Le Linee guida della Commissione europea sul meccanismo di condizionalità a protezione del bilancio UE: effettività della tutela dello Stato di diritto e valorizzazione dello spazio pubblico europeo
Il 2 marzo 2022 la Commissione ha adottato i suoi “Orientamenti sull’applicazione del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione”, con ciò attuando l’ultimo passaggio necessario ad assicurare operatività al regolamento UE 2020/2092 (sul quale v. B. Nascimbene, V. Sachetti e, se si vuole, G. Gioia).
Come noto, infatti, il Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2020 aveva richiesto l’elaborazione di tali linee guida da parte delle Commissione in seguito ad una eventuale sentenza della Corte di giustizia, nel caso in cui – contro il Regolamento richiamato supra – fosse stato presentato un ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE. L’eventualità, come prevedibile, si è realizzata con i ricorsi presentati da Polonia e Ungheria, sui quali la Corte si è pronunciata il 16 febbraio 2022 (sul punto, v. il commento di V. Sachetti su questo Blog). Nel prendere posizione rispetto alle doglianze espresse dai due Stati, e nel riconoscere la legittimità dell’intervento legislativo di cui al Regolamento citato, la Corte ha fornito un apparato argomentativo circa il regime applicativo del meccanismo di condizionalità che la Commissione, al momento di predisporre le Linee guida in commento, ha sostanzialmente fatto proprio.
Non potendo riprodurre in questa sede, in maniera problematica, il composito di criticità e potenzialità che caratterizzano il meccanismo di condizionalità di cui al Regolamento 2020/2092, pare comunque opportuno provare ad individuare il contributo di specificazione che le presenti Linee guida possono apportare al Regolamento stesso, e con esso alla protezione del bilancio dell’Unione e dello Stato di diritto.
A tal fine è utile, per quanto inevitabilmente parziale, un’analisi preliminare del contenuto delle Linee guida. Queste ultime, a seguito di una introduzione nella quale la Commissione richiama l’attenzione sul rispetto del valore dello Stato di diritto – e in generale sui valori di cui all’art. 2 TUE – quale condizione essenziale ai fini dell’espressione del principio di solidarietà, e quindi ai fini del godimento delle risorse provenienti dal bilancio dell’Unione, chiariscono quali siano le condizioni per l’adozione delle misure sanzionatorie. Anzitutto, la Commissione afferma – concordando con la Corte di Giustizia – che le violazioni dello Stato di diritto possiedono in sé una connessione potenziale con le violazioni del principio di sana gestione finanziaria, ciò poiché « [la] sana gestione finanziaria e tali interessi finanziari possono […] essere gravemente compromessi da violazioni dei principi dello Stato di diritto commesse in uno Stato membro, giacché tali violazioni possono comportare, in particolare, l’assenza di garanzia che spese coperte dal bilancio dell’Unione soddisfino tutte le condizioni di finanziamento previste dal diritto dell’Unione» (par. 15). A tale fattore di espansione si deve poi aggiungere la circostanza per cui – fra i soggetti statali le cui attività possono realizzare violazioni del principio dello Stato di diritto – non debbono rientrare soltanto quelli deputati all’esecuzione del bilancio dell’Unione, bensì anche «autorità nazionali che svolgono attività generali»; ciò, tuttavia, «solo nella misura in cui siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e per la tutela dei suoi interessi finanziari» (par. 20). La Commissione, inoltre, rilevando la non tassatività dell’elenco di cui all’art. 4, par. 2, lett h), del Regolamento 2020/2092, si riserva di poter giudicare caso per caso la rilevanza della violazione dello Stato di diritto (parr. 23 e 24).
Quanto al legame fra la violazione del principio dello Stato di diritto e la tutela della sana gestione finanziaria, le Linee guida offrono un prezioso spunto di riflessione poiché, oltre all’accertamento di un pregiudizio già realizzato (parr. da 27 a 30), si afferma – sempre facendo proprie le parole dalla Corte di giustizia – che «sarebbe incompatibile con le esigenze di sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e con la tutela degli interessi finanziari dell’Unione limitare l’adozione di opportune misure nei casi in cui si accertino pregiudizi per la suddetta sana gestione finanziaria o per i suddetti interessi finanziari […] Occorre pertanto dimostrare che esiste una probabilità elevata che il rischio si verifichi, in relazione alle situazioni o alle condotte delle autorità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento sulla condizionalità. Ad esempio, può sussistere un rischio serio per quanto riguarda i fondi dell’Unione e gli interessi finanziari dell’Unione se determinate azioni delle autorità nazionali che danno esecuzione ai fondi dell’Unione mediante appalti pubblici, riscuotono risorse proprie dell’Unione o sono preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari dei fondi dell’Unione o indagano su presunti casi di frode, corruzione o altre violazioni del diritto dell’Unione che riguardano l’esecuzione dei fondi o delle entrate dell’Unione, non possono essere oggetto di un controllo effettivo da parte di tribunali pienamente indipendenti» (par. 31). Il legame fra la violazione del principio dello Stato di diritto e la tutela della sana gestione finanziaria non deve essere, infine, «meramente ipotetico, troppo incerto o troppo vago» (par. 33).
In relazione alla proporzionalità delle misure adottabili, la Commissione – rilevata ancora una volta la connessione fra gravità della violazione del principio dello Stato di diritto e gravità del pregiudizio al bilancio dell’Unione – afferma che «una violazione sistemica dei principi dello Stato di diritto che incide in modo cumulativo e/o per un periodo di tempo significativo sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari può giustificare la proposta di misure che comportino un’incidenza finanziaria significativa per lo Stato membro interessato» (par. 50) e che saranno ritenute proporzionate anche le misure che avranno un impatto su fondi relativi ad azioni «diverse da quelle interessate dalla violazione dei principi dello Stato di diritto», laddove ciò sia giustificato dall’esigenza di garantire affettività al meccanismo di condizionalità (è il caso di fondi già erogati, ed esempio; sul punto v. par. 53) . Ulteriore elemento di valutazione ai fini della determinazione delle misure è rappresentato poi dall’approccio collaborativo o meno dello Stato membro interessato (par. 50).
A parere di chi scrive, quelli appena riportati rappresentano elementi utili a produrre un giudizio di massima sul contributo che il meccanismo di condizionalità di cui al Regolamento 2020/2092 può apportare alla tutela dello Stato di diritto nell’Unione europea.
Le Linee guida in commento, infatti, rappresentano il parziale epilogo di una vicenda avviata nel 2018 con una proposta di Regolamento avanzata dalla Commissione, con la quale si intendeva istituire un meccanismo di condizionalità per l’accesso ai fondi dell’Unione collegato al rispetto del principio dello Stato di diritto, in risposta al c.d. rule of law backsliding in atto in Polonia e Ungheria. Tale esigenza emergeva con chiarezza dall’impianto normativo della proposta, nella misura in cui le sanzioni di tipo economico e finanziario risultavano dirette a tutelare lo Stato di diritto.
Nel 2020, tuttavia, l’esigenza di un pronto controllo sui fondi di cui al NextGenerationEU e l’incapacità di superare l’influenza esercitata dai Polonia e Ungheria, ha portato all’adozione di un meccanismo di condizionalità indebolito e funzionalizzato non più alla protezione del principio dello Stato di diritto bensì alla tutela della sana gestione finanziaria. Questa circostanza ha prodotto negli osservatori una certa preoccupazione circa la capacità dell’Unione di tutelare uno dei propri valori fondanti quale lo Stato di diritto. Nella versione di cui al Regolamento 2020/2092, infatti, tale valore diviene – potenzialmente – un mero strumento per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, quasi che la tutela dello Stato di diritto potesse essere rilevante soltanto quando abbia un impatto sul bilancio dell’Unione. Queste osservazioni, poi, appaiono ancora più convincenti se considerate alla luce delle Conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2020, con le quali si subordinava l’operatività del Regolamento all’adozione di Linee guida da parte della Commissione in seguito alla pronuncia della Corte di giustizia sull’eventuale ricorso per annullamento presentato, oltre ad intervenire sull’interpretazione del Regolamento stesso rilevando la esaustività delle condizioni di cui all’art. 4.
Questi profili critici, per quanto non risolti – la funzionalizzazione del principio dello Stato di diritto sussiste ancora – appaiono però sicuramente ridimensionati alla luce delle Linee guida in commento (e delle sentenze del febbraio 2022). Infatti, al di là dei limiti strutturali che appartengono al Regolamento, una questione fondamentale era certamente quella relativa all’approccio che avrebbero adottato le Istituzioni europee con riguardo al suo funzionamento. Il rischio, in sostanza, era quello per cui la tutela già mediata dello Stato di diritto finisse per essere paralizzata da interpretazioni eccessivamente restrittive del testo. Le Linee guida della Commissione, al contrario, lasciano pensare all’intenzione dell’Unione di rispondere alle violazioni di cui al Regolamento con misure capaci di rendere effettivo il regime sanzionatorio, e per mezzo di questo anche la tutela dello Stato di diritto. Se, come abbiamo visto, la Commissione ha stabilito un programma operativo nel quale la connessione fra violazione dello Stato di diritto è sistemica e non meramente occasionale; se la tutela non dovrà limitarsi ad un intervento ex post ma potrà consistere anche nel prevenire le violazioni in questione; se, infine, le sanzioni potranno intervenire al di là dei fondi relativi alle risorse danneggiate dalla condotta dello Stato membro, si ritiene di poter affermare che il pericolo di rendere ineffettiva la tutela dello Stato di diritto appare in qualche misura ridimensionato.
Chi scrive non può omettere di riconoscere le criticità legate alla circostanza per cui l’effettività della tutela appaia garantita da un atto normativo come quello delle Linee guida, con tutte le conseguenze del caso, in primis sul piano della certezza del diritto; tuttavia, deve pure rilevarsi che, nell’ambito di un meccanismo di condizionalità frutto di compromessi al ribasso, le istituzioni dell’Unione – in questo caso specifico la Commissione europea, e prima ancora la Corte di giustizia con le sentenze già citate – hanno adottato un approccio il quale non riduce i valori dell’Unione a mero strumento, bensì tende a riconoscerli correttamente come elementi fondanti del processo di integrazione.
Questa conclusione, poi, appare a maggior ragione sostenibile, se si rivolge l’attenzione ad un aspetto specifico rappresentato dalla circostanza per cui la Commissione ha provveduto ad individuare come fonte di informazione ai fini del Regolamento anche le denunce presentate dai cittadini o dalle imprese dell’Unione, o da altri portatori di interessi («[u]n’altra preziosa fonte di informazione è costituita dalla presentazione di denunce motivate da parte di terzi che potrebbero essere a conoscenza di informazioni ed elementi di prova pertinenti in merito a violazioni dei principi dello Stato di diritto», par. 66). Le relative modalità operative appaiono particolarmente agevoli, essendo sufficiente segnalare – nei modi indicati dall’Allegato II delle Linee guida – la pretesa violazione ad uno specifico indirizzo di posta elettronica istituito ad hoc.
Tale possibilità, seppure inserita in un meccanismo di condizionalità inidoneo a soddisfare eventuali posizioni giuridiche del singolo, appare comunque rilevante perché rappresenta una importante occasione di contatto fra il cittadino e Istituzioni europee; occasione che, contestualizzata nell’ambito di possibili violazioni dello Stato di diritto, offre forse al cittadino europeo medio la possibilità di guardare all’Unione come progetto e realtà costituzionale, come spazio di condivisione di valori comuni, come Öffentlichkeit realizzabile e in parte realizzata.