Le minoranze in Ucraina: gruppi minoritari e separatismi

In seguito all’assunzione da parte di Zelensky del mandato presidenziale il quadro di riferimento della tutela dei diritti dei gruppi minoritari – pur con alcune novità introdotte in osservanza degli obblighi internazionali assunti – si pone essenzialmente in linea di continuità con quello immediatamente precedente. Ciononostante, lo stesso Presidente ha inizialmente manifestato qualche disappunto nei confronti della “ereditata” legge «Sulla garanzia del funzionamento della lingua ucraina come lingua di Stato». Nel preambolo di tale legge si riafferma innanzitutto che «lo status della lingua ucraina come unica lingua di Stato» è determinato «dall’autodeterminazione statale della nazione ucraina», rappresenta «un elemento imprescindibile dell’ordinamento costituzionale dell’Ucraina come Stato unitario» nonché comporta «l’obbligo del suo impiego su tutto il territorio dell’Ucraina da parte degli organi del potere statale e dell’autogoverno locale…come pure in altre sfere pubbliche della vita sociale…». Sulla base di tali presupposti nei successivi articoli della stessa si provvede invece essenzialmente a definire le regole per l’uso della lingua di Stato, con le relative percentuali, in settori specifici della vita pubblica quali mass media, arte, cultura, turismo, servizi, toponomastica e istruzione. Si deve inoltre tenere in considerazione che la legge in esame, pur sottolineando espressamente che non si occupa delle lingue dei popoli indigeni e delle minoranze nazionali, incide comunque sulle stesse perché ne delimita indirettamente lo spazio di azione. Ciò risulta ad esempio allorché – con qualche variazione – ripropone il contenuto dell’art. 7 della legge «Sull’istruzione». Questo infatti delinea tre differenti regimi linguistici nell’ambito dell’istruzione secondaria generale così come ulteriormente specificato da una successiva legge ad hoc promulgata nel 2020. In base al primo le persone, che appartengono ai popoli indigeni, fermo restando lo studio della lingua di Stato in quanto tale, hanno il diritto di ricevere tutta l’istruzione secondaria generale (dunque dalla 1a alla (11)12a classe) nella lingua del corrispondente popolo indigeno. In base al secondo le persone, che appartengono alle minoranze nazionali la cui lingua nazionale è una lingua ufficiale della UE, hanno invece il diritto di ricevere l’istruzione nella loro lingua nazionale solo nel ciclo primario (classi 1-4) dopo di che la lingua di Stato diventa lingua veicolare per una percentuale di ore annuali di lezione pari almeno al 20% nella 5a classe incrementate sino almeno al 40% nella 9a classe e non inferiori al 60% dalla 10a alla (11)12a classe. Infine, in conformità con il terzo anche le persone, che appartengono alle minoranze nazionali la cui lingua nazionale non è una lingua ufficiale della UE, possono ricevere l’istruzione nella lingua nazionale solo nel ciclo primario (classi 1-4) ma nei loro confronti la lingua di Stato come lingua veicolare deve essere introdotta per una percentuale di ore annuali di lezione pari almeno all’80% già dalla 5a classe e mantenuta tale sino alla (11)12a classe. Spetta invece ai progetti degli istituti d’istruzione stabilire l’elenco delle materie da studiare nella lingua di Stato o nella lingua di una data minoranza nazionale nonché prevedere che alcune materie vengano insegnate in inglese o in altra lingua ufficiale dell’UE. L’adozione della Legge «Sulla garanzia del funzionamento della lingua ucraina come lingua di Stato» – altresì sottoposta al parere della Commissione di Venezia – ha a sua volta sollecitato l’adozione, da tempo attesa, della legge sui popoli indigeni e la modifica o l’adozione di una nuova legge sulle minoranze nazionali dato che in alcuni settori (pubblicità e iniziative pubbliche) rinvia espressamente alle stesse. Il progetto che è stato elaborato dalla Rada per la tutela dei diritti delle “minoranze nazionali” reca tuttavia la denominazione di legge «Sulle comunità nazionali dell’Ucraina» poiché, secondo quanto ricordato dal Presidente Zelensky, è preferibile impiegare tali termini allo scopo di sottolineare che «nessuna nazionalità in Ucraina deve sentirsi una minoranza». Allo stesso tempo però il Presidente ucraino ha precisato che la nuova formulazione non esenterà l’Ucraina dagli obblighi internazionali assunti in materia di tutela delle «minoranze nazionali». Proprio per tal motivo il progetto in questione nel definire il concetto di «comunità nazionale» accosta ancora a tali termini quelli di «minoranza nazionale» inseriti tra parentesi. All’art. 2, comma 2 del progetto si afferma infatti che: «Una comunità nazionale (minoranza nazionale) è un dato (specifico) gruppo di cittadini dell’Ucraina che non sono ucraini dal punto di vista etnico e che tradizionalmente risiedono sul territorio dell’Ucraina, uniti da caratteristiche etniche, culturali, religiose e linguistiche e che manifestano la volontà (aspirano) a conservare e a sviluppare la propria identità linguistica, culturale e religiosa». Il 1° luglio 2021 la Rada ha invece già approvato la Legge «Sui popoli indigeni dell’Ucraina»in conformità con la quale, mediante una formulazione che presenta aspetti di originalità, per popolo indigeno dell’Ucraina si deve intendere «una comunità etnica autoctona che si è formata sul territorio dell’Ucraina, che si distingue per l’originalità della lingua e della cultura, che dispone di organi tradizionali, culturali e rappresentativi, che si identifica come popolo indigeno dell’Ucraina, che rappresenta una minoranza etnica della sua popolazione e che non ha una propria formazione statale al di fuori dell’Ucraina» (art. 1). La legge tuttavia per il momento stabilisce che in Ucraina sono riconosciuti come popoli indigeni solo quelli che si sono formati sul territorio della penisola della Crimea, ovverosia i tatari di Crimea, i caraimi e i crimciacchi. Questi, sostanzialmente, saranno gli unici a poter essere istruiti nelle loro lingue in tutto il ciclo d’istruzione secondaria generale. E’ del resto evidente che dal 2014 la disciplina sulla tutela dei popoli indigeni e sulle minoranze nazionali come pure la definizione delle modalità di uso delle lingue, nonostante siano state costantemente elaborate in collaborazione con il Consiglio d’Europa e monitorate dai suoi organi, hanno risentito degli effetti provocati dall’annessione illegale della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli alla Federazione di Russia e dalla, parimenti non internazionalmente riconosciuta, autoproclamazione delle repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk su una parte delle corrispondenti regioni amministrative (basta pensare alla situazione dei migranti interni). In seguito a tali avvenimenti l’Ucraina ha peraltro introdotto nel proprio ordinamento la categoria dei «territori temporaneamente occupati» grazie innanzitutto alla legge «Sulle garanzie dei diritti e delle libertà dei cittadini e sullo status giuridico dei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina» del 15 aprile 2014 che riguarda specificatamente solo la Repubblica autonoma di Crimea e la città di Sebastopoli. In seguito la Rada – dopo un primo decreto del 17 marzo 2015 con cui ha dichiarato «territori temporaneamente occupati» anche i distretti, le città, i borghi e i villaggi presenti sui territori delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk – ha invece approvato la legge «Sulle specificità della politica statale per garantire la sovranità statale dell’Ucraina sui territori temporaneamente occupati nelle regioni di Donetsk e Luhansk» del 18 gennaio 2018. Nel preambolo di quest’ultima si usano già i termini di «aggressione militare della Federazione Russa» (che come altresì specificato nella stessa legge in questo caso ha avuto luogo nella forma di un intervento non annunciato e segreto delle Forze armate e di altre unità della Russia nel territorio ucraino) e si riafferma il diritto sovrano inalienabile dell’Ucraina all’autodifesa ex art. 51 della Carta dell’ONU. All’art. 1 della stessa legge inoltre si ribadisce che l’occupazione temporanea di determinati territori «indipendentemente dal suo protrarsi, è illegale e non fa sorgere nessun diritto territoriale per la Federazione Russa». Infine, il 4 agosto 2021 il Parlamento ucraino ha presentato un progetto di legge sui «Principi della politica statale per il periodo transitorio» allo scopo di porre in essere una disciplina univoca nei confronti di tutti i «territori temporaneamente occupati» (della Repubblica autonoma di Crimea, di Sebastopoli, delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk) che è stato anch’esso già oggetto di un parere della Commissione di Venezia. In tale progetto si sottolinea altresì che: a) tra le finalità del periodo transitorio rientra la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche e di quelli dei popoli indigeni, che: b) tra le misure dirette a prevenire un ulteriore occupazione si deve prevedere «…il sostegno governativo per studiare la lingua e la storia ucraina»  e che: c) nel periodo «post conflitto» la lingua ucraina dovrà essere «di nuovo impiegata come lingua di Stato nei territori de-occupati subordinatamente alle garanzie del libero sviluppo, impiego e protezione delle lingue dei popoli indigeni e delle minoranze nazionali». La presenza di territori temporaneamente occupati non ha comunque impedito che nel 2020 in Ucraina venisse quasi completata la riforma dell’autogoverno locale che ha comportato una riduzione del numero di municipi (villaggi, borgate e città) e dei distretti a favore della creazione di entità più ampie e l’attribuzione agli stessi di maggiori competenze. Tale riforma è stata inoltre accompagnata dall’introduzione di un nuovo sistema elettorale per l’elezione dei consigli municipali, distrettuali e regionali come pure per l’elezione dei sindaci dei municipi (i presidenti di distretto e di regione sono invece ancora nominati dal Presidente ma la previsione di una loro elezione indiretta o diretta richiederebbe una riforma costituzionale che è soggetta al veto incrociato dei partiti). Le prime elezioni locali che si sono svolte nel 2020 sulla base del nuovo sistema elettorale non hanno peraltro fornito un esito così favorevole al partito del Presidente «Servo del popolo» al pari di quello conseguito dallo stesso alle presidenziali e alle parlamentari del 2019 mentre risultano essere stati soprattutto favoriti i cosiddetti “partiti dei sindaci”. La riforma del governo locale nell’ottica dei suoi promotori favorirebbe inoltre proprio la tutela delle minoranze nazionali grazie alla devoluzione delle competenze dalla stessa prevista ma non prevede comunque la riproposizione di specifiche forme di autonomia territoriale a livello di distretto o di regione. In seguito all’aggressione armata del 24 febbraio 2022 della Russia nei confronti dell’Ucraina pare ormai peraltro sempre più improbabile l’applicazione dell’ancora formalmente in vigore (sino a dicembre 2022) legge «Sul regime speciale di autogoverno locale in determinate aree delle regioni di Donetsk e Luhansk» approvata il 16 settembre 2014 dalla Rada sulla base degli Accordi di Minsk I nonché emendata dalla stessa il 17 marzo 2015 successivamente a quelli di Minsk II.