La tutela ambientale in Costituzione
È della XVIII legislatura il primato di aver apportato una modifica ai primi dodici articoli della Costituzione. La sezione del testo costituzionale recante i principi fondamentali è rimasta fino ad oggi invariata, pur essendo noto che il portato degli stessi si è evoluto con l’evolversi dei tempi e sulla scia dell’influenza del dettato europeo.
Nella seduta dello scorso 8 febbraio 2022 la Camera dei deputati, in seconda deliberazione, ha approvato in via definitiva la proposta di legge costituzionale A.C. 3156 – B, recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”. Va sottolineato, infatti, che ai sensi dell’art. 138 Cost., essendo avvenuta l’approvazione in seconda votazione da ciascuna Camera a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, la legge non sarà sottoposta a referendum ai fini della sua promulgazione.
Per ripercorrere l’iter legislativo, dopo una prima lettura, il Senato il 9 giugno 2021 ha inviato la proposta alla Camera, che ha concluso con approvazione in prima deliberazione il 12 ottobre, trasmettendo il disegno di legge al Senato per la seconda lettura, che il 5 novembre ha ritrasmesso la proposta alla Camera, che ha concluso con l’approvazione, avvenuta con 468 voti favorevoli, 1 contrario e 6 astenuti.
È necessario, al contempo, sottolineare che la modifica dei «Principi fondamentali» della Carta non contrasta con la nota sentenza n. 1146/1988 della Corte costituzionale, ai sensi della quale i «principi supremi non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali». Il legislatore costituzionale ha, infatti, mantenuto inalterato il portato essenziale dell’art. 9, a cui già la giurisprudenza costituzionale si era rivolta in combinato disposto con l’art. 32 per costruire in via pretoria una tutela dell’ambiente di carattere nazionale. Si incardina qui l’idea che la riforma in esame ricada nella categoria “revisioni-bilancio”, apportando un riconoscimento formale e una cristallizzazione della tutela ambientale, ovvero contribuendo ad un processo di “giuridificazione” costituzionale dell’ambiente. La qualificazione giuridica dell’ambiente, proprio, a ragione della sua descritta collocazione topografica, si traduce in termini non di situazione soggettiva, ma di “valore costituzionale”, interesse pubblico, principio ispiratore dell’ordinamento.
L’articolo 9 si arricchisce di un nuovo terzo comma in cui, volendo ricostruire analiticamente il testo, si nota che il soggetto è la “Repubblica”, il predicato “tutelare”, il complemento oggetto la triplice declinazione di “ambiente, biodiversità ed ecosistemi”. La frase minima è poi accompagnata dalla specificazione «anche nell’interesse delle future generazioni». Si osserva, pertanto, che il riferimento alla Repubblica conferisce il compito della tutela allo Stato, alle Regioni, a tutti gli enti e le istituzioni pubbliche, nel tracciato riparto di competenze già elaborato con la riforma costituzionale n. 3/2001, con la quale il rinnovato art. 117 ha introdotto per la prima volta la parola “ambiente” nel testo costituzionale. Il verbo tutelare si pone poi in continuità con il secondo comma dell’articolo, laddove si prevede la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione.
L’accostamento nella disposizione del “paesaggio” al “patrimonio storico e artistico” è di grande valore per la tradizione storico-giuridica del Paese. Non a caso il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) racchiude i beni culturali e i beni paesaggistici nella complessiva nozione di patrimonio culturale. In un’analisi riflessa l’introduzione accanto ad “ambiente” di “biodiversità” ed “ecosistemi”, pur ricevendo non poche critiche, rappresenta di fatto l’ingresso nel testo costituzionale di una radicata tradizione pretoria, anche internazionale e sovranazionale, di utilizzo di questi lemmi, oltre che di uno sguardo al futuro, per consentire copertura ad una sfera complessa e polimorfa, quale quella ambientale.
La formulazione «anche nell’interesse delle future generazioni» permette, invece, di scorgere l’altro volto della riforma, quello che la incardinerebbe nelle “revisioni-programma”, accogliendo la prospettiva di lungo periodo tipica del dettato sovranazionale e indispensabile per la pianificazione di qualsiasi politica o azione di tutela ambientale.
L’art. 1 della legge predispone, inoltre, una riserva di legge statale per la disciplina dei modi e delle forme di “tutela degli animali”. Tale locuzione è il frutto compromissorio del lungo dibattito parlamentare, e secondo alcuni è formula incongrua rispetto al fine con cui è stata introdotta. Taluno (relazione illustrativa al ddl. n. 212 del 3 aprile 2018, di iniziativa della Sen. De Petris e altri) avrebbe, infatti, preferito un riconoscimento esplicito del carattere di essere senziente degli animali, per altri (emendamenti 1.203 (Sen. La Pietra), 1.204 (Sen. La Pietra e altri), 1.205 (Sen. Abate) dell’8 giugno 2021), invece, la tutela degli animali sarebbe stata da ricomprendere nei termini di “ambiente”, “biodiversità” ed “ecosistemi” (Dossier di documentazione del Senato, 7 febbraio 2022, n. 405/3). L’art. 3 della legge di revisione, inoltre, specifica che la riserva di legge si applica «alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi statuti».
La revisione costituzionale ha interessato anche il Titolo III della Costituzione, dedicato ai rapporti economici, con la modifica del secondo e del terzo comma dell’art. 41 Cost., che rappresenta fin dall’origine la disposizione cardine che lega il diritto all’economia. Con riferimento all’iniziativa economica privata del primo comma, il nuovo secondo comma stabilisce che: «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Il terzo comma, invece, viene modificato nel senso di prevedere che «l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata» non solo «a fini sociali», ma anche a fini «ambientali». In questa nuova formulazione, alcuni hanno intravisto un possibile ritorno al dirigismo pubblico (D’Orsogna M., Convegno «La riforma costituzionale in materia di tutela dell’ambiente», 28 gennaio 2022).
Si tratta di una modifica che va ad incidere sui limiti che la Costituzione impone nei confronti dell’attività economica, quale frutto di un principio di libertà, che oggi si contempera anche in vista della tutela della salute e dell’ambiente. L’ambiente, infatti, nella sua veste di principio ispiratore, come già sottolineato all’art. 9 Cost., si configura come fine al quale indirizzare e coordinare l’attività economica.
Con sguardo critico, in molti concordano, infatti, che il rischio evidente sia quello di ricadere su una concezione ormai superata di costituzione economica. Si afferma così l’esigenza di ragionare su una buona declinazione legislativa che richiami in campo una funzione amministrativa di regolazione, sottolineando, inoltre, come risulti necessario un coordinamento sistematico tra normativa tecnica e Costituzione, al fine di non rischiare che molte disposizioni del Codice dell’ambiente si svuotino di senso.
Alcune valutazioni sono rese poi in merito alla collocazione della revisione costituzionale nel titolo III, ponendo in dubbio la coerenza di incidere riduttivamente sui rapporti economici con riferimento al tema ambientale, piuttosto che, ad esempio, sui rapporti politici del titolo IV (Mattarella B.G., Convegno «La riforma costituzionale in materia di tutela dell’ambiente», 28 gennaio 2022).
Un’ulteriore considerazione sulla modifica dell’art. 41 introduce una riflessione sulla generata gerarchia di valori, disattesa invece dalla giurisprudenza costituzionale, sostenitrice di un bilanciamento che richiami ai principi di proporzionalità e ragionevolezza. La flessibilità e duttilità della formula «utilità sociale» è stata a lungo la valvola per bilanciare valori parimenti rilevanti, quali il lavoro, la salute, l’ambiente. La più nota vicenda giurisprudenziale dell’ultimo decennio, la sentenza Ilva del 9 maggio 2013, n. 85, ne rappresenta certamente il portato. Accostare, pertanto, la salute e l’ambiente all’utilità sociale rischierebbe di condurre ad una dequotazione del lavoro, la cui tutela non merita, nell’impalcatura costituzionale, di restare un passo indietro, e al contempo di provocare un’inutile perdita di elasticità dell’art. 41 Cost.
Con riferimento ai testi costituzionali degli altri Stati europei, si evidenzia come i testi originari delle costituzioni di metà Novecento fossero sprovvisti di un esplicito riferimento all’ambiente, diversamente da testi più recenti come quello spagnolo del 1978. Ad oggi, però, il novero di carte costituzionali volte ad offrire una tutela ambientale si è ampliato enormemente. In alcune (Polonia, Grecia, Portogallo, Svezia) si ritrova un espresso riferimento allo sviluppo sostenibile, oltre che all’ambiente in sé. In altre, come la carta finlandese si enuncia un diritto ad un ambiente salubre (Capo II, Sez. 20) o in quella belga il diritto alla protezione di un ambiente sano (art. 23). Considerando, infine, le leggi fondamentali, appartenenti alla stessa generazione di quella italiana, il Grundgesetz tedesco del 1949 e la Costituzione francese del 1958, si nota come abbiano proceduto ad integrazioni successive sul tema. Rispettivamente, nella Repubblica federale tedesca, nel 1994, è stato introdotto l’art. 20A con cui lo Stato e i pubblici poteri hanno la responsabilità di tutelare le fondamentali condizioni naturali di vita e gli animali (con successiva modifica del 2002), anche per le generazioni future. La Costituzione francese, invece, dal 2005 ha introdotto nel preambolo del testo, un riferimento alla Charte de l’environnement del 2004, al fine di integrarla nel bloc de constitutionnalité e farle acquisire piena giuridicità e assurgere a parametro nella giurisprudenza costituzionale.
In molti concordano sull’essere puntuale di questa riforma, alcuni si sono chiesti se fosse necessaria, la maggior parte ha intravisto nella riforma la volontà di affermare dinanzi ai consessi internazionali e sovranazionali la capacità italiana di rafforzare il testo costituzionale e adeguarlo ai cambiamenti. È, pertanto, opportuno sottolineare il portato comunque innovatore della modifica, pur considerando alcune sfide che la riforma pare non essere riuscita a cogliere. Si è così giunti non tanto ad un punto di arrivo, quanto piuttosto delineato un punto di partenza. Tra lacune e virtù, la revisione costituzionale con la sua formula «anche nell’interesse delle future generazioni», tenta di tracciare una proiezione per il futuro, rivolta a integrare i risultati del passato con una pianificazione strategica di lungo periodo.