Puigdemont candidabile per le Europee. I “rivoluzionari catalani” all’assalto delle istituzioni spagnole ed europee
Carles Puigdemont potrà candidarsi alle elezioni europee. Lo scorso 5 maggio il Tribunal Supremo (sezione del contenzioso amministrativo) ha stabilito che Carles Puigdemont, l’ex presidente della Catalogna (nonché leader indipendentista), potrà candidarsi alle prossime elezioni europee. La stessa sentenza è stata emessa per altri due importanti leader separatisti catalani, Toni Comín e Clara Ponsatí. Puigdemont sarà quindi il candidato di punta della lista indipendentista Junts per Catalunya – Lliures per Europa. Dal 2017 vive latitante tra il Belgio e la Germania: in Spagna è accusato di ribellione, sedizione e malversazione per l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna del 1° ottobre 2017, giudicato illegale dal governo e dalla magistratura spagnola, e per la sua successiva dichiarazione di indipendenza. Il 25 marzo 2018 era stato arrestato in Germania dopo che la Spagna aveva emesso un mandato di arresto europeo, ma che non era stato inizialmente accolto dalla magistratura tedesca e aveva permesso al leader catalano di tornare in Belgio (i giudici di Madrid, inoltre, avevano ritirato il mandato d’arresto internazionale). Anche Comín vive in Belgio, mentre Ponsatí in Scozia. I parlamentari europei godono dell’insindacabilità e dell’immunità per gli atti compiuti durante l’esercizio del loro mandato politico, ma non per quanto accaduto prima: i tre quindi potrebbero essere arrestati in Spagna anche qualora dovessero venire eletti alle prossime elezioni europee.
La sentenza del Tribunal Supremo ribalta quella della commissione elettorale, che aveva escluso l’ex presidente catalano dalle prossime elezioni europee. La prima sentenza aveva dato ragione al Partito Popolare e a Ciudadanos, due partiti di centrodestra che avevano presentato ricorso contro le candidature di Puigdemont, Comín e Ponsatí, e aveva motivato la loro esclusione parlando genericamente di una non idoneità a essere candidati.
Su questo punto il Tribunal Supremo è chiarissimo. “El derecho de sufragio pasivo es un derecho fundamental que el art. 23 de la Constitucion reconoce a todos los ciudadanos españoles, por tanto, tambien a los señores Puigdemont i Casamajo y Comín Olivers, y a la sra. Ponsati i Obiols” e questo diritto può essere limitato solo se sussiste una causa di ineleggibilità prevista dall’art. 6.2 della LOREG (Ley Orgánica de Régimen Electoral General), che non ricomprende il caso di latitanza all’estero o di ribellione. Anche in Spagna c’è un orientamento granitico secondo il quale le cause di ineleggibilità devono essere interpretate restrittivamente e nella materia elettorale le disposizioni vanno lette da risultare il più possibile favorevoli all’effettività dei diritti umani e fondamentali.
Il Tribunal Supremo, però, ha affermato di essere incompetente sulla questione, chiedendo un giudizio “urgente” al Juzgados de lo Contencioso-Administrativo de Madrid, l’organo previsto a dirimere queste controversie dall’art. 49 della LOREG. Il giorno dopo anche i giudici del contenzioso amministrativo hanno confermato la lettura del Tribunal Supremo, sottolineando come il reato di sedizione non compare tra le cause di ineleggibilità (“El hecho de encontrarse en rebeldía no impide que puedan ser candidatos, ya que el alto tribunal ha determinado que esta situación de rebeldía no es causa de inelegibilidad”).
Contro questa decisone sono stati presentati tre recursos de amparo (2928,2928,2930/2019) al Tribunal constitucional da parte del Partido Popular. La Corte ha ritenuto i ricorsi inammissibili per assenza di violazione dei diritti fondamentali (“La Sala ha examinado el recurso presentado y ha acordado no admitirlo a trámite, con arreglo a lo previsto en el art. 50.1.a) LOTC, dada la inexistencia de violación de un derecho fundamental tutelable en amparo, que, de acuerdo con el art. 44.1 LOTC, es condición para que este Tribunal pueda ejercer dicha tutela”).
Il Presidente della Generalitat catalana, Quim Torra, ha manifestato soddisfazione per la risoluzione della questione e per la candidabilità di Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí: “Ha vuelto a ganar. Los tribunales le han vuelto a dar la razón”.
Queste elezioni europee saranno un momento importante per la Spagna e avvengono solamente ad un mese da quelle per le Cortes Generales e potranno indicare spostamenti nell’elettorato spagnolo, che ancora attende la formazione di un governo, iter “congelato” proprio fino al 26 maggio (oltre al Parlamento europeo si rinnoveranno i parlamenti regionali di 12 delle 17 comunità autonome spagnole e migliaia di sindaci). Anche se la politica nazionale spagnola segue regole molto diverse da quelle delle sue molte e variegate comunità locali, il risultato di quelle elezioni potrebbe influire sui rapporti di forza con cui il PSOE e Podemos si presenteranno alle trattative per il governo. E la questione catalana, anche se sottotraccia, rischia di far deflagrare la situazione politica spagnola. Oriol Junqueras, leader di ERC (una forza indipendentista catalana), eletto deputato nelle scorse elezioni pur trovandosi in carcere per i fatti legati al già citato referendum catalano, ha letto il suo giuramento come deputato definendosi “prigioniero politico” (in tutta Barcellona e in Catalogna sono esposti molti striscioni che chiedono “Llibertat presos polítics catalans!”). Oltre a Junqueras (che si candida anche per il Parlamento europeo e ha già annunciato che rinuncerà al seggio nel Congreso de los Diputados in caso di elezione), sono stati eletti, pur trovandosi in carcere, i deputati Josep Rull, Jordi Sànchez, Jordi Turull e il senatore Raül Romeva. I cinque hanno prestato giuramento come tutti gli altri parlamentari e poi sono stati condotti nuovamente in carcere. La scorsa settimana, il Tribunal Supremo aveva respinto una loro richiesta di essere liberati definitivamente (si trovano in custodia cautelare in carcere), ma aveva concesso loro di partecipare alla seduta inaugurale della legislatura, senza specificare niente sulle successive sedute. Inoltre, queste elezioni europee peseranno i rapporti di forza tra i vari partiti indipendentisti catalani. Come è stato affermato, infatti, Puigdemont e Junqueras “si contendono il dominio assoluto dell’indipendentismo della Catalogna e non vanno d’accordo quasi su niente”. Nelle elezioni politiche di un mese fa, ERC ha ottenuto 15 seggi, un risultato che ha sugellato anche il ribaltamento degli equilibri di forza all’interno del fronte catalano con il partito di Junqueras che si è affermato come prima forza indipendentista superando il partito di Puigdemont (7 seggi).
Si vedrà, infine, se l’expresidente della Generalitat riuscirà ad essere eletto e Puigdemont potrebbe costringere l’UE a una nuova incognita: come gestire un eurodeputato “in esilio” (o latitante, che di sì voglia).