Una svolta per le coppie omosessuali nell’ordinamento sloveno
Con sentenza del 16 giugno 2022 (U-I-486/20, Up-572/18, U-I-91/21, Up-675/19) la Corte costituzionale slovena ha dichiarato incostituzionali le norme secondo cui possono accedere al matrimonio solo soggetti di sesso diverso e che limitano l’istituto dell’adozione alle sole coppie eterosessuali, escludendo le coppie omosessuali che, de iure condito, hanno sinora potuto suggellare formalmente la loro unione attraverso l’istituto dell’unione civile. I parametri usati sono gli artt. 14 (Uguaglianza davanti alla legge) e 53 (Matrimonio e famiglia) della Costituzione slovena.
Già dalla lettura del comunicato, reso dalla Corte sulla base dell’art. 30 delle sue Rules of Procedure, si evince la portata assunta dalla pronuncia in questione nell’ordinamento sloveno. In Slovenia, è la prima volta che questioni di legittimità costituzionale inerenti lo status delle coppie omosessuali bussano alla porta della Corte costituzionale e trovano accoglimento. I passi compiuti dal legislatore nella garanzia dei diritti di tali coppie sono abbastanza recenti: solo nel 2016 è stato introdotto l’istituto dell’unione civile, preceduto, dieci anni prima, dalla previsione di una facoltà di registrazione dell’unione, cui era connessa la protezione di alcuni diritti. Nel quadro normativo vigente, così disegnato, secondo il Giudice delle leggi la violazione della Costituzione si misura in relazione all’esclusione di questi soggetti dall’istituto del matrimonio, non solo per un problema meramente nominalistico, ma per la differente tutela dei diritti e degli obblighi che riguardano, da un lato, i soggetti eterosessuali uniti in matrimonio e, dall’altro, i soggetti omosessuali uniti civilmente. La Corte sottolinea che l’accesso all’istituto matrimoniale per le coppie same sex non svaluta in alcun modo il matrimonio “tradizionale” tra soggetti di sesso diverso ma comporta semplicemente un’estensione dell’istituto giuridico anche alle altre coppie, che ne erano precedentemente escluse. Di certo, la visione tradizionale della famiglia come unione fra un uomo e una donna non è di per sé sufficiente a limitare alle sole coppie costituite da soggetti di sesso diverso il diritto di unirsi in matrimonio.
A cascata, un trattamento eguale è richiesto anche in relazione alla genitorialità adottiva. Prima della pronuncia della Corte, alle coppie same sex l’istituto dell’adozione era applicabile solo nella forma della c.d. “adozione unilaterale”, previsto per l’adozione del figlio di uno dei due dall’altro partner della coppia. Oggi, invece, tali coppie possono praticare la via dell’adozione c.d. “piena”.
A motivare tale scelta del Giudice costituzionale è la salvaguardia dei best interests of the child, irragionevolmente sacrificati da una normativa che discrimina a priori le coppie omosessuali per la sola circostanza del loro orientamento sessuale, senza che si possa procedere volta per volta a uno scrutinio sull’idoneità di tali soggetti a diventare genitori adottivi, come previsto per le coppie eterosessuali dalla normativa sull’adozione. Anche su questo punto, la Corte esprime una certa cautela nel ribadire che l’estensione dell’istituto dell’adozione piena alle coppie same sex non pregiudica in alcun modo la famiglia tradizionale e, in particolare, la famiglia biologica. Ad assumere preminenza sono i best interests of the child, in ispecie di quei bambini che, non potendo godere delle cure da parte della loro famiglia biologica, si trovano a fruire potenzialmente di un numero minore di soggetti che possono accedere ai registri per diventare genitori adottivi, e ciò non in quanto dichiarati non idonei all’adozione ma perché omosessuali e, dunque, come tali, esclusi dalla genitorialità adottiva.
Nella decisione, il Giudice assegna al Legislatore il termine di sei mesi entro cui sanare l’incostituzionalità della normativa vigente e stabilisce che, nelle more, al fine di dare immediata applicazione al contenuto della pronuncia, l’ordinamento assume che il matrimonio è istituto giuridico non riservato a persone dello stesso sesso e apre l’adozione alle coppie omosessuali formalmente costituite attraverso un’unione civile alle medesime condizioni previste per le coppie eterosessuali.
In una prospettiva di diritto comparato, il cambio di passo segnato dal Giudice delle leggi per le coppie omosessuali non passa di certo inosservato, ove si consideri che la Slovenia è il primo Paese tra quelli che stavano al di là della cortina di ferro ad ammettere le coppie formate da soggetti dello stesso sesso a contrarre negozi giuridici quali il matrimonio e l’adozione. A riguardo, basti pensare alla direzione opposta percorsa da altri Paesi dell’area in questione, in particolare all’Ungheria di Orban, in cui si è proceduto a una revisione costituzionale per definire in modo chiaro il “volto” della famiglia nei seguenti termini: «based on marriage and the parent-child relation. The mother is a woman, the father a man. It also mandates that parents raise children in a conservative spirit. Hungary defends the right of children to identify with their birth gender and ensures their upbringing based on our nation’s constitutional identity and values based on our Christian culture». Nel dicembre 2020, la modifica della Carta fondamentale è stata strumentale al divieto per via legislativa di matrimonio e adozione (prevista in quel momento nella forma dell’adozione c.d. “unilaterale”) per le coppie omosessuali.