concessione dei crediti al consumo e a promuovere l’approfondimento del mercato interno di tali crediti attraverso un quadro giuridico più armonizzato a livello dell’Unione.
Al considerando 62 della proposta, con un esplicito riferimento alla sentenza Lexitor e all’articolo 29 della stessa direttiva, si afferma che, in caso di rimborso anticipato il consumatore ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, comprendente sia gli interessi, sia i costi dovuti per la restante durata del contratto.
Per la Commissione Europea, dunque, nel calcolare tale riduzione vengono presi in considerazione tutti i costi che il creditore pone a carico del consumatore, ed anche il Consiglio, nel suo orientamento generale, sembra concordare con tale formulazione.
Incisivi appaiono, invece, gli emendamenti apportati in prima lettura dalla Commissione per il Mercato Interno e la Protezione dei Consumatori presso il Parlamento europeo (IMCO). Spingendosi oltre, infatti, l’IMCO ha modificato il testo originale dell’art. 29 prevedendo che “nel calcolare tale riduzione [del costo totale del credito] vengono presi in considerazione tutti i costi che il creditore pone a carico del consumatore, tranne i costi iniziali che si esauriscono pienamente al momento della concessione del prestito e che corrispondono a servizi effettivamente forniti al consumatore. I costi iniziali sono adeguatamente individuati e dichiarati nel contratto di credito” (art. 29 del Progetto Risoluzione IMCO).
Sembrerebbe, pertanto, che il Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo vada a ripristinare la distinzione tra i costi up-front e recurring, escludendo dal calcolo della riduzione del costo totale i costi up-front. Viene chiarito che l’individuazione di tali costi iniziali debba essere adeguatamente dichiarata al consumatore e non lasciata al caso, poiché quest’ultimo deve conoscere ed essere in grado di comprendere quali sono i costi sostenuti in occasione dell’erogazione del finanziamento, anche al fine di valutarne debitamente la loro sorte in caso di risoluzione anticipata del contratto, ove decida di rimborsare prima della scadenza il prestito ottenuto.
Molto puntuale appare dunque il Progetto IMCO, tanto da esigere anche, per meglio valutare il merito creditizio dei consumatori, informazioni provenienti da settori diversi da quello del credito tradizionale (ad esempio, dagli erogatori di prestiti non bancari, dai fornitori di servizi di telecomunicazione e dai fornitori di servizi di utilità generale). Sembra quindi che il motivo guida della revisione della direttiva 2008/48 sia proprio quello di aiutare i consumatori nel prendere decisioni informate in materia di accensione di prestiti e di gestione del debito.
Se, dunque, l’accuratezza della informativa precontrattuale e l’attenta valutazione della capacità di rimborso devono diventare la chiave di lettura della concreta protezione del consumatore, la nuova direttiva del Parlamento europeo, benché ancora in fase di lavorazione, sembra andare in questa direzione e potrebbe rivelarsi un mezzo efficiente sia per i consumatori che per gli intermediari.
Ci si chiede allora se tale nuova direttiva sul credito al consumo, qualora venisse approvata nella descritta versione del Parlamento europeo, possa rivelarsi uno strumento utile per sollevare innanzi alla Corte di Giustizia una nuova questione pregiudiziale di interpretazione, per dare modo alla Corte stessa di ribaltare l’orientamento assunto nel caso Lexitor. Il cambio di prospettiva troverebbe agevole giustificazione nella maggior tutela dei consumatori garantita dalla nuova direttiva e porrebbe la Corte in linea con la posizione assunta in Unicredit Bank Austria.